SALUTE. EPATITE C, ASL TO4: PAZIENTI HCV FRAGILI, VANNO PROTETTI DA COVID-19

“Effettuare uno screening congiunto per Covid-19 ed epatite C penso sia un’iniziativa oltremodo utile e attuale, visto che la recente pandemia, non ancora risolta, ci ha dimostrato quanto sia importante lo screening di massa e l’isolamento dei soggetti affetti dalla malattia infettiva. In questo senso utilizzare strumenti semplici, come i test salivari, potrebbe sicuramente migliorare la raccolta e lo screening dei pazienti HCV positivi. Non si può non tener conto del concomitante problema pandemico e dobbiamo difendere questo popolo fragile anche da un’eventuale infezione da Covid-19″.

Così Roberto Rizzi, dirigente SC Gastroenterologia ospedale Courgné – ASL TO4, intervenendo al corso di formazione ECM sulla gestione dei tossicodipendenti con Epatite C, organizzato dal provider Letscom E3 con il contributo non condizionante di AbbVie. Dopo Pozzuoli, Alessandria, Brindisi, Benevento e Siracusa, la sesta tappa è stata quindi a Torino, dove si è svolto l’incontro dal titolo ‘Buone prassi e networking nella gestione dell’epatite C in soggetti con disturbo da addiction, al tempo del Coronavirus’. I corsi di educazione continua in medicina (che saranno in totale 17 su tutto il territorio nazionale) rientrano nell’ambito del progetto ‘HAND – Hepatitis in Addiction Network Delivery’, il primo progetto pilota di networking a livello nazionale patrocinato da quattro societa’ scientifiche (SIMIT, FeDerSerD, SIPaD e SITD), che coinvolge i Servizi per le Dipendenze e i relativi Centri di cura per l’HCV afferenti a diverse città italiane.

“La diagnosi e il trattamento dei pazienti HCV tra i Ser.D. e i nostri ambulatori di epatologia non potrà che essere migliorata dal progetto HAND- ha poi proseguito Rizzi- I pazienti HCV nei Ser.D. vanno seguiti mano per mano nella conduzione degli esami preparatori per poter iniziare la terapia, viceversa sarebbe altissima la quota dei ‘drop-out’, ovvero dei pazienti che non giungono mai ad un trattamento. In particolare, in questa ottica di collaborazione, stiamo predisponendo un progetto che ci permetta di poter eseguire le elastrografie epatiche già nella nostra sede, riducendo ulteriormente la perdita dei nostri pazienti”. Intanto, secondo l’esperto, è importante riprendere “a pieno” l’attività dello screening nei Ser.D. ed è “piena la nostra disponibilità nel creare un canale preferenziale, autogestito, che porti il paziente ad iniziare la terapia antivirale- ha spiegato- La tipologia dei pazienti HCV presente nei Ser.D. è spesso di pazienti non più giovani, con malattia epatica già in evoluzione, quindi fragili anche di fronte alla pandemia e al rischio di infezione da Covid-19″. Ad intervenire sul tema dei test rapidi salivari è stata invece Angela De Bernardis, direttore del dipartimento Patologia Dipendenze SC Ser.D. Ivrea – ASL TO4, che ha detto: “I test salivari ci danno una mano per riuscire ad avere l’adesione di pazienti che temono il prelievo. E non ce ne servono moltissimi, per esempio noi ne abbiamo ordinati un numero contenuto rispetto alla nostra utenza, perché di fatto una serie di pazienti, che sono ovviamente ancora negativi, si sottopongono volentieri allo screening annuale, mentre quelli che noi riusciamo a testare sono dei numeri molto piccoli e resistono anche al test salivare”.
De Bernardis ha quindi parlato del punto di forza “evidente e atteso” del progetto HAND, che è stato “il rinforzo e il miglioramento a livello di collaborazione e operatività tra i Ser.D., le gastroenterologie e l’ospedale Amedeo di Savoia. L’attenzione data anche a livello mediatico, le informazioni e le richieste di dati ci hanno riportato ad una condizione di assoluta attenzione a questo problema, ma soprattutto a far funzionare bene la rete. Grazie a tutte le azioni che sono state intraprese nell’ultimo anno noi riusciamo a prenotare all’interno della nostra azienda una visita gatroenterologica ad un paziente HCV positivo semplicemente inviando una email al collega”. Ripartire con gli screening, infine, e’ fondamentale ma non è sufficiente per raggiungere l’obiettivo che l’Organizzazione mondiale della Sanita’ ha dettato all’Italia: eliminare l’infezione da HCV entro il 2030. Ma quale deve essere, allora, l’impegno del nostro Paese per garantire una continuita’ nelle terapie per i pazienti con Epatite C? “È evidente che se non abbiamo medici a sufficienza tutte le attivita’ subiscono un rallentamento e di fatto si procede secondo priorita’- ha commentato De Bernardis- E la priorita’ in questo caso e’ rispondere ai bisogni di terapia del paziente; poi, in secondo luogo, va fatto tutto quel lavoro di counseling che deve portare il paziente ad accettare lo screening. Questo e’ imprescindibile- ha concluso l’esperta- diversamente non si potrà migliorare”.