Non avevo colto la straordinaria novità del Presepe allestito quest’anno nella grande Aula Paolo VI del Vaticano (quella delle udienze generali). Per la Nuovabussola è un “Presepe pro-vita” (Stefano Chiappalone, Controcorrente. Dal presepe dell’Aula Paolo VI un “papale” messaggio pro-life, 18.12.25, Lanuovabq.it).
Attenzione non si tratta del solito gusto di “rompere gli schemi”. Oltre al presepe “tradizionale” (cosa peraltro non sempre scontata) di Piazza San Pietro, nell’Aula Paolo VI è esposta l’opera intitolata Nacimiento Gaudium dell’artista costaricana Paula Sáenz Soto, che presenta una figura della Vergine in stato di gravidanza. Il messaggio colto e rilanciato da Leone XIV che il 15 dicembre ha inaugurato il presepe ricordando che «ognuno dei ventottomila nastri colorati che decorano la scena rappresenta una vita preservata dall’aborto grazie alla preghiera e al sostegno fornito da organizzazioni cattoliche a molte madri in difficoltà. Ringrazio l’artista costaricana che ha voluto, insieme al messaggio di pace del Natale, lanciare anche un appello affinché venga protetta la vita fin dal concepimento».
Se l’originalità, quella vera, consiste nel tornare alle origini, come diceva Antoni Gaudí, l’originalità del presepe di Paula Sáenz rimanda direttamente alle origini della vita nel grembo materno. Chiappalone rileva che la Paula Saenz, guarda alla Via pulchritudinis (la “via della bellezza”, definita «sfida cruciale» in un documento del Pontificio Consiglio per la Cultura e dice senza mezzi termini che la Chiesa «non può accettare ogni tendenza che si presenta senza prima offrire la propria prospettiva». Inevitabile la polemizza con la Sacra famiglia senza volto di Bruxelles e di tante altre rappresentazioni. “Il presepe di Paula Sáenz rompe gli schemi, sì, ma in tutt’altro senso”. Scrive Chiappalone, Quella Madonna incinta e quei nastrini, «ciascuno dei quali», ricordiamo e ripetiamo, «rappresenta una vita preservata dall’aborto grazie alla preghiera e al sostegno fornito da organizzazioni cattoliche a molte madri in difficoltà».
La novità del presepe di Paula Saenz Soto è che oltre a mettere in scena tutte le figure tradizionali del Presepe – Maria, Giuseppe, i pastori, i Magi, gli animali – nei giorni che precedono il Natale la figura di Maria appare incinta. Invece dal giorno di Natale sarà sostituita da una statua della Madonna inginocchiata, in contemplazione del Figlio già nato. Paula Saenz Soto, ha raccontato i motivi che l’hanno portata a costruire questo presepe a Lorenzo Bertocchi del mensile cattolico “Il Timone”: “Fin da bambina, contemplando i presepi nelle chiese e nelle case, mi colpiva sempre che durante l’Avvento comparisse la mangiatoia vuota, con la Vergine e San Giuseppe accanto… ma la Vergine non appariva mai incinta.
Eppure, la storia della nascita comincia proprio nel grembo materno. […] Se l’arte sacra racconta una storia, deve raccontarla per intero. Oggi, come artista, ho finalmente potuto rappresentare ciò che ho sempre desiderato mostrare: una Vergine Maria incinta durante l’Avvento, come fa l’iconografia bizantina, e come un insegnamento teologico e umano importantissimo: Gesù ebbe un grembo materno, si nutrì di sua Madre e dipese completamente da lei, come tutti noi”. Dunque, un messaggio chiaro: “In una cultura che nega l’umanità del concepito, mostrare che il Figlio di Dio abitò un grembo materno significa ricordare al mondo che ciò che è più sacro inizia lì: in quello spazio di assoluta vulnerabilità dove Dio ha voluto crescere sano e protetto”.
Scrive Antonio Socci su Libero, (“Dopo anni di Presepi ideologici, finalmente con Leone XIV il presepe cattolico [e Pro-Life] che celebra l’incarnazione”, 17.12.25, Libero) Ma ci sono altri motivi. Dentro la mangiatoia dove sarà deposto il Bambino Gesù, “sono stati collocati 420 nastri realizzati da bambini gravemente malati dell’Ospedale Nazionale dei Bambini del Costa Rica – dice l’artista, – “Ogni nastro porta un’intenzione scritta da loro: per la propria salute, per quella di altri bambini e persino per i loro medici. Quella sofferenza, offerta con amore, è il calore spirituale che prepara la culla del Bambino Gesù. Il Papa, inaugurandolo ha concluso: “chiediamo al Signore di rinnovare in noi il dono della pace e della fraternità. Preghiamo per quanti malati a causa della guerra e della violenza… Lasciamo che la tenerezza del Bambino Gesù illumini la nostra vita“.
Dunque, “è un presepe tradizionale – scrive Socci – che fa notizia solo perché veniamo da anni di polemiche nei quali il presepe è diventato terreno di scontro ideologico. Anni in cui si è voluto rendere omaggio a tutte le mode ideologiche del momento (dall’ecologismo, all’immigrazionismo, ai “presepi arcobaleno”). Sono stati anni confusi, di sbandamento, come aveva detto profeticamente Ratzinger, anche per i cattolici “il relativismo, cioè il lasciarsi portare ‘qua e là da qualsiasi vento di dottrina’” è apparso “come l’unico atteggiamento all’altezza dei tempi”. Ma è venuto lo smarrimento.
I credenti sono stati “colonizzati” da ideologie mondane. Invece il presepe inaugurato da Leone XIV non rappresenta una bandiera ideologica, non è l’ennesima provocazione, né una sfida. È la Buona Notizia. Per tutti. Come ha spiegato l’artista: “ci riporta al cuore del cristianesimo: l’Incarnazione… quando Dio decide di condividere la nostra condizione umana. Dio si è fatto per mostrarci che comprende le nostre necessità, fragilità e sofferenze. Ha sperimentato fame, freddo, tristezza e gioia. Ha avuto bisogno di genitori che lo curassero, lo educassero e lo accompagnassero. In un mondo che spesso nega il valore e la dignità della vita umana —soprattutto della più vulnerabile—, ricordando che Dio stesso è stato un bambino, un embrione, un concepito, ci invita a guardare ogni essere umano con una riverenza nuova”.
Sarebbe piaciuto a Madre Teresa di Calcutta che ha sempre ripetuto – anche quando le fu assegnato il Nobel per la pace – che il bambino nel grembo delle madri è la creatura più povera del mondo e la più vulnerabile; quindi, – spiegava – la pace nel mondo comincia dalla difesa della sua vita. Questo “Presepio pro-life” in fondo è anche un atto di speranza per i Paesi europei e in particolare per l’Italia, che vive nel più desolante “inverno demografico”. È un inno alla vita.
DOMENICO BONVEGNA
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