La storia di un uomo dello Stato: A Leonforte il Memorial Andrea Manganaro

Incidente mortale di caccia, questa mattina, nell’Ennese. Vittima il dirigente del commissariato di polizia di Leonforte, Andrea Manganaro, di 40 anni. Il funzionario era in compagnia di alcuni amici in un bosco vicino Mistretta quando un colpo lo ha raggiunto al collo. Trasportato con l’elisoccorso a Messina, vista la gravità delle sue condizioni è stato ricoverato in rianimazione. Sull’episodio indagano anche i carabinieri.

Il racconto della storia di Andrea Manganaro, al Commissariato di polizia di Leonforte, parte dalla tragica fine dopo la sua appassionata, sofferta “militanza” nella polizia di Stato a caccia dei criminali per tutelare la comunità. Giovanissimo, poco più che trentenne, al Cep di Messina, fu l’artefice della cattura del pericoloso boss Jano Ferrara (poi divenuto collaboratore di giustizia e pretese di verbalizzare alla presenza del dottore Manganaro). La cronaca di quei tempi racconterà che Manganaro sarà trasferito a Leonforte, il 26 ottobre 1994, dopo che fu coinvolto in un’inchiesta giudiziaria scaturita proprio dalle fasi successive alla cattura del boss Ferrara. Un’indagine da cui Manganaro uscirà assolto con formula piena, totalmente senza macchia: ma ci sarebbero voluti quasi dieci anni perché ciò avvenisse. La sentenza di assoluzione “perché il fatto non sussiste”, irrevocabile, fu emessa dalla seconda sezione penale del Tribunale di Messina.

Ma Andrea Manganaro è stato soprattutto un uomo perbene che si è si trovato con i suoi colleghi, Stefano Genovese, ispettore capo, morto di recente, Mario Patania, ispettore capo, Sebastiano De Salvo, ispettore capo, Stefania Montò, attualmente dirigente Polmare di Messina, impegnati con lui nella cattura del boss Ferrara, nel bel mezzo della turbolenta “guerra” – a colpi di pentiti – tra le Procure di Messina e Reggio Calabria. La loro era una battaglia alla criminalità portata avanti con pochi mezzi a disposizione ma con tanto spirito di sacrificio. Brutta storia che purtroppo vedrà – loro malgrado coinvolti – Manganaro e i 4 poliziotti nello scontro tra Procure. Con il senno del poi sembra la trama per uno dei tanti film televisivi in voga su Sky: l’affresco della malavita siciliana, dell’umanità del sottosuolo che serve i bisogni e i capricci nascosti della gente perbene così come le pretese di quella ‘permale’, il mondo della politica, degli affari, del contrabbando, del gioco d’azzardo, dell’incipiente spaccio della droga in un’area metropolitana italiana strategica. Solo che è tutto drammaticamente vero. Compresi morti, feriti, vittime, complotti e bugie.

Gli occhi del giovane dirigente del Commissariato si soffermano però senza reticenza anche sull’altro mondo, quello degli uffici di polizia: un impasto di squallore materiale, povertà economica e generosità e solidarietà umana talvolta commoventi. Manganaro e i suoi quattro poliziotti coinvolti nella cattura del boss Ferrara sono di altra pasta e soprattutto Manganaro, tutto il contrario di un arido funzionario della burocrazia parassitaria. E’ uomo di forti e tenaci idealità democratiche, un po’ rompiscatole e puntiglioso in verità, che si trova a operare in una provincia, quella messinese, ancora intessuta di trame oscure soprattutto nei confronti delle categorie più deboli e maltrattate del corpo cui appartiene. Ma neppure la storia paradossale della cattura del boss privano i nostri eroi antimafia del senso dello Stato. Insomma, la vicenda di Andrea Manganaro può anche essere letta come una testimonianza privilegiata di eventi e processi che fanno parte della storia delle istituzioni della sicurezza pubblica italiana. Nel frattempo il suo arrivo al Commissariato di Polizia di Leonforte. Un trasferimento coraggioso e complicato. Manganaro, dunque, uomo di Stato, un uomo delle istituzioni, sempre in prima fila nella lotta al crimine. Ecco i numeri, estratti dalla tabella sulla base della quale, il ministero degli Interni, accettò di intitolargli l’androne del Commissariato.

Anno 1995: n°24 arresti – 58 denunciati a p.l.;

Anno 1996: n°68 arresti – 90 denunciati a p.l.;

Anno 1997: n°16 arresti – 61 denunciati a p.l.;

Anno 1998: n°7 arresti – 77 denunciati a p.l.;

Anno 1999: n°28 arresti – 69 denunciati a p.l.;

Anno 2000: n°22 arresti  – 32 denunciati a p.l.;

Anno 2001: n°23 arresti – 42 denunciati a p.l.;

Anno 2002: n°8 arresti – 34 denunciati a p.l.;

Anno 2003: n°9 arresti – 63 denunciati  – Settembre 2003.

