QUANDO WOJTYLA PARLAVA AL POPOLO DI DIO A CRACOVIA

Con i tanti libri ancora da leggere alla fine ne scegli uno con qualche motivazione più significativa rispetto ad altri. Ho letto, “Discorsi al popolo di Dio”, del Cardinale Karol Wojtyla, pubblicati da CSEO Biblioteca (Centro Studi Europa Orientale di Bologna) e Libreria Editrice Vaticana (1978) Potete trovare una versione più recente pubblicata nel 2006 dall’editore Rubbettino su consiglio di due autorevoli figure del mondo cattolico come Rocco Buttiglione e Luca Volontè. Si tratta di alcuni discorsi del pastore della Chiesa di Cracovia, pronunciati nelle grandi occasioni delle festività dell’anno liturgico, della Madonna e dei Santi, alle centinaia di migliaia di pellegrini che ogni anno convergono nei santuari della storia della fede polacca: Czestochowa, Piekary Slaskie, Kalwaria Zebrzydowska.

Il Centro Studi di Bologna ha pubblicato questo volumetto, in formato paperbacks di 272 pagine, appena due mesi dopo l’elezione di Wojtyla a Pontefice della Santa Roma Chiesa. I traduttori hanno inteso conservare anche nel testo italiano l’immediatezza della parola parlata quale risuona nel testo polacco. Presenta il libro con una Nota che sa già di sfida a tutto un mondo, a tutto un Impero che in quel momento dominava mezzo mondo. Soffiava il nuovo vento dell’Est. Soffiava là dove è in corso il più imponente e organizzato tentativo di rinchiudere l’uomo dentro la misura di sé stesso. Soffiava nella terra del Gulag, dove vivere e morire sono accidenti senza significato, ogni memoria di antiche libertà è cancellata, diritti e dignità sono calpestati da un arbitrio senza controlli. Soffiava quel vento, mosso dal sussulto dello spirito dell’uomo e dello spirito di Dio, schiudendo al respiro dei popoli orizzonti di desiderio e albori di certezza oltre l’angusto muro costruitogli addosso con ferocia da un Principe che ha per ministri ideologia, Polizia e Piano quinquennale.

Poi quel vento si è fatto più forte e impetuoso e da oltre cortina, ci ha portato il figlio del popolo cristiano perché sedesse sulla cattedra del magistero della verità e guidasse la Chiesa e l’umanità nel cammino della libertà e della giustizia. Abbiamo bisogno di sapere di più di lui, della sua storia, del suo paese lontano, una conoscenza profonda. E quale migliore occasione che leggere i suoi discorsi degli ultimi tre anni da cardinale del popolo polacco. Ogni discorso del futuro Papa evocano immagini del “Paese lontano”, la Polonia, si intravedono le folle che gremiscono le chiese nei grandi giorni delle feste cristiane, o che accorrono ai santuari che segnano la storia sacra della terra polacca. Leggendo queste corpose e accese omelie del futuro Papa, mi sono chiesto se le avessero lette anche i cardinali che poi lo hanno scelto nel Conclave del 16 ottobre 1978. Il testo è suddiviso in tre sezioni, la prima (Sul mistero di Dio e dell’uomo nelle feste dell’anno liturgico); la seconda, (Sulla storia della salvezza. Nei santuari dei grandi pellegrinaggi); la terza, (Sulla testimonianza cristiana. Nelle feste dei Santi e nel cammino della Chiesa).

In questa prima parte sono prese in considerazione i discorsi in occasioni di alcune feste Liturgiche (Natale, Capodanno, Epifania) E’ nella stalla di Betlemme che tutti i diritti dell’uomo sono stati proclamati e fondati: “Cristo è il primo difensore dei diritti dell’uomo. Chi lo rifiuta, lo combatte, lo nega finisce sempre per rifiutare, combattere, negare anche l’uomo”. E’ nell’avvenimento di Cristo che l’identità del popolo affonda le proprie radici e costruisce la propria cultura. E’ qui che risiede la serietà della storia, tutta la luce di Verità sull’uomo e sulla società. Una Verità a cui restare fedele, “con cui costruire il volto di questa terra”. Alle folle che ogni anno partecipano alla processione del Corpus Domini, il pastore indica i termini concreti dell’adempimento di questo compito e della lotta per la presenza di Dio nella vita della società. Wojtyla spesso fa riferimento ai diritti dell’uomo, alla sua dignità e l’altro tema è quello dell’ateismo come programma di Stato. “È difficile accettare l’ateismo come programma politico! Afferma il cardinale di Cracovia, “È difficile accettarlo. Infatti, si può capire che l’uomo cerchi e non trovi; si può capire che l’uomo neghi; ma non si può capire che all’uomo si dia l’ordine: non ti è permesso credere!”.

