Messina al voto: abitudine contro beatitudine

Abitudine contro beatitudine. Una cosa è certa ed è bene scriverla subito: la campagna elettorale per le Amministrative di Messina che si chiude oggi, è un bluff, ed è anche un bluff ignobile perché giocato sulla buona fede degli elettori e farcito di truffe, ricatti, finzioni.

 

Un’altra cosa è più certa ancora ma è assoluta, non relativa a questi estremi giorni di, appunto, invito al voto: le scelte sono fatte non dai cittadini ma dagli interessi che i cosiddetti poteri hanno su territorio e istituzioni.

Il bluff: non c’è coalizione che si privi di un candidato davvero valido, davvero utile, senza una contropartita altissima anzi assurda, folle. Ecco perché i salti della quaglia, i cambi di casacca hanno un unico regista e servono a mantenere degli equilibri tra palazzi.

Anche per la scelta dei primi assessori è stato così: nessuna nomina, candidatura avviene per caso. Quasi si trattasse di un calciomercato: il procuratore è pagato a percentuale sul contratto che riesce a strappare per il suo “assistito”.

E poi come dimenticare la polemica sui cosiddetti oneri riflessi: quanti si candidano per tutelare la comunità e non per ottenere un vantaggio personale, che sia anche il non essere costretto ad andare a lavorare in una sede disagiata?

E ovviamente, più questi guadagna più la percentuale del procuratore sale. E ci sono anche i bonus.

Abitudine contro beatitudine.

Il problema è che mentre loro guadagnano, incassano, assumono ruoli, la città soffre, perde, impreca. E dunque questo regista occulto può, se disonesto, mettere in atto tutti gli accorgimenti per far sì che il suo candidato cambi casacca, e in meglio.

Fermatevi un paio di secondi a riflettere sulle vicende che hanno caratterizzato questi ultimi sei mesi di amministrazione e, a cascata, di campagna elettorale.

Non vi torna in mente nulla?

Litigi, riappacificazioni, strette di mano, e poi ancora veleni, insulti, propositi di querele. Ecco voi servito il teatrino della politica. Una serie di situazioni-limite, ma non irreali.

Ovviamente ci sono i candidati onesti (che stanno cercando di dare dignità al loro impegno), i comunicatori onesti, i cittadini onesti. Ma ci sono anche situazioni che gridano all’intrigo. D’altronde chi vuole vincere la competizione non può bypassare i venditori di voti, i quali a tempo debito hanno strappato ai loro interlocutori, nelle segreterie, la carta bianca che più bianca non si può, e sono i veri padroni. Matassa docet.

E le formule delle liste per raggiungere il 5% sembrano fatte apposta per confondere le idee (anche ai magistrati, anche al popolo che non ci capisce più niente): tante invenzioni cavillose per mungere sempre più soldi ai pretendenti per la vittoria.

 

Abitudine contro beatitudine.

Coraggio, il 10 giugno si andrà al voto. Tutto regolare, la politica è lavoro, non si è professionisti del consenso per niente. E ora siete sicuri di voler votare quel candidato in tutta coscienza?