Spigolatrice quantistica

di Roberto Malini

L’arte non deve creare scandalo, ma discussione. Le nostre società hanno scelto di affidarla, quasi sempre, a individui e non a un pensiero collettivo. A volte, quindi, può turbarci; altre volte esaltarci. A Milano ho protestato, insieme ad alcune amiche e amici artisti, perché in città non esistevano statue delle donne celebri: il Comune ci ha ascoltati e a una a una esse stanno prendendo forma negli atelier degli scultori, per arricchire le piazze meneghine.

L’arte non è tenuta a rappresentare la realtà in modo filologico o storico, ma a reinterpretarla. Nell’antichità nessuno sarebbe rimasto turbato dalla nudità dei monumenti, perché gli antichi rappresentavano senza panneggi anche i loro amati dei. Non so dire se mi piaccia la “Spigolatrice”: mi ha colpito più la polemica intorno a essa che la sua estetica. Amo un’arte più forte, originale, capace di risvegliare lo spirito addormentato o indifferente. E amo l’arte antica, quella degli dei nudi e della rappresentazione sublime di ciò che il mondo offre di bello. La “Spigolatrice” non riesce né a emozionarmi né a turbarmi. Non è l’opera, ma è il nostro sguardo un po’ “quantistico” quando si posa su di essa e la giudica bella o brutta secondo l’attimo in cui ne percepisce la forma.