Se vuoi essere perfetto, vendi quello che possiedi e avrai un tesoro nel cielo

I preti mai devono dimenticare gli inviti di Gesù quando disse: Se vuoi essere perfetto, vendi quello che possiedi e avrai un tesoro nel cielo poi vieni e seguimi”; “Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua”; “Chiunque avrà lasciato il padre o la madre, i fratelli o le sorelle, la moglie o i figli, le case o i campi per amore mio, riceverà il centuplo e possederà la vita eterna”…

 

di Andrea Filloramo

 

A Torino un parroco per oltre vent’anni aveva depositato su un conto corrente svizzero denaro proveniente da donazioni fatte alla parrocchia da parte dei fedeli e da vendita di immobili parrocchiali, accumulando così una ricchezza di 2,4 milioni di euro che, dopo essere andato in pensione, ha fatto rientrare in Italia. Ha avuto, però, la sgradita sorpresa d’essere accusato di appropriazione indebita nonostante avesse sostenuto che nelle sue intenzioni non c’era quella di sottrarre un solo centesimo alla parrocchia Gran Madre di Torino di cui era stato parroco ma di restituire tutto al suo successore.

Ma era proprio così?

Le indagini sono partite proprio per lo strano movimento di denaro tra il conto corrente svizzero e quello italiano, fatto dopo le consegne al sacerdote subentratogli nella parrocchia (indagato anche lui perché a conoscenza dei fatti), allertando, così, i sospetti delle Fiamme Gialle. La Curia, parte offesa, ha sporto denuncia contro il prete per appropriazione indebita.  

Quel che è successo a Torino non so se è successo anche altrove in forme magari diverse e con cifre minor o maggiori; ritengo, tuttavia, che non sia raro il caso di parroci di parrocchie considerate ricche, che investono sul loro ruolo di autonomi gestori dell’incontrollata istituzione amministrativa–contabile della parrocchia e non sulla loro identità vocazionale, con il silenzio magari dei vescovi che si sono succeduti nella diocesi che hanno preferito non sapere o con la collaborazione di qualcuno di loro che ha autorizzato qualche compravendita illecita o addirittura illegale.

Tali preti, che si differenziano dai loro confratelli, che a stento arrivano alla fine del mese e dividono il loro pane con i poveri che aumentano sempre di più, non sono sacerdoti ma soltanto imprenditori e collettori segreti di denaro, che conservano per la loro vecchiaia o per acquistare appartamenti o altri beni per sé o per i parenti, dimenticando che si tratta di soldi appartenenti alla parrocchia.

Essi pensano di non essere scoperti in quello che sicuramente si configura come fatto immorale ma anche può essere considerato un reato che il vescovo è obbligato a segnalare alla magistratura. Oltretutto si rammenti che in un periodo di trasparenza nessun dato personale può essere tenuto nascosto.

Essi sanno chiaramente che “pecunia non olet”. L’espressione è nota a quanti conoscono la storia romana, che mi si permetta di rammentare. Intorno al 70 dC, l’imperatore romano Vespasiano decise di istituire una tassa sull’urina “prelevata” dalle latrine romane. All’epoca questo liquido tanto abbondante quanto poco nobile veniva infatti utilizzato dai conciatori per ricavarne l’ammoniaca, necessaria per la lavorazione delle pelli. Al figlio Tito che lo rimproverava di aver tassato persino la pipì, Vespasiano rispose con quella frase diventata celebre: “il denaro non ha odore”.

L’espressione viene usata per indicare, in modo piuttosto cinico, che il denaro è comunque denaro, quale che sia la sua provenienza. La filosofia che sta dietro a questa frase si potrebbe adattare al rapporto sempre più stringente che lega tanti preti al denaro.

Questa categoria clericale ci sarà sempre, senza una riforma che passi attraverso un cambiamento del ruolo del prete, del modo di funzionare delle istituzioni ecclesiali e dei processi decisionali, che realizzi quanto richiesto dal Concilio Vaticano Secondo.

In mancanza di questa riforma è difficile immaginare che in un presbiterio si possano liberare esigenze di radicalità evangelica, che fanno del presbitero una figura di valore spirituale, quella che guida, accompagna, ascolta, aiuta, intercede e raduna una comunità. 

Per il cambiamento ci vuole una complementarità di intenti, organizzati intorno all’idea che l’obiettivo è l’evangelizzazione e solo l’evangelizzazione.

È urgente che l’amministrazione e la gestione del denaro, vivamente caldeggiata del CJC (can 537) in ogni parrocchia, si affidi ai laici.

I preti mai devono dimenticare gli inviti di Gesù quando disse: Se vuoi essere perfetto, vendi quello che possiedi e avrai un tesoro nel cielo, poi vieni e seguimi”; “Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua”; “Chiunque avrà lasciato il padre o la madre, i fratelli o le sorelle, la moglie o i figli, le case o i campi per amore mio, riceverà il centuplo e possederà la vita eterna”.