MESSINA & BILANCIO: IL DISSESTO NON SI PRESTA A UN USO … OVE CONVENGA

Messina – In questi anni, in diverse occasioni, ho partecipato pubblicamente un punto di vista personale suffragato da relazioni, commenti, pronunzie a principiare dagli interventi esplicativi delle Camere, del Dicastero degli Interni, dei Dipartimenti ministeriali dedicati al tema del DISSESTO.

Sono andato ripetendo il dissesto è misura di extrema ratio amministrativa.
Prescinde, insomma, da una sensibilità, da una scelta, da una opzione politica. O c’è o non c’è. Se c’è non si può che dichiarare. Se non c’è non si può dichiarare.

Se non è stato dichiarato – almeno sinora – è perché non c’era. Non vi era per l’Ente. Non vi era per altri attori istituzionali intesi a sovrintendere, controllare, vigilare e … sostituirsi d’ufficio per la dichiarazione.

Vediamo la regola. La normativa nazionale, in particolare l’art. 244 del Testo Unico in materia di enti locali, prevede che “si ha stato di dissesto finanziario se l’ente non può garantire l’assolvimento delle funzioni e dei servizi indispensabili ovvero esistono nei confronti dell’ente locale crediti liquidi ed esigibili di terzi cui non si possa fare validamente fronte con le modalità di cui all’articolo 93, nonche’ con le modalità di cui all’articolo 194 per le fattispecie ivi previste. 2. Le norme sul risanamento degli enti locali dissestati si applicano solo a province e comuni.”

“I dissesti attivi, deliberati tra il 2016 e il 2020, sono 154 con una significativa concentrazione territoriale in Calabria (42 casi), Campania (35 casi) e Sicilia (40 casi). Nel complesso la popolazione dei Comuni in dissesto ammonta a 2.261.765 abitanti. I centri maggiori in dissesto sono: Catania, il più grande comune italiano in dissesto dal 2018 (311 mila abitanti), Terni (111 mila), Caserta (75 mila), Casoria (74 mila), Cosenza (66 mila), Benevento (59 mila), Marano di Napoli (59 mila) e Ardea (49 mila) (fonte: Corte dei Conti, Relazione sulla gestione finanziaria degli enti locali, 2021)”.

Per scongiurare i dissesti (che, peraltro, non sono strumenti da regolamento dei conti politico elettorali) sono previsti i c.d. piani di riequilibrio proprio “per impedire che gli squilibri finanziari si traducano in dissesto, garantendo in un contesto di legalità finanziaria la continuità della gestione amministrativa e dei servizi dell’ente (sen n. 115/2020) ma anche come strumento volto ad esternare le decisioni in materia di acquisizioni di entrate e di gestione delle spese, al fine di garantire i servizi ai cittadini, (sen n. 181/2016)”.

Prima, di ultimare questa breve riflessione, sul punto che mi preme oggi sottolineare, desidero precisare che non è automaticità in tema di incandidabilità per gli amministratori … ma solo per gli amministratori ritenuti – non dalla piazza né social né sociale – responsabili … responsabili a seguito di un vero e proprio giudizio soggettivo … ripeto soggettivo.

Avverto, tuttavia, l’esigenza di significare, questo si … uso ove convenga, che un recente intervento della Corte Costituzionale (n. 34/2021) riorienta la stessa lettura ermeneutica del dissesto perché accanto ai principi della sana gestione finanziaria, del buon andamento, dell’equilibrio di bilancio … unisce quello della responsabilità di mandato (di cui agli arrt.1. 81 ,97 primo e secondo comma e 119 Cost, secondo comma) avuto riguardo al potere programmatorio di risanamento della situazione finanziaria ereditata dalla precedente gestione in uno con la effettività del controllo da parte della Corte dei Conti.

Insomma, in materia di dissesto su tutto può discutersi ad eccezione di responsabilità oggettiva sia nei confronti degli uomini sia nei confronti delle esperienze.

Nella ragionevolezza la stella polare.

Emilio Fragale