Totale arresti n°205 – 526 denunciati a p.l.

Un periodo in cui Manganaro fu proposto per numerosi encomi solenni e altri riconoscimenti per arresti e la cattura, tra gli altri, di ben quattro latitanti.

Nel 1995 coordinò le indagini che portarono all’operazione Caruso: 3 persone finirono in carcere, accusate a vario titolo di omicidio e quattro tentati omicidi.

Nel gennaio 1996 arrestò 26 persone per spaccio, denunciandone altre 50 a piede libero: era l’operazione Herbita. Nello stesso anno, a maggio, scattò l’operazione Sparviero, in cui furono arrestate 32 persone e 75 denunciate a piede libero, per spaccio in concorso e altri reati.

Nel gennaio 1999 scattò l’operazione “Grotte Pulite”, ancora una volta contro un’organizzazione dedita allo spaccio di cocaina e eroina. Il 1999 finì in manette anche un pedofilo leonfortese, catturato proprio dal Commissario Manganaro. Il pedofilo era accusato di aver abusato di ben 7 bambini. Di recente, si ricorda, tornato in libertà il pedofilo finì nuovamente in carcere, per nuove violenze ai danni di altri ragazzini. Nel novembre dello stesso anno scattò una delle operazioni più note, l’inchiesta Interflora, seguita dall’operazione Interflora 2, con cui finirono in carcere per spaccio altre dodici persone. Un caso che ebbe risonanza nazionale. Sempre nel 1999 compì un arresto per duplice tentato omicidio: l’indagato aveva cercato di uccidere due fratelli. Un altro leonfortese fu arrestato per una rapina al Banco di Sicilia.

Nel 2001 portò in prigione Rosario Mauceri, l’allora referente a Leonforte del clan di Enna di Cosa Nostra, per il duplice omicidio di Filippo Musica e Elisa Valenti, avvenuto il 30 giugno 1999. Per ragioni tecniche, tuttavia, Mauceri, che alla fine prese l’ergastolo, finirà in prigione solo diversi anni dopo. Il Commissario Manganaro aveva già arrestato Mauceri nel 2000 per detenzione illegale d’arma.

Nel 2001 condusse l’inchiesta che portò all’arresto di un sottufficiale di un’altra forza di polizia per concussione, estorsione, tentata violenza privata e favoreggiamento. Nello stesso anno, arrestò sei persone per sequestro di persona e altri due leonfortesi per coltivazione di canapa indiana.

Nell’anno della sua morte, nel 2003, coordinò l’indagine che portò al clamoroso arresto di un professore di scuola media di Leonforte, per gli abusi sessuali che avrebbe commesso ai danni di un ragazzino: la polizia, al cui intuito investigativo si deve l’intera operazione, riuscì a catturare il pedofilo in flagrante. Anche in quell’anno, non mancarono gli arresti per droga e altri crimini.

Da questa triste pagina di vicenda giudiziaria abbiamo provato a ricostruire la storia di un giovane poliziotto siciliano che condusse indagini complesse contro la mafia e per questo ogni anno viene ricordato con una giornata di sport allo Stadio Comunale di Leonforte: con degli incontri di calcio al quale prendono parte personale della Polizia di Stato di questa provincia, unitamente ai rappresentanti delle istituzioni locali per ricordare il Vicequestore della Polizia di Stato Andrea Manganaro, già Dirigente del Commissariato Distaccato di P.S. di Leonforte, morto il 4 ottobre 2003 in un incidente di caccia. Con un’utopia: che i sogni di libertà nati all’interno delle caserme, dei Palazzi, possano continuare anche fuori dalle storie giudiziarie, una volta ritornati a casa, nella propria città, nel proprio quartiere. Sport non come passatempo, per quanto utile, ma mezzo di costruzione di rapporti sociali e, in ultimo, di prevenzione.

Ecco perché abbiamo voluto ricordare a vent’anni dalla sua tragica scomparsa la figura di questo valoroso uomo dello Stato a dimostrazione che c’è chi non si rassegna a vedere questa terra consegnata nelle mani dei politicanti corrotti e della mafia anche a difesa di quanti vengono derisi dai “furbetti” in quanto “moralisti”: termine pronunciato con sarcasmo, come un insulto. Immaginiamo facilmente, dunque, quali altri insulti si attirerà, questa riflessione da tutti coloro che pensano che prendere sul serio la “Legge” sia solo un segno di ingenuità, di sprovvedutezza, di “moralismo”, appunto.