SCIACALLAGGIO DEGLI ECOLOGISTI SULLA MARMOLADA

La strage della Marmolada ci dà l’opportunità di fare qualche riflessione sul momento storico che stiamo vivendo. E’ capitato altre volte, soprattutto per certi argomenti reputo utile fare riferimento a studiosi certamente più autorevoli del sottoscritto. Comincio con il professore Eugenio Capozzi, che sulla sua pagina fb, ha fatto una profonda riflessione, sicuramente pensando alla strage sulle montagne del trentino.

L’uomo d’oggi si sta aggrappando a una religione deviata, che non più quella bimillenaria del Cristianesimo, dove, “ogni male, ogni sofferenza, ogni turbamento di un ordine perfetto, di un Eden obbligatorio in cui si immagina l’umanità dovrebbe vivere senza morte, dolore, squilibri, imprevisti è da addebitare alla responsabilità umana, e più specificamente ai comportamenti dei singoli, ai loro “peccati”.

Ci sono i poveri? Ci sono le guerre? Ci sono epidemie (“pandemie!”: fa più paura)? Fa caldo? Fa freddo? Piove troppo? C’è siccità? Si stacca un ghiacciaio? È sempre colpa dell’uomo. Anzi, più precisamente è colpa TUA. Perché mangi troppo, non mangi gli alimenti “giusti”, non consumi responsabilmente, vai troppo in auto/aereo/nave, non fai bene la raccolta differenziata, usi la plastica, sprechi troppa acqua, accendi troppo il termosifone/condizionatore, fai troppi figli, fai troppi aperitivi, ti diverti, interagisci troppo con le persone, esci troppo di casa, non porti la mascherina, non mantieni il distanziamento sociale …  E se non sei tu, sono stati i tuoi antenati, come nella favola del lupo e dell’agnello, e tu sei l’erede del “privilegio bianco”, del “razzismo sistemico”, dell’Occidente rapace. In ultima analisi, perché l’uomo è – anzi TU sei – egoista, ingordo, sfruttatore indebito di risorse. La colpa di tutti i mali del mondo è TUA. Sei un peccatore incallito, meritevole di ogni punizione.

L’unico modo per salvarti l’anima, non in vista della vita eterna in cui non credi più, ma almeno per tornare a vivere nel tuo Eden col gregge, alleggerendo per un po’ l’angoscia che ti divora, è sottometterti totalmente al potere tecno-politico, alla Scienza alleata con i “Grandi” della Terra, che ti fornirà quotidianamente i precetti da osservare per scontare i tuoi peccati, le pratiche da eseguire minutamente, grazie alle quali il mondo sarà liberato dal male, e tu recupererai (sempre provvisoriamente, in forma condizionata, sotto l’occhio attento dei tuoi guardiani) la tua dignità di essere umano”.

Dello stesso parere è anche Marcello Veneziani su La Verità di oggi, (I cittadini colpevolizzati per ogni emergenza), in pratica secondo Veneziani “ci stanno inoculando ogni giorno potenti dosi di angoscia attraverso una tempesta perfetta di emergenze…”

Infatti subito dopo l’agghiacciante tragedia del ghiacciaio della Marmolada, peraltro, ancora in corso, perchè si stanno cercando i corpi dei malcapitati alpinisti. Ci sta capitando di assistere ad “un’altra slavina, questa volta cinica e farsesca, sulle prime pagine dei giornali. Tutta la schiera dei professionisti del climate change in servizio permanente effettivo si è subito mobilitata, sfruttando la macabra occasione per promuovere la propria agenda politica, con tutto il suo armamentario retorico catastrofista”. (Federico Punzi, Sciacallaggio sulla Marmolada: ecocatastrofisti subito all’opera, 6.7.22, atlanticoquotidiano.it)

Un esempio su tutti, Mario Tozzi su La Stampa: “Il pianeta si vendica della follia umana” e “c’è un solo colpevole: noi ‘sapiens’”. Due frasi in cui è condensato il meglio, o il peggio, dell’ecocatastrofismo alla Greta.

