
di Andrea Filloramo
Il Ponte sullo Stretto per i siciliani sarà un atto di autolesionismo, perché sottrae risorse a ciò che davvero a loro serve. Questa è la considerazione che da più parti si fa a chi manifesta entusiasmo per l’opera: un’infrastruttura faraonica, dal costo enorme e crescente, che rischia, però, di diventare una cattedrale nel deserto.
I critici sostengono che il vero nodo non sia quello di collegare la Sicilia alla Calabria in pochi minuti, ma di collegare i siciliani fra loro, di dare accesso a trasporti efficienti e sicuri, di superare l’isolamento di intere aree interne e di garantire servizi essenziali che oggi sono molto carenti.
Senza queste premesse, il Ponte rischia di essere, se verrà costruito, un simbolo vuoto: spettacolare agli occhi del mondo, ma irrilevante per la vita quotidiana delle persone che abitano l’isola.
Da osservare che quello che riguarda il Ponte sullo Stretto non è solo un dibattito infrastrutturale, ma una questione ben più ampia, che tocca la dignità e la qualità della vita delle comunità isolane.
La vera sfida è quella di incidere sui meccanismi profondi che determinano arretratezza e disuguaglianze, investendo in istruzione, sanità, trasporti regionali e sostegno all’innovazione.
È necessario guardare oltre la retorica delle grandi opere e chiedersi cosa significhi davvero sviluppo per una terra così ricca di potenzialità, ma troppo spesso lasciata ai margini.
Solo affrontando le radici strutturali della mancanza di opportunità, si potrà offrire ai giovani siciliani un futuro in cui non siano costretti a emigrare per inseguire il benessere altrove, ma possano scegliere di restare e contribuire alla crescita della propria terra.
Se tutto questo è vero occorre ribadire a quanti vivono in Sicilia di avere il coraggio e l’intelligenza di costruire, non un ponte inutile che collega Scilla e Cariddi, ma la fiducia in se stessi, che spesso è mancata, di superar la loro atavica forma di rassegnazione di fronte alle ingiustizie e alle difficoltà o di adattamento pragmatico, che con il tempo è diventato una strategia storica di sopravvivenza e di convivenza con il potere che è stato spesso distante da loro e talvolta anche oppressivo.
È necessario anzi urgente che chi vive in Sicilia ritrovi la forza di valorizzare il tessuto sociale e culturale che si intreccia tra le sue città e i suoi paesi, puntando sulla crescita condivisa.
Solo, infatti, attraverso una presa di coscienza collettiva e la volontà di investire nelle risorse umane e nei settori che davvero possono creare sviluppo, la Sicilia può costruire basi solide per il futuro.
Per convincersi della validità di queste considerazioni e sufficiente leggere le statistiche pubblicate sulla Rete che fanno riferimento alla vita che si svolge in Sicilia e constatare le difficoltà che i siciliani incontrano nella vita e nel lavoro, riconoscere le opportunità che ad essi si offrono e che non aspettano altro che essere valorizzate.
E’ sufficiente essere informati dei salari percepiti, del reddito pro capite e dell’occupazione dei suoi abitanti, per costatare che assieme costituiscono per la Sicilia una zavorra, che, se le cose non cambiano, tende a spezzare ogni speranza di rinascita di un’isola, posta a centro del mediterraneo e che per tal motivo dovrebbe essere destinata al benessere di coloro che l’abitano.
Consultando l’Ansa, che, come si sa, è impegnata nella produzione d’ informazione affidabile, grazie alla sua capillare presenza sul territorio nazionale e internazionale, si ricava che nel 2023, la Sicilia ha registrato un reddito pensionistico medio pro capite di 12.600 €/anno, contro una media-Italia di circa 17.500 €; che il tasso di occupazione per le persone tra 20 e 64 anni si è attestato al 48,7% ossia 17,6 punti in meno rispetto alla media nazionale; che il tasso di mancata partecipazione al lavoro è stato circa un terzo della popolazione potenzialmente attiva, pari al 32,6%, che ovviamente non è presente nel mercato del lavoro.
Consultando anche vari altri Siti risulta anche che il tasso di disoccupazione giovanile in Sicilia ha raggiunto recentemente il 31,2%, molto al di sopra della media nazionale (16,7%) e comunque superiore alle medie europee.
Quasi il 45% dei giovani isolani non studia né lavora.
