Cateno De Luca, il genio trai geni. Il riscatto di Messina in cantina

Misery Index Messina – Prevenire piuttosto che curare. Per il mal di fegato, i denti sani o le Istituzioni. Il principio è lo stesso, le tecniche sono infinite. Cateno De Luca e la politica di Messina. E inutile girarci intorno: il Comune, la Giunta, le istituzioni perdono credibilità (politica), che fare? Mi dimetto, anzi no, resto, anzi ci ripenso e vado via, anzi no mi ripresento alla carica di sindaco, forse anche a presidente della Regione e visto che ci sono alla corsa per il Quirinale. De Luca, questo è… Ma come viene sdoganata la sua bizzarra storia? L’oggettività? Un sogno. L’uniformità di giudizio? Logico chiederla, impossibile ottenerla perché non esiste nulla di più difforme di una partita di potere, con le sue mille situazioni diverse e opposte.

Qui si tratta di vedere, non di interpretare. Allora conta più l’istinto dell’etica, delle regole, della decenza? La decisione è immediata, fulminea. A leggere tra le righe delle cronache di Palazzo vale l’esperienza nel fallo tattico, nella melina per la conquista del risultato, ma anche la sensazione del giusto. Che non sempre è il vero motivo del bussare dietro la porta. Un limite inevitabile.

E che dire delle proteste farsa che al cittadino non portano giovamento se non insulti, sporcizia e tante prese in giro (meritate, senza dubbio) per aver scelto De Luca come sindaco?

Com’è possibile tanta difformità nelle valutazioni giornalistiche del fuorigioco o del fallo commesso dal sindaco più folcloristico d’Italia?

E si ricomincia a parlare del male che corrode le pietre del palazzo, che sgretola marmi e travertini, che riduce in polvere bassorilievi e fregi, rosoni e cornici. Non si può dire sì o no a due padroni per volta. Ma i tempi cambiano… Per cominciare resuscitiamo l’obiettività nel raccontare i fatti, le storie, gli eventi. Ovvero, il vedere e il giudicare persone, eventi, circostanze con realismo e senza interessi personali.

A scanso di equivoci io sogno un sindaco normale. E non mi può consolare l’affermazione che da più parti sento: “Non t’arrabbiare, viviamo in un periodo di transizione. Non vorrai mica negarlo? Basta aprire il giornale, in un giorno preso a caso, per averne conferma“.

Come sempre, del resto.