Sport negli istituti carcerari: la ricerca di speranza e dignità

Vivicittà Porte Aperte: il messaggio di speranza e dignità di questa storica corsa dell’Uisp fa parlare di se in tutta Italia, dall’istituto penitenziario Marassi di Genova (servizio Tgr Rai Liguria) a quello femminile di Roma Rebibbia (su Corriere della Sera-Buone notizie), da quello di Ferrara (su Msn) a quelli che si svolgeranno nei prossimi giorni, ad Ancona Montacuto (9 giugno) e Ancona Barcaglione (17 giugno).

A che cosa si deve questo interesse dei media? Al crescente significato sociale che assume questo intervento, attraverso una manifestazione nota come Vivicittà, da sempre portabandiera di diritti, dignità, inclusione. E ad un cambio di paradigma del processo educante, sostituendo l’aiuto al giudizio: il giudizio condanna, cerca la colpa, stabilisce la pena; l’aiuto invece serve a superare l’errore, riconoscendolo e correggendolo. Per questo il carcere assume la dimensione del luogo del recupero, un canale per tornare ad una vita normale e lo sport in questo senso è un elemento molto efficace: l’Uisp lo sostiene e lo pratica da circa quarant’anni, partendo dai territori e da singoli rapporti tra Comitati territoriali e Istituti penitenziari.

Dalla fine degli anni ’80 l’Uisp afferma che bisogna sostenere il diritto delle persone detenute a fare sport, non solo in virtù dei benefici per la salute, ma anche per il valore rieducativo e di recupero sociale dello sport, che è ormai riconosciuto anche in Italia. Da quelle prime esperienze a Roma, Torino, Bari, Bologna, Genova e tante altre città l’Uisp è arrivata a siglare negli anni ’90 e Duemila, convenzioni con il ministero della Giustizia e con il Dap-Dipartimento Amministrazione Penitenziaria, per le attività negli istituti penitenziari e minorili.

Questa continuità e capillarità nell’azione Uisp per attività nelle carceri, che hanno assunto col tempo la forma di corsi di danza, ginnastica, pallavolo, calcio e così via, ha permesso a Vivicittà di radicarsi anche nelle carceri. Ormai da una ventina d’anni Vivicittà Porte Aperte (questo è il nome della campagna) è una manifestazione esemplare e di successo e coinvolge una ventina di istituti penitenziari in tutta Italia, riproponendo la formula di una corsa podistica con lunghezze variabili che riesce a portare, anche in ambienti tradizionalmente separati come quelli delle carceri, aria nuova di speranza e di rispetto, a partire dal rispetto per il proprio corpo.

“Per noi lo sport sociale è un elemento molto importante, infatti sono ormai 71 anni che portiamo avanti un’idea di sport per tutti, che renda universale il diritto allo sport e con lui il diritto alla salute, all’educazione, alla cultura – dice Tiziano Pesce, presidente nazionale Uisp – Lo sport è un grande fenomeno sociale del nostro tempo e noi scegliamo di operare anche all’interno degli istituti penitenziari del nostro paese perché la cultura del corpo insegna il rispetto dell’altro e di se stessi e diventa elemento fondamentale per migliorare la qualità della vita dei cittadini e ovviamente sono cittadini a pieno titolo anche le persone detenute. La distanza fra cittadino libero e cittadino ristretto esiste sul piano pratico e logistico ma riteniamo che non abbia nessuna ragione di esistere sul piano umano e sociale”.

Il tema sport negli istituti carcerari è al centro di recenti progetti nazionali e internazionali Uisp, come SPFF-Sport in Prison, a plan for the future (Sport in carcere, un piano per il futuro), un progetto che a partire dal 2020 ha mirato a sviluppare buone pratiche, utilizzando lo sport in carcere come ponte di collegamento con altri settori della società.

“Quello del carcere è un tema respingente, un argomento del quale la gente non vuol sentire parlare” parte così il podcast realizzato dall’Uisp sull’esperienza del progetto Uisp Sicilia “Diritti in campo”. Il tema, affrontato dalle giornalista Monica Matano e Laura Bonasera, è quello della comunicazione sociale attraverso lo sport, dal punto di vista dell’intervento sportivo.

“E’ importante difendere gli spazi per storie di sport sociale, anche all’interno della propria redazione – dice Monica Matano, giornalista di Raisport – Spazi che dovono caratterizzare il servizio pubblico tv. Il valore della storia è fondamentale. Sono orgogliosa dello Speciale Carceri ( IL SERVIZIO Rai Sport SU ROMA E FERRARA – IL SERVIZIO Rai Sport SU MESSINA E BOLOGNA) andato in onda perché ho avuto l’opportunità di raccontare le persone e la loro vita in carcere. Lo sport è uno strumento meraviglioso che dà rispetto regole e reinserisce le persone. Far entrare le telecamere in carcere è stata una sfida titanica. Ce l’abbiamo fatta poiché anche questo è fare servizio pubblico: raccontare tutto al meglio. Avevamo le idee chiare. Raccontare il problema da diverse prospettive: il carcere minorile di Bologna, il carcere femminile di Rebibbia, il carcere di Pozzo di Gotto (Me) e quello di Ferrara, dove si teneva Vivicittà. Un universo complesso dove è necessario un sostegno psicologico maggiore. Infine, auguro ai giovani di farsi guidare da una ‘sana curiositas‘ e di scoproire i segreti del mestiere attraverso i maestri del giornalismo. Come diceva il grande Giampiero Galeazzi ‘Siate spiriti liberi”.

Il “metodo” Uisp di intervento nelle carceri attraverso lo sport è stato anche al centro di una tesi di laurea: Adriano Maniscalco, studente di Scienze pedagogiche e dell’educazione presso l’Università degli studi di Genova ha dedicato la sua tesi a Lo sport come risorsa di promozione della legalità e prevenzione della devianza”.

“L’attività sportiva influisce su due caratteristiche molto importanti – scrive Maniscalco – la capacità di autoregolarsi e la libertà, la persona è libera quando si autodetermina nel perseguimento di uno scopo. Inoltre, lo sport può essere un utilissimo strumento per educare alla condivisione e alla cooperazione: nella vita si possono commettere gravi errori e incappare nella giustizia, attraverso lo sport ogni ragazzo ha la possibilità di esercitare la libertà con gli altri in vista di uno scopo perseguito nel rispetto delle regole e del gioco”.

Tra le buone pratiche Uisp che vengono citate nella tesi di Adriano Maniscalco c’è il progetto “Le porte aperte”, che nasce negli anni novanta ed ha coinvolto venti città italiane tra Istituti penali minorili e l’area penale esterna. Si parla poi di “Ragazzi fuori”, che ha raggiunto sei città proponendo attività educative sul campo rivolte a ragazzi dai 14 ai 21 anni. Ultimo in ordine cronologico è il progetto nazionale “Terzo tempo”, che si è concluso nel 2015 ed ha avuto come destinatari minori a rischio e detenuti. Il progetto è stato finanziato da Fondazione con il sud, Enel e ministero della Giustizia e dipartimento minorile. L’intervento ha coinvolto cinque regioni ed oltre alle attività ludico sportive per i ragazzi, ha realizzato anche lavori infrastrutturali negli I.P.M. e in due centri socio-educativi per minori.

 

a cura di Ivano Maiorella