Cifre simili non solo indicano perdita di opportunità, ma anche il rischio di un’ulteriore fuga di cervelli, con giovani destinati a cercare altrove ciò che in Sicilia manca.
Di contro sappiamo che nel 2024, i turisti stranieri arrivati in Sicilia sono stati 5,797,000, con un incremento di 817.000 unità rispetto al 2023; i pernottamenti stranieri nell’isola hanno superato i 26,7 milioni, segnando un’impennata netto su base annua.
Nell’estate 2024 (giugno – settembre), la Sicilia ha superato i 10 milioni di presenze turistiche, con crescita del +4,7% rispetto all’estate precedente.
Era la stagione in cui il turismo ha contribuito maggiormente al totale annuo.
Ancora ovviamente non abbiamo i dati relativi all’anno in corso 2025, che senz’altro saranno anche migliori.
Anche il comparto dell’artigianato collegato al turismo mostra numeri positivi: 14.886 imprese artigiane operanti nei settori turistici, con oltre 35.800 addetti, e spese internazionali dei turisti in Sicilia che nel 2024 hanno raggiunto 2,6 miliardi di euro.
Se il tasso di occupazione per la fascia 15-64 anni in Sicilia era prima del 2024 tra i più bassi in Europa: si situava intorno al 46,8%, mentre la media UE è circa il 70,8%, nel secondo trimestre ha registrato un tasso di disoccupazione sceso al 6,8%, ma questo dato positivo convive con un tasso di inattività che resta ostinatamente alto (oltre il 33%) e con fragilità profonde in termini di qualità del lavoro.
Da tutti questi dati che fanno indubbiamente riflettere, si evince che il sogno di una Sicilia migliore non è una metafora vuota: è una necessità urgente.
I dati parlano di una regione che resta in fondo alle graduatorie per reddito, opportunità di lavoro, qualità del lavoro, ma, nello stesso tempo, il potenziale turistico, agroalimentare, culturale è reale e in forte crescita.
Per vedere una Sicilia migliore, che è un sogno coltivato da generazioni, non basta, pertanto, immaginare una grande opera simbolica voluta da Salvini che non può capire la Sicilia e il Sud perché il suo sguardo politico è radicato al Nord, nei territori e nelle problematiche della Lega. La sua esperienza è lontana dalla realtà meridionale: economia, cultura, mentalità e storia del Sud sono per lui soltanto oggetto di slogan o di strumentalizzazioni politiche e non di vera comprensione.
Matilde Siracusano, in quanto sottosegretario ai Rapporti con il Parlamento e deputata di Forza Italia, da messinese, anzi da figlia della borghesia della Città dello Stretto, che quindi conosce, senza aver personalmente vissuto il degrado di alcuni quartieri della città (vedi: Giostra, CEP, Villaggio Aldisio e altri), condivide politicamente la tesi di Salvini e sostiene che “chi dice ‘no’ al Ponte sullo Stretto è spinto da ragioni ideologiche” e, quindi “ non vuole bene al Mezzogiorno, non vuole bene all’Italia e non crede nella crescita” e aggiunge con un incongruo parallelismo: “ non dimentichiamo che tanti anni fa gli stessi argomenti furono utilizzati per ostacolare la realizzazione dell’Autostrada del Sole, un’infrastruttura che oggi collega l’intero Paese e che ha aperto la strada alla costruzione di centinaia di arterie secondarie. La storia, insomma, si ripete: noi siamo convinti che questa volta l’Italia debba scegliere lo sviluppo”.
Le infrastrutture – diciamolo con grande chiarezza – possono collegare luoghi, ma non bastano a connettere speranze, talenti e opportunità. Alla Sicilia serve una visione sistemica, capace di accompagnare le risorse con la politica, le aspirazioni con le opportunità, la speranza con progetti concreti.
Solo quando questi elementi si incontrano e si rafforzano a vicenda, la Sicilia smette di essere un luogo da cui molti partono, diventando invece una terra in cui molti scelgono di restare.
Concludendo: non si cambia la Sicilia con atti simbolici ma con impegno quotidiano dei siciliani, che richiede necessariamente coesione, lungimiranza e coraggio. Solo così è possibile trasformare il sogno di un’isola migliore, dove la partenza non sia l’unica opzione ma restarvi diventi una scelta di vita.