La politica delle frasi a presunto effetto prende il posto dell’informazione, ma…

E’ il caso di questi giorni. Il segretario della Cgil, Maurizio Landini, ha detto che il capo del governo è cortigiana del presidente Usa Donald Trump. E siccome Giorgia Meloni ha reagito come se le avesse dato di prostituta, le reazioni da una parte e dall’altra, condita da un po’ di trasversalismo, sono arrivate anche a diventare apertura di alcuni tg inclusi quelli dell’informazione di Stato.

Tutti sanno cosa significhi cortigiano/a, ma fa piacere – soprattutto all’informazione – accettare la versione del capo del governo e tessere sopra la presunta maleducazione o il presunto vittimismo di entrambe le parti. Nessuno che si sia messo a disquisire sul fatto politico che ha causato un simile appellativo, la presunta accondiscendenza ideologica/fideistica del capo del governo italiano verso il presidente Usa.

Ed ecco la politica e il confronto su di essa che si trasformano nella legittimazione o delegittimazione delle persone piuttosto che sui fatti. Se la Meloni è una prostituta… beh, allora si capisce tutto, come si capisce tutto se Landini è un cafone.

Un modo di essere che per alcuni, magari in un bar della movida a causa di un presunto sguardo di troppo sulla donna che un maschio è convinto sia cosa propria, induce questo maschio ad ammazzare lo s-guardone, mentre per altri, in uno show tv o ad un microfono mediatico, induce ad ammazzare l’informazione.

Ultimamente si sente, anche autorevoli esponenti di governo e opposizione, che, per accreditare le proprie posizioni, sostengono di essere “dalla parte giusta della storia”, mediamente gonfiando il petto nella pronuncia.

Distrattamente – ed è quello su cui conta chi si esprime in questo modo – l’ascoltatore dovrebbe percepire una vampata di autorevolezza (urka, la storia…) e accondiscendere mettendo in secondo piano la condivisione o meno di posizione/concetto politico così avvalorato.

Ma cos’è “la parte giusta della storia”? Una cosa che non esiste, visto che la storia non è giusta né ingiusta, ma solo storia. Certo, qualcuno la può giudicare più o meno collimante con il proprio pensiero, e per questo magari ritenerla “giusta”, ma  sarebbe una valutazione individuale, non certo oggettiva e non storica. E se consideriamo che la storia possa cambiare in base allo storico narrante, al massimo si potrebbe dire “dalla parte giusta della storia che io vorrei fosse così scritta” non certo dalla parte giusta della storia in sé.

Insomma, anche qui, come nella vicenda presunta meretricia che abbiamo detto, si tratta di artifici del linguaggio strumentalmente utilizzati per impressionare chi ascolta o legge.

In entrambi i casi c’è una vittima, l’informazione.

Ché, presi dal disdegno o l’accondiscendenza per il – spacciato tale – crudo appellativo al capo di governo, o dal presentarsi come soggetto che agisce/pensa come storia comanda, si perde il lume dei fatti. Sostituito da luminosità o “tenebrezza” di chi – vittima o carnefice – è l’attore del momento.

La politica, e la sua informazione, come “The Show Must Go On”. Con un occhio all’indice degli ascolti che, se da un lato si ritiene facciano crescere il valore pubblicitario del mezzo mediatico, dall’altro si ritiene facciano crescere il consenso politico (disgustati a parte, pur se sempre in crescita).

Ed ecco come media e politica hanno trovato il modo di farsi spalla una con l’altra.

 

Vincenzo Donvito Maxia – presidente Aduc