L’ateismo come fondamento dello stato è incomprensibile dal punto di vista dello sviluppo dell’umanità. Non si può tacere su questo. “Non è possibile che un gruppo di uomini, secondo Wojtyla, imponga a tutta la Nazione un’ideologia, una visione del mondo che è in contrasto con le convinzioni della maggioranza”. Wojtyla fa spesso riferimento alla Nazione, alla Patria. La Polonia è costituita da tutti, credenti e non credenti. “Ma non può succedere che, come deve essere la Polonia, lo decidano i non credenti contro i credenti”.” La Polonia ha mille anni di storia! La Polonia è questo Wawel, questa cattedrale, queste tombe dei re! La Polonia è tante vittorie e tante sofferenze!”. Un altro tema ricorrente nei discorsi del cardinale di Cracovia è quello della Libertà religiosa e di coscienza. Il riferimento è alla Carta dei Diritti dell’Uomo, approvata dall’Onu e poi al documento di Helsinki. “Tutte le realtà della vita sociale e statale devono essere strutturate in modo che questo diritto non venga violato; in modo che la vita pubblica dall’alto non crei privilegi per gli uni, i non credenti, e situazioni difficili per gli altri, i credenti”. La Chiesa anche qui in Polonia non cerca il potere, ma “dare testimonianza alla Verità di Dio e dell’uomo!” E’ un grande errore storico che si sta attuando sotto gli occhi di tutti credenti polacchi, ora bisogna correggerlo immediatamente. “Tutti amiamo la Polonia, la nostra Patria!”, “non possiamo trattare queste folle enormi di credenti come cittadini di seconda categoria, solo per il fatto che sono credenti!”. Wojtyla è abbastanza chiaro, rivolgendosi ai credenti durante la processione del Corpus Domini del 1976, afferma: il discepolo “non può essere un uomo tiepido, neutro: deve essere un confessore, poiché nella professione di fede si esprime il rapporto pieno con la verità, con Dio che è la verità”.

E insiste: “i nostri tempi hanno bisogno in modo particolare di confessori che creano dei confessori”. E nella Notte di Natale del 1976 Wojtyla ricordava a tutti i polacchi che Gesù Cristo ha formato l’ossatura della nostra storia, della nostra cultura. La storia e la cultura polacche sono emerse dal cristianesimo e questa è, in verità, un’opera provvidenziale. Grazie a questo noi possediamo un nostro carattere nazionale, una nostra letteratura, una nostra tradizione che ci contraddistingue tra tutti i popoli dell’Europa e del mondo. E’ nella fedeltà ad essa che noi siamo noi stessi”. Proprio questo fondamento ci ha permesso di superare i momenti difficili della nostra storia. “Per questo la cosa fondamentale per noi non cessa di essere la questione della nostra identità nazionale, il volere essere noi stessi! E ogni volta che termina un nuovo giorno nella storia della Polonia, ogni polacco si pone la domanda: abbiamo forse perduto qualcosa, abbiamo forse gettato via qualcosa di questa magnifica eredità, dell’indipendenza, dello spirito della Nazione?” Vale la pena dilungarsi in queste citazioni, meritino la nostra attenzione, perché sono pronunciate da un grande uomo. Nei discorsi nei santuari dei grandi pellegrinaggi. il libro di CSEO disegna una geografia della fede segnata dai luoghi sacri della storia della Nazione polacca. Il popolo vi accorre per rinnovare la memoria delle origini della sua identità, e vi incontra il volto della Madonna, la Madre”. A cominciare da Jasna Gora, il santuario della Madonna Nera, Regina della Polonia, Madre e Patrona del popolo, della sua unità, della sua dignità e della sua libertà. I grandi pellegrinaggi popolari offrono a Karol Wojtyla, al Pastore, l’occasione per “richiamare il popolo alla fedeltà alle proprie origini e alla lotta per la difesa della propria cultura contro i nemici di oggi”. Nel 1977 a Jasna Gora, Wojtyla fa un significativo discorso nella festa di tutti i polacchi. Parte dalle Promesse del re Giovanni Casimiro, re di Polonia, promesse che hanno carattere religioso, morale, ma anche sociale. Re Casimiro promise di cambiare lo stato sociale della Polonia del suo tempo. Tutti quelli che hanno voluto rinnovare e ricostruire la Repubblica si collegano alle promesse di Giovanni Casimiro. A Jasna Gora Wojtyla rinnova quelle promesse che sono unite alla vita della Nazione, nella tradizione della Chiesa in Polonia e nella venerazione straordinaria della Madonna. Promesse antiche e anche quelle contemporanee sono oggi violate e calpestate, per questo i Vescovi ora li rinnovano. Attenzione per Wojtyla, “non si tratta di parlare a vanvera, si tratta di dare una garanzia maggiore; queste Promesse, infatti, non ci impegnano solo come un monumento, come un documento, un atto del passato. Ci impegnano come condizione per il futuro. Questo è il programma di vita del popolo! Questo è il programma di base della vita della Nazione”. Wojtyla dà una importanza fondamentale alla Storia, alla Memoria, alle date. Occorre insegnare la verità sulla propria storia“.

