La storia di Andrea Manganaro ci faccia aprire il cuore oltre l’ignoto!

In ricordo di Andrea Manganaro, scomparso il 4 ottobre del 2003 in un tragico incidente di caccia. A Leonforte lo hanno ricordato come uno di loro, il figlio, il fratello, di tutti. Perché Andrea, dirigente del commissariato leonfortese per quasi nove anni, aveva impresso un modo tutto suo, “da film”, come ricordò, durante le esequie, il questore dell’epoca Giorgio Iacobone. Andrea sapeva come comportarsi nel contrasto alla criminalità comune e al crimine organizzato.

Lo hanno ricordato le istituzioni, i colleghi, gli amici di Leonforte come sempre con la giornata denominata “Diamo un calcio alla mafia”, facendo uno slogan di quello che è sempre stato l’obiettivo professionale della persona che era Andrea. Evento organizzato dalla Pro Loco.
Ma prima di proseguire nella manifestazione di Leonforte volevo far riflettere fino a che punto il nostro cuore possiede l’elasticità necessaria ad accogliere il bene e il male, il giusto e l’ingiusto, la rabbia e il perdono. Ma soprattutto fino a che punto si può arrivare a ferire la memoria. La vita di una persona.

Ci sono gesti, parole, atti, dentro di noi che risuonano per lungo tempo, anche quando la vita si spegne. Si muore e non sempre si lascia una eredità d’affetti. Spesso l’ignoto travolge quella storia terrena ma per fortuna per Andrea Leonforte non dimentica. Convegni a scuola, incontri sportivi, manifestazioni di riflessione sulla figura del poliziotto e dell’uomo.
Leonforte lo scorso 4 ottobre lo ha ricordato con una cerimonia a scuola, nell’Istituto secondario di primo grado Giovanni Verga Dante Alighieri. Non solo. Ci sono stati pure i ricordi dell’amico fraterno di Andrea, il pediatra Paolo Mineo e del professore Salvo La Porta, che fu sindaco in quegli anni e che divenne a sua volta amico del funzionario di polizia. A parlare, oltre all’attuale dirigente del commissariato di via Borzì, il commissario capo Giuseppe Travagliante, anche il presidente della Pro Loco. Josè Trovato, all’epoca giovane cronista di nera del Giornale di Sicilia, conobbe Andrea e, nelle rispettive vesti, “lavorò” con lui. Quindi lo sport: una partitella tra i ragazzi della scuola, della dirigente Concetta Ciurca e, nel pomeriggio, sempre nel campo Ambiente Sport di via dei Cento Comuni d’Italia a Leonforte, le sfide invece squadre calcistiche tra Polizia di Stato, Arma dei carabinieri, Guardia di Finanza, Magistrati, Polizia penitenziaria, Vigili del fuoco e Comune di Leonforte.
E mentre nella provincia ennese si ricordava Andrea la sua città, Messina restava in silenzio. Perché? Come mai? Come è stato possibile aver dimenticato Andrea?
Vorrei solo capire fino a che punto il cuore di una comunità, di una Questura, di un glorioso corpo di polizia, possiede l’elasticità necessaria ad accogliere l’ignoto. Come detto ci sono parole e, in questo caso silenzi, che risuonano dentro di noi.

E dopo venti anni non è possibile accettare che a ricordare Andrea siano rimasti solo i leonfortesi, i parenti e qualche amico di Messina… come se l’ignoto fosse stato invitato a cena nelle stanze della Questura peloritana. Che sia uno dei tanti fantasmi che aleggiano sullo Stretto? Purtroppo noi umani sensibili non controlliamo tutto quello che ci succede ma ciononostante in noi è sempre forte il concetto di speranza: mantenersi positivi aiuta. Finché c’è vita c’é speranza e questo aiuta, almeno in una certa misura, a preservare la nostra libertà di pensiero, di memoria, di indignazione per le cose storte. Il 4 ottobre scorso la comunità di Leonforte nella sua semplicità, ricordando Andrea, a mio modesto avviso, ha cercato di veicolare la speranza che tiene in vita la speranza di un luogo migliore.

P.S. Nessuno si senta offeso: le riflessioni come questa nascono da divergenze di comportamento e carattere e priorità. Quelli come noi si sforzano di esprimere dei punti di vista e analizzare le differenze. Se poi il questore di Messina volesse intervenire e dire la sua, saremo lieti di ospitare il suo intervento. Perché almeno ci lasci la speranza che figure come Andrea Manganaro possono unire e non dividere. A noi non resta che aprire il cuore all’ignoto!