Le palle al piede di Cateno De Luca

Noi figli dello Stretto, in senso umano, negli ultimi anni ne abbiamo viste tante che, crediamo, non ci sia quasi nulla da scoprire oggi che a Palazzo Zanca è arrivato Cateno De Luca.

Le uscite, le fantasia, i capricci non sono migliori di quel che faceva qualche predecessore a Palazzo  quando affrontava l’avversario – metaforicamente parlando – con la mazza, o applaudiva senza ritegno, il nemico che cadeva nell’arena (politica): a Messina il potere non ci conquista, ci travolge.

Ecco perché non mi sorprende che De Luca si comporti come un uomo solo al comando: o così o niente!

Capisco pure il rammarico, o il confronto di certi consiglieri con De Luca: hanno visto tramontare concertazione, dialogo, scambio di posizioni.

De Luca non tratta, ordina. De Luca non convince, minaccia. De Luca non ha programmi condivisi ma il suo verbo: o così o niente.

Se riflettete – in queste stagioni politiche così travagliate – abbiamo visto morire non solo uomini, ma anche idee, princìpi, costumi, gusti e sentimenti. Di più. Abbiamo dovuto metabolizzare cambi di casacca, salti della quaglia, tradimenti, entrate a gamba tesa, pugnalate, arresti, talpe.

La messinesità non è più quella di una volta: niente assomiglia a ciò che abbiamo conosciuto.

De Luca è l’ultimo personaggio salito sul palco: ma quanto resisterà da solo al comando? Se ripenso alla Prima repubblica di astoniana memoria, i conclavi in via Sant’Agostino, ho dei rimpianti.

Di quei giorni rimpiango alcuni valori e qualche certezza. A quei tempi si presumeva che dietro a ogni bandiera, ci fossero dei seguaci, e non degli opportunisti, mentre ora, nell’epoca di Cateno Podestà di Messina, i vessilli tendono a un grigio confuso.

Mi chiedo: che cosa è rimasto di democristiano, lui che si vanta di aver frequentato da giovane casa D’Alia, nella gesta del sindaco? E che cosa unisce e divide De Luca con Marcello Scurria, Pippo Capurro, Ciccio Curcio, Tommaso Calderone: programmi o spartizione del potere?

Eppure, a leggere le cronache, grazie al nuovo slancio politico della Giunta De Luca la città vive un momento apparentemente felice: sindaco e comunità vanno d’accordo. I suoi assessori sembrano toccati dalla grazia: persino uno come Pippo Scattareggia sembra uscito dalla “scuola delle buone regole”.

Guai però a credere a tutto ciò che vi dicono o scrivono: a furia di girovagare sui cosiddetti valori si rischia di cadere nel ridicolo. Cerchiamo dunque di farci guidare dal buonsenso e consideriamo non esaltante la disinvoltura di un sindaco nel fare tutto da solo, persino quando indossa i panni da sceriffo o da caporione.

E’ vero che dopo i risultati non pervenuti dalla rivoluzione dal basso di Accorinti fare peggio era molto difficile, ma a dirla alla Totò,”ogni limite ha una pazienza”. Ecco perché De Luca non mi convince. Il suo comportamento sopra le righe mi genera il timore che ci si avvii verso un’epoca di accettazione d’ogni cosa come inevitabile, se non lecita.

Così mi chiedo: se Cateno e Marcello (Scurria) conciliano i loro progetti, un po’ a te e un po’ a me, io a Palazzo Zanca, tu, all’Agenzia per il risanamento, questo ai miei e questo ai tuoi, chi farà la critica e l’opposizione?

Vi sono infatti attività e istituzioni non privatizzabili, quelle che danno legittimità alla politica e l’informazione corretta è una di queste. Saper amministrare un Comune è importante, ma lo è pure l’abitudine a osservare le leggi.

L’atteggiamento di De Luca può anche generare utili cambiamenti, ma anche tragiche disgregazioni. Qualcuno direbbe che la certezza del diritto è una conquista di civiltà, ma i colpevoli impuniti per via di cavilli giuridici, sono uno dei sintomi più gravi: se non è lecita la giustizia sbrigativa, non lo è di certo l’aggressione alla magistratura.

Ma tant’è.

I politici sono simili a bambini viziati. Guai a toccargli i privilegi. Eppure per far ripartire la macchina Messina basterebbe un po’ di serietà, quella serietà che finora, purtroppo, non c’è stata, a dar ragione alle ultime inchieste della Procura. Quelle indagini che svelano che a Messina si parte seguiti e si finisce spesso inseguiti.

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