Sembra di essere di fronte ad una Superstizione primitiva.

In pratica, “da una parte, l’antropomorfizzazione del pianeta, che come una divinità antica che abbiamo provocato, “si vendica” (con la variante della montagna “assassina”); dall’altra, la criminalizzazione della presenza umana sulla Terra, come ha osservato Daniele Capezzone: siamo colpevoli, non più solo per le emissioni di Co2, ma per il solo fatto di esistere, di nutrirci o lavarci”.

Questi ecocatastrofisti come dei nuovi Savonarola del clima invocano la “Scienza”, rigorosamente con la “S” maiuscola, “ma nella loro retorica troviamo la più primitiva superstizione, quella dello stregone che spiega i fenomeni naturali attribuendoli all’ira del Grande Spirito per qualche cattiva azione ricaduta immancabilmente sull’intera tribù. Sì, il clima cambia”.

Nessuno mette in dubbio che la tragedia di domenica scorsa sulla Marmolada sia stata provocata dalla straordinaria combinazione di un inverno molto secco, durante il quale sulle Dolomiti sono state registrate circa la metà delle precipitazioni nevose, e di temperature molto elevate in quota già nel mese di giugno, come hanno osservato gli esperti.

Chiamateli cambiamenti climatici, se volete, ma scoprire che il clima cambia è come scoprire l’alternanza tra il giorno e la notte.

Allora la notizia è che il clima cambia, il pianeta cambia, il paesaggio intorno a noi cambia. Accade dall’alba dei tempi, è nell’ordine naturale delle cose. E di fronte ai cambiamenti del pianeta, le creature che lo abitano o si adattano o si estinguono. L’uomo, finora, ha saputo adattarsi.

I cambiamenti sono troppo repentini? Tutto da vedere, dal momento che abbiamo già alle spalle un buon numero di previsioni catastrofiste sullo scioglimento delle calotte polari e l’innalzamento degli oceani.

Certo, tutti gli amanti della montagna e in particolare delle Dolomiti, compreso chi scrive, ricordano con un pizzico di nostalgia gli imponenti ghiacciai di cui era ricoperta la Marmolada un paio di decenni fa. Ed è un sentimento comprensibile, umano. Ma tutto cambia, dovremo abituarci a nuovi paesaggi e nuove bellezze.

Punzi ammette di non avere le competenze scientifiche, però vuole fare un paio di osservazioni.

Sul fattore umano. Pertanto, “dichiarare con assoluta certezza che questi cambiamenti climatici siano provocati dall’uomo, dalle cosiddette “attività antropiche“, come l’uso di combustibili fossili o gli allevamenti, ce ne corre”.

Inoltre, insiste Punzi, “pensare di raffreddare il clima sulla Terra, o arrestarne i cambiamenti, non utilizzando più motori a scoppio, non accendendo i condizionatori, non mangiando carne o non facendosi una doccia, come se accendessimo o spegnessimo un interruttore, è come fare una danza della pioggia per porre fine ad un periodo di siccità”.

E comunque di questo passo non si fa altro che strumentalizzare e allarmare la gente sui fenomeni meteorologici o climatici, così si alimenta un’informazione emotiva, si esasperano gli animi, si polarizza il dibattito pubblico. L’esatto contrario di un ragionamento scientifico, sperimentale, fatto di tentativi e correzioni.

“Senza escludere che possa portare a gesti estremi e violenti. Soprattutto i giovani vengono bombardati di messaggi oserei dire millenaristi: se “la nostra casa brucia“, se la catastrofe è imminente, a qualcuno potrebbe venire in mente di eliminare i presunti incendiari o anche solo gli indifferenti”.

Sulla tragedia della Marmolada si è occupato anche Riccardo Cascioli che è autore di saggi sul tema dell’ambiente.

