LETTA, IL LEADER CHE NON C’È SI PREPARI PER LA PROSSIMA VOLTA

Di Enrico Letta stimo l’uomo, il politico ma non il leader. Un ruolo che gli sta largo come una giacca di almeno tre taglie più grande e nella quale si perde. Lo penso da diverso tempo, da quando è tonato da Parigi per farsi caricare sulle spalle un peso enorme – la segreteria del Pd – che non è in grado di portare. Sicuramente per limiti propri (ricordo ancora quando propose diecimila euro per ogni giovane e Draghi lo gelò), ma anche perché ormai quel partito è un puzzle con ogni pezzetto che va per la propria strada.

Nonostante cerchi di apparire di una calma granitica, si vede ogni giorno che annaspa per trovare una soluzione al rebus che ha davanti. Mi ricorda l’autista di una di quelle corriere di tanti anni fa, fermo, con il motore acceso, sulla piazza del paese ad aspettare che tutti salgano a bordo. “Avanti c’è posto!”. Senza preoccuparsi più di tanto di chi siano i passeggeri.
Frastornato dai sondaggi che spingerebbero chiunque a gettarsi dal balcone, Letta è lì alle prese con il pallottoliere. Ha scelto la via dei numeri. Ma hai voglia di spostare avanti e indietro le palline, i conti così non torneranno mai. Essendo una persona seria non si aggrappa alle Madonne come Salvini, ma credo confidi in un miracolo come unica soluzione.
E non fa l’unica cosa che avrebbe già dovuto fare e che, forse, farà più avanti, mentre l’Italia è sotto l’ombrellone e non ha più pazienza e voglia di prestare tempo alla politica: un programma elettorale capace di accendere la fantasia degli elettori. Continuare ad agitare come una bandiera “l’agenda Draghi” non basta. Anche perché solo una piccolissima parte degli elettori sa di che cosa realmente si tratti. E molti pensano che senza Draghi sia inattuabile.
Occorrono, proposte, soluzioni, rimedi corredati da un serio calcolo economico finanziario. Che cosa si può fare e che cosa no. Il cittadino vuole sapere quali saranno i vantaggi che avrà votando il Pd. Soprattutto quegli italiani senza bandiera che si nascondono nel grande partito dell’assenteismo. Con loro il campo largo non funziona, bisogna convincerli. E lo si può fare solo con un programma allettante.
Il segretario Letta, inoltre, deve pensare che una certa diffidenza nei confronti del suo partito c’è: è dal 2018 che il Pd non vince un’elezione ma comunque riesce a stare seduto tra i banchi del Governo.
Pensa davvero il segretario del Pd, mettendo insieme anche la più vergognosa delle accozzaglie politiche, di poter vincere il 25 settembre nelle urne? Spero non lo creda. Renzi e Calenda glielo ricordano quotidianamente: no all’insalata russa. Se ne faccia una ragione Speranza che, terrorizzato dai sondaggi di Articolo 1, addirittura confida in uno scandaloso ripescaggio di Conte e di quel che rimane dei 5Stelle.
Tutti i più credibili istituti demoscopici ci stanno dicendo che gli italiani hanno deciso di fidarsi della destra italiana. E sbaglia chi non li rispetta. Così sarà. Solo Salvini e Berlusconi, perdendo ulteriore credibilità, potrebbero arrestare la marcia su Roma della Meloni che, furbescamente, li usa come gregari, andando avanti per la propria strada.
La destra vincerà, quindi. Letta può sperare solo che, una volta al Governo, la “gioiosa macchina da guerra” di Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia deragli dopo pochi mesi. Io penso per incapacità di governare: Berlusconi e Salvini l’hanno già dimostrato di non esserne capaci. E, forse, anche per l’innata voglia di protagonismo che agita i tre leader, che insieme non sanno stare.
Potrebbe essere che quel giorno Letta sappia interpretare il ruolo del leader. Ora, è troppo tardi.
Nicola Forcignanò