UN LIBRO DA RILEGGERE: IL PICCIOTTO E IL BRIGATISTA

Alle sette il rumore consueto della sveglia mi riporta alla vita. Non è un male dormire, ma alla mia età mi sentirei un ladro se passassi più del minimo indispensabile a letto, anche se a volte la tentazione di rimanere steso a riflettere senza far nulla è forte. Non riesco a immaginare a cosa penserei, e forse è uno dei motivi per cui preferisco non farlo. Meglio pensare a cosa fare di volta in volta, senza pianificare troppo, senza immaginare troppo le conseguenze e le motivazioni; Dio sa se ho già avuto abbastanza problemi per via di questo razionalizzare tutto.

Si dice che la ragione possa rispondere a qualunque enigma, e risolvere anche le questioni morali.

Oggi posso dire che la ragione è l’antimorale per eccellenza, e che giustifica spesso e volentieri i mezzi per il fine, una contraddizione in termini, e spesso una causa di guai e incomprensioni anche epici. Un esempio di tutto questo è il fatto che sono ancora sdraiato a pensare mentre nella mia tabella di marcia dovrei essere già al primo caffè. Il tempo corre, impietoso, e il modo migliore di imbrogliarlo è spenderlo bene, per cui via le lenzuola e in piedi!
Colazione, sguardo alla finestra per controllare il tempo, bagno, sguardo alla finestra per verificare il traffico, armadio, sguardo alla finestra per immaginare la temperatura… se non mi fossi imposto di smettere di pensare di continuo, forse mi interrogherei sul motivo di tutto questo guardare fuori, come se non potessi risolvere tutto con uno sguardo solo o semplicemente con un’occhiata alle previsioni del tempo o della viabilità. Non voglio pensare che dopo tutto questo tempo ancora guardo fuori dalla finestra solo per assicurarmi che posso guardare fuori. Che posso andare fuori.
In ascensore mi guardo allo specchio solo di sfuggita. Non voglio vedere quello che c’è. Ho accettato tempo fa di essere una persona che non conosco, che ha poco o nulla a che vedere con il ragazzo che ero stato e l’uomo che ero diventato in carcere. Questo signore di mezza età, o forse oltre, che mi fissa con aria gentile e un’espressione lievemente interrogativa potrebbe essere mio padre, un mio zio rassomigliante, un vicino di casa con cui chiacchierare e da cui fuggire quando poi diventa troppo nostalgico; ci ho messo anni ad accettare che si trattava dell’unico me rimasto a disposizione, e non ho proprio voglia di discuterne, oggi. La psicanalisi ha già abbondantemente dato prova della sua inconsistenza, con me. L’autocoscienza invece riscuote ancora un grammo di successo, ma temo sia più per rifiuto della realtà che per l’accettazione. Non fa nulla, il risultato va bene; il fine, in questo caso, giustifica ampiamente qualunque mezzo. Si tratta solo di me. È una cosa privata, che non coinvolge e non fa soffrire nessuno.
IL PICCIOTTO E IL BRIGATISTA – Fazi Editore