Gli incidenti come quelli “del 3 luglio ci fanno anche toccare con mano quanto la natura possa essere matrigna, contrariamente alla concezione idealizzata che da decenni ci viene inculcata. E quanto l’uomo sia piccolo

davanti alla grandezza dell’universo e nulla davanti all’eternità”.(R. Cascioli, Marmolada, sulle vittime la danza degli ecologisti, 6.7.22, Lanuovabq.it)

Invece, ancora una volta, di fronte ad una catastrofe naturale non si fa altro che strumentalizzarla “per fare propaganda ecologista, per dare la colpa al riscaldamento globale ovviamente causato dall’uomo cattivo, che inquina, brucia le risorse naturali, sfrutta selvaggiamente l’ambiente”.

Che si stacchi un pezzo di ghiacciaio, per quanto non sia un evento che accade in continuazione, è un fatto ricorrente. Cascioli fa qualche esempio del passato. Come quello del 21 dicembre 1952 sul ghiacciaio delle Grandes Jorasses, sul Monte Bianco, al confine tra Francia e Italia: «Un’enorme valanga – scriveva la Rivista del Cai (Centro Alpino Italiano) – simile nelle proporzioni a quelle che si staccano dagli immensi ghiacciai dell’Himalaya, si staccò dall’estrema cresta delle Grandes Jorasses e giunse fino al fondovalle: l’ampiezza delle sue fonti era complessivamente di circa due chilometri e il dislivello superato nella discesa di quasi tremila metri». Fortunatamente si salvò il villaggio di Planpincieux. La stessa valle fu teatro di un altro evento del genere il 1° agosto 1993 e in questo caso furono travolti otto alpinisti, tutti morti.

Ma va ricordata anche la catastrofe di Mattmark, in Svizzera, il 30 agosto 1965: una parte del ghiacciaio dell’Allalin si staccò e due milioni di metri cubi di ghiaccio seppellirono 88 lavoratori impegnati nella costruzione della diga di Mattmark, a 2120 metri di altezza. Tra le vittime, ben 56 erano italiani, la tragedia più grave dell’emigrazione italiana dopo Marcinelle.. Da notare però che il 1952 e il 1965 sono anni che fanno parte di un periodo di raffreddamento globale del clima (che è durato all’incirca tra il 1940 e il 1975) e che spinse all’inizio degli anni ’70 a lanciare allarmi sul pericolo di una prossima nuova glaciazione, ovviamente a causa delle attività umane.

Pertanto, per cascioli, Il distacco di pezzi di ghiacciaio è perciò un fenomeno naturale cui concorrono diversi fattori. Certamente il can can della propaganda anti-umana che ancora una volta si è scatenato non ha niente a che vedere con la scienza e con la cura per l’ambiente. Il riscaldamento e il raffreddamento globali sono parti di un ciclo naturale, così come la crescita e il ritiro dei ghiacciai”.

Peraltro secondo il direttore de la NuovaBussola la  propaganda ecologista diseduca alla comprensione della natura. “Presentando il distacco di un ghiacciaio come evento eccezionale legato all’emergenza climatica attuale e senza precedenti, si dà l’idea che la natura sia di per sé statica: in equilibrio perenne se non fosse che siamo intervenuti noi uomini negli ultimi decenni a turbare questo equilibrio e mandare tutto in tilt, da cui tutta questa serie di catastrofi”.

È una grande menzogna: in realtà la normalità della natura è quella di essere dinamica, in continuo movimento, per il clima un succedersi di periodi di riscaldamento a periodi di raffreddamento, e bisogna conoscerla per adeguarsi da una parte e difendersi dall’altra. Perché certe catastrofi naturali – non solo ghiacciai che si staccano – non si possono evitare, ma si possono evitare o minimizzare vittime e danni.

DOMENICO BONVEGNA

dbonvegna1@gmail.com