
Siamo ancora di fronte al bivio delle scelte di fondo, personali e collettive, che occorre compiere in risposta alle nuove sfide determinate dai cambiamenti, spesso sorprendenti e radicali, che sono avvenuti nella situazione geopolitica internazionale, nella evoluzione della scienza e della tecnologia, nel modo di pensare e nei comportamenti sociali, delle persone e delle comunità e, soprattutto, sul fronte della finanziarizzazione dell’economia, non più da intendersi come fatto tecnico, bensì come strumento di controllo e di indirizzo della politica.
Siamo oggi costretti a misurare tutto il grado di incertezza e i relativi effetti negativi che questa condizione comporta. Di fronte alla complessità con cui dobbiamo confrontarci, ci affidiamo all’insegnamento di colui che è stato il nostro maestro, Franco Ferrarotti, quando ci insegnava che il ricercatore non deve offrire soluzioni, ma porre domande e segnalare problemi. In questo senso, allora, le domande da porsi potrebbero essere queste: stiamo davvero operando con scelte valide, lungimiranti, in grado di farci intravedere, quanto meno, delle prospettive degne di essere perseguite e raggiunte? Ci stiamo davvero muovendo con un adeguato patrimonio di valori, di pensiero e di idee, di comportamenti in questa direzione? Abbiamo la consapevolezza, e il senso, di quanto sta accadendo intorno a noi? E ancora: ci siamo attrezzati intellettualmente e praticamente per affrontare in modo adeguato l’imponderabile e l’imprevedibile?
Alzare il velo delle apparenze
Queste domande non sono il frutto di un’esagerata propensione al dubbio, o di un esercizio di retorica, ma trovano giustificazione nello studio, nelle analisi, nella valutazione dei processi di trasformazione che stiamo vivendo nella nostra società. Quando dalla superficie proviamo ad andare in profondità, quando decidiamo di alzare il velo delle apparenze, dell’effimero e del contingente per cercare la realtà effettiva del periodo storico nel quale ci è dato di vivere ed operare, allora emerge in tutta la sua gravità la portata della crisi attuale, una crisi che intacca e deprime i valori e i fattori fondamentali sui quali ‒ finora ‒ si sono basati e organizzati i nostri sistemi di convivenza, i nostri processi di crescita e di sviluppo.
Lo stato di incertezza che intacca la fiducia nel futuro
La razionalità e, perché no, anche il sentimento con cui portiamo avanti le nostre ricerche ci evidenziano che lo stato di incertezza è arrivato a cogliere ed intaccare negativamente, in profondità, valori ed elementi essenziali del nostro vivere comune, quelli, per intenderci, in gran parte sanciti nei principali atti internazionali e nazionali di riferimento, come, ad esempio, i documenti fondanti dell’Onu, la “Carta delle Nazioni Unite” e la “Dichiarazione universale dei diritti umani” e anche la stessa Costituzione della nostra Repubblica italiana. Lo stato di incertezza coinvolge, ad esempio: la nostra idea di pace, come condizione imprescindibile della convivenza tra i popoli e gli Stati, – tuttavia, come autorevolmente ci ricorda l’Ambasciatore Giampiero Massolo: «Come europei dobbiamo imparare a fare a meno degli Usa compensandone l’assenza (…)», e cercando di fare anche da soli; coinvolge la nostra idea di democrazia, per l’emergere di strutture di potere estranee alle nostre Istituzioni, strutture che sono in grado di condizionare, orientare e controllare i pensieri e i comportamenti al di fuori delle specifiche dinamiche economiche; coinvolge, ancora, la nostra idea di comunità, per i crescenti processi di frammentazione sociale, individualismo, chiusura nel proprio particulare, precarietà ed esclusione ‒ volontaria o forzata ‒ dalla vita collettiva; coinvolge la nostra idea di progresso ‒ personale e collettivo ‒ per il venir meno della fiducia nel futuro che spinge a delle grandi rinunce, come: formare una famiglia, far nascere dei figli, investire risorse nella propria crescita, lavorare e vivere in Italia.
Agire con “pensiero essenziale”
Il richiamo di questi elementi principali chiarisce senza equivoci che, al di là dei fatti e delle difficoltà contingenti, al di là delle frequenti emergenze, la nostra società è soggetta a processi di cambiamento radicale in cui ormai sono messi in discussione i valori etici, religiosi, culturali, politici, sociali sui quali tradizionalmente è stato costruito ed ha potuto progredire per decenni il nostro sistema. Un richiamo che chiarisce, di conseguenza, che ogni possibilità di correggere questa situazione e riprendere un cammino positivo è in effetti legata ad un impegno condiviso, volto a recuperare un pensiero forte, onesto, costruttivo, adeguato a orientarci nelle scelte da compiere, come individui e come comunità. In questo senso, anche a distanza di tanti anni, dovremmo aderire all’appello che Albert Einstein, insieme alla propria comunità di scienziati, promosse nel lontano 1946, per diffondere “il pensiero essenziale” senza il quale l’umanità non avrebbe potuto sopravvivere.
Intendere e affrontare la realtà con un “pensiero essenziale”, mettendo da parte le valutazioni effimere e gli atteggiamenti superficiali
Quando sono in discussione e a rischio reale di rottura i valori essenziali di una comunità, come accade attualmente, quantomeno in Italia e nell’ambito della Unione europea, noi tutti dovremmo compiere ogni sforzo per considerare con adeguata attenzione la vera realtà che abbiamo di fronte, nella quale viviamo quotidianamente. Dovremmo sforzarci di intenderla e affrontarla, appunto, con un “pensiero essenziale”, mettendo da parte le valutazioni effimere, gli atteggiamenti superficiali. Dovremmo cercare di combinare gli interessi personali con quelli collettivi, accantonando e rinunciando a sterili e controproducenti contrapposizioni, nei diversi àmbiti del vivere comune, a cominciare da quello politico e da quello economico e lavorativo. Non abbiamo più tempo ‒ ci sentiamo di aggiungere – perché i rischi di involuzione e di implosione sono assai elevati. Questo ci rivela il velo che è stato sollevato sul mondo reale. Occorre, insomma, come abbiamo ripetuto in tante occasioni, ritornare a riflettere sull’elementarmente umano, sull’elementarmente ragionevole.
Gian Maria Fara, Presidente dell’Eurispes