Mentre tu cerchi di capire se il prezzo del pane salirà ancora, tre aziende americane decidono il destino del pianeta tra un brunch a Davos e una call con la BCE. Non hanno bandiere, non hanno elettori, non hanno opposizione. Hanno solo trilioni. BlackRock, Vanguard e State Street non sono più “fondi d’investimento”: sono il politburo del capitalismo finanziario. Possiedono le banche, le industrie, le farmaceutiche, le aziende tech, quelle che producono armi e quelle che ti vendono la coscienza green in comode rate mensili. E ora, con il CEO di BlackRock e il vicepresidente di Roche alla guida del World Economic Forum, l’Impero ha smesso di fingere…
BlackRock, Vanguard e State Street non sono semplici fondi d’investimento. Sono le tre sorelle della finanza globale, che gestiscono insieme oltre 21.7 mila miliardi di €uro. Per capirci: più del PIL di Stati Uniti, Cina e Unione €uropea messi insieme. Sono gli architetti silenziosi del sistema economico globale. Votano, influenzano, orientano. E lo fanno con una discrezione che li rende potenti proprio perché invisibili ai più. Non solo, ognuna di loro è “partecipata” dell’altra, in un sistema in cui si detengono a vicenda, creando una rete che condiziona il mercato globale come un sistema gravitazionale.
Le tre sorelle, colossi dell’asset management globale, hanno un portafoglio
d’investimenti talmente vasto, che elencare tutte le partecipazioni sarebbe quasi impossibile, però è possibile darne un’idea con una panoramica molto dettagliata. Ad esempio dominano le aziende italiane, e già da questo si dovrebbe cominciare a capire come e con quali risultati influiscano e condizionano la vita di tutti noi. Ma questa è solo la punta dell’iceberg, le tre sorelle sono tra i principali azionisti delle big pharma mondiali, inclusa Roche (una delle aziende più capitalizzate in Europa, di cui i tre fondi detengono insieme oltre il 10% del capitale), e poi Pfizer, Moderna, Johnson & Johnson, Merck, AstraZeneca, Sanofi e Novartis. Questo significa che hanno interessi diretti nelle aziende che producono vaccini, farmaci e tecnologie sanitarie.
Sono, tra i principali azionisti delle aziende che guidano la ricerca sull’intelligenza artificiale, quindi, controllano le aziende che stanno costruendo il “futuro” ivi compresa la “moneta digitale”. Le “tre sorelle”, risultano essere, inoltre. tra i principali azionisti dei maggiori produttori di armamenti, detenendo oltre il 25% dell’industria bellica e dell’AI militare.
Nel 2025, avviene qualcosa di “inaspettato”, Klaus Schwab, fondatore del WEF (World Economi Forum), risulta coinvolto in un’indagine interna per uso improprio di fondi e comportamenti discutibili. Così, di colpo, il sostenitore e ideatore primo di “Agenda 2030” (quella che, per capirci, sta condizionando la vita di miliardi di persone stravolgendola), esce di scena. Al suo posto arrivano Larry Fink, CEO di BlackRock e André Hoffmann, vicepresidente di Roche Holding, nominati co-presidenti ad interim del World Economic Forum. E no, non è una semplice “formalità”.
Fink rappresenta il capitale globale, Hoffmann l’industria farmaceutica, e insieme incarnano due dei settori più influenti del XXI secolo, la finanza e Big Pharma. BlackRock, come abbiamo visto, ha interessi in migliaia di aziende, Roche è centrale nella sanità globale. Le decisioni del WEF su clima, salute, economia e tecnologia potrebbero (?) riflettere interessi aziendali più che pubblici, la bilancia, pende fortemente verso il privato. Il rischio concreto, è che il WEF diventi ancor di più un centro decisionale non eletto, capace di orientare politiche nazionali e sovranazionali senza alcun mandato democratico. Voglio dire, il fatto che a capo del WEF siedano il CEO del più grande fondo d’investimento del mondo e il vicepresidente di una delle più potenti aziende farmaceutiche, è un segnale forte di verticalizzazione del potere globale, dove finanza e industria si fondono per guidare l’agenda del futuro. Considerate che “consigliano” banche centrali (BCE, Fed), orientano riforme fiscali e regolatorie degli Stati ex-sovrani e hanno accesso diretto ai tavoli globali (G20, ONU, WEF). E l’OMS, certo non lo controllano direttamente, ma, sono azionisti delle Big Pharma che collaborano con l’OMS, possono influenzare indirettamente le politiche sanitarie globali e partecipano a tavoli su salute, clima e infrastrutture.
Tre aziende americane gestiscono più denaro di quanto ne circoli nel mondo intero. Sono azionisti di banche, industrie, Big Pharma, tech e armamenti. Votano, influenzano, decidono. E ora guidano anche il WEF. Non sono eletti da nessuno, ma decidono per tutti. Di contro, la politica, non scrive più le regole: le subisce e i governi non governano: eseguono. Le leve del potere sono state smantellate e “privatizzate”. La democrazia, così come viene oggi celebrata, somiglia sempre più a un rituale vuoto. Un’architettura formale che conserva le apparenze del potere popolare, ma ne ha smarrito la sostanza. Si vota, sì. Ma si vota dentro un recinto già tracciato, dove le scelte reali sono state prese altrove, da attori invisibili e non eletti. In questo scenario, la democrazia non è più un sistema di autogoverno, ma una coreografia ben eseguita. Un’illusione perfetta, dove il cittadino è spettatore più che protagonista. Il voto diventa un gesto simbolico, non una leva di cambiamento. Quando il potere di creare moneta, orientare l’economia e decidere le regole del gioco è nelle mani di pochi interessi privati, la democrazia non muore: si dissolve, lentamente, dietro il velo della sua stessa rappresentazione.
In un mondo dove il potere si è smaterializzato, dove le decisioni si prendono nei consigli d’amministrazione e non nei parlamenti, riaffermare la sovranità degli Stati non è nostalgia: è necessità.
Gli Stati sovrani devono tornare a essere centri decisionali reali, capaci di scrivere le proprie leggi, regolare i propri mercati, proteggere i propri cittadini. Non semplici esecutori di direttive sovranazionali o algoritmi finanziari, ma soggetti politici autonomi, dotati di volontà e responsabilità. Tornare agli Stati sovrani significa restituire alla politica il suo ruolo originario: decidere per il bene comune, non per il profitto di pochi.
E’ questo che dobbiamo chiedere a gran voce.
bilgiu