Genova Cornigliano, il progetto del nuovo forno elettrico rischia di essere un tragico sacrificio sull’altare dell’industria pesante

di Daniela Malini e Roberto Malini

Genova – C’era una promessa, un’idea di futuro che aleggiava tra le strade ferite e le ciminiere arrugginite del ponente genovese: la bonifica dell’area dell’Ilva, la restituzione alla città di un pezzo della sua costa e della sua memoria, la nascita di uno spazio vivo, sostenibile, dove innovazione, lavoro pulito, cultura e respiro urbano potessero finalmente trovare casa. La società civile si impegna da anni per questo obiettivo di civiltà, necessario dopo tanto dolore, dopo tante vite sacrificate.

Quel sogno si è infranto – ancora una volta – contro l’onda lunga del passato. Sta per essere approvato un progetto che prevede l’installazione a Cornigliano di un nuovo forno elettrico per la produzione di oltre 2 milioni di tonnellate di acciaio l’anno, con un possibile rilancio fino a 8 milioni di tonnellate annue. Una mega-infrastruttura a pochi metri dalle abitazioni, senza Valutazione di Impatto Sanitario (VIS), senza dibattito pubblico, senza garanzie certe.

Secondo il Rapporto ALISA 2022, a Cornigliano l’incidenza dei tumori allo stomaco tra le donne è più che doppia rispetto alla media cittadina (RS 2,36). Eccessi significativi sono stati rilevati anche per tumori del sistema nervoso centrale e tumori maligni tra gli uomini. Per non parlare di altre gravi patologie respiratorie, cardiologiche, endocrine. E della drammatica discesa a picco della salute dei bambini e delle persone fragili. L’intera zona risulta ancora gravemente contaminata nei suoli e nelle falde, in attesa di una bonifica promessa da decenni.

E ora, a questa situazione già critica, si vuole aggiungere un nuovo impianto industriale di grandi dimensioni, senza procedura di Valutazione di Impatto Ambientale completa (ma con che coscienza il Ministero dell’Ambiente potrà rilasciarla, come se tanti drammi non avessero più alcun peso?) né uno studio epidemiologico indipendente, violando i principi cardine della Direttiva 2011/92/UE, che impone la VIA per progetti con impatti potenzialmente gravi su ambiente e salute.

La realizzazione del nuovo forno si pone in potenziale contrasto con l’articolo 32 della Costituzione italiana, che tutela la salute come diritto fondamentale dell’individuo, e con l’articolo 41, che vieta attività economiche lesive della sicurezza, della libertà e della dignità umana.

Anche il Principio di Precauzione, sancito dalla Carta dei Diritti dell’Unione Europea (art. 37) e dai trattati comunitari, viene eluso in assenza di studi aggiornati sull’impatto cumulativo dell’inquinamento a Cornigliano.

Inoltre, la Convenzione di Aarhus – ratificata dall’Italia con la Legge 108/2001 – garantisce il diritto dei cittadini ad essere informati e a partecipare alle decisioni ambientali. Ma nel caso Cornigliano, tutto si sta decidendo in assenza di un vero confronto pubblico.

Contrariamente alla narrazione dominante, il forno elettrico non è per definizione un impianto “pulito”. Utilizza grandi quantità di energia (probabilmente non rinnovabile), produce polveri sottili, NOx, CO₂, scorie tossiche e genera emissioni inquinanti da trattamento rottami e da combustione di materiali residui. Impone inoltre un incremento pesante del traffico pesante su gomma in quartieri già congestionati.

Il progetto viene presentato come “modernizzazione” e “transizione”, ma non c’è nessun Piano Urbanistico condiviso, nessun progetto di rigenerazione complessiva dell’area, nessuna garanzia che le zone dismesse verranno convertite in parchi, spazi pubblici o cultura.

Né è chiaro quale sia la strategia energetica di riferimento: se si punta a decarbonizzare, perché continuare a puntare sulla siderurgia pesante in area urbana, invece di rilanciare un modello di industria leggera, circolare, sostenibile?

Cornigliano ha già pagato. Ha pagato con l’aria, con la salute, con l’abbandono. Non si può continuare a scegliere per questa città decisioni dall’alto, senza ascoltare i cittadini, senza trasparenza, senza giustizia ambientale.

L’attivazione di comitati, associazioni civiche, reti territoriali è un segnale di resistenza e consapevolezza. Le carte da giocare non sono solo civiche: se mancano VIA, VIS o Valutazioni cumulative, i cittadini possono ricorrere al TAR, con fondamenti giuridici precisi, dalla Direttiva Seveso III alla Legge 152/2006, dalla Costituzione italiana alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo, Genova può scegliere un futuro diverso. Non si tratta di dire no allo sviluppo, ma di dire sì a uno sviluppo giusto, sostenibile, trasparente. Un forno elettrico può essere utile solo in un contesto di bonifica completa, pianificazione urbanistica integrata, partecipazione civica e garanzie reali per salute e ambiente.

Perché una città è viva se protegge chi la abita. E Cornigliano, nonostante tanta morte, tanto dolore, è viva. Esige verità sul progressivo martirio industriale che ha subito. Ed esige rispetto dell’esistenza e della salute della gente che vive in quell’area dimenticata dalla legge e dall’etica.

Nella foto, le acciaierie di Cornigliano in demolizione