Il pastore insiste, “I giovani, la nuova generazione di Polacchi devono apprendere l’intera verità sulla storia del loro popolo e possano assimilare a sè, in tutta la sua pienezza – non ridotto e non manipolato – il contenuto della cultura polacca, della letteratura polacca, della musica polacca e tutto ciò che lo spirito polacco cristiano ha espresso nel corso dei secoli”. E inoltre, sottolinea che le promesse a Jasna Gora, vengono fatte proprio l’8 maggio, festa di San Stanislao, vescovo e martire, patrono della Polonia e della città di Cracovia. E’ un bene che rinnoviamo le promesse proprio in questo giorno “perché questo ci permette di risalire ancora più a fondo nel passato. All’inizio della nostra Storia dell’anima polacca stanno due santi: il vescovo missionario Adalberto di Praga e il vescovo Stanislao di Cracovia. Entrambi nella storia della nazione e della Chiesa portarono dei contenuti fondamentali, degli argomenti fondamentali, costruirono i fondamenti”. Stanislao difese l’ordine morale, difese l’uomo, più volte disse al re Boleslao II, “non ti è permesso”.  “Non perché non rispettava il re – ci tiene a precisare il Cardinale – solo perché la sostanza del potere è l’ordine morale, la giustizia sociale, la purezza dei costumi”. Sostanzialmente Wojtyla ad ogni pellegrinaggio ricorda le radici cristiane della Polonia, il futuro Papa, cerca di far comprendere ai suoi fedeli che loro sono figli di una cristianità polacca da Mille anni. È questa l’eredità autentica.

“In ognuno di noi infatti affonda le sue radici questo patrimonio che è formato di generazioni, secoli, successi e sconfitte, vittorie e disfatte. Noi non possiamo vivere viverne al di fuori, non possiamo: è la nostra anima. Viviamo di questo intero patrimonio che ha il nome di Patria, che ha il nome di Nazione e viviamo come cristiani questa nostra eredità polacca, questo nostro millennio polacco, questo nostro cristianesimo polacco”. Nel pellegrinaggio degli uomini del 1977 a Kalwaria Zebrzydowska fa un bel discorso sull’importanza della catechizzazione nella famiglia e nella parrocchia. “Non ci si può accontentare che il fanciullo vada al catechismo. A questa catechizzazione del fanciullo deve corrispondere una catechesi della famiglia”. Non è solo questione di Chiesa, ma anche di genitori che devono fare la propria parte. Qui Wojtyla, ribadisce che insieme alla catechesi dei fanciulli, dei giovani, serve quella degli adulti. Alla fine del pellegrinaggio degli uomini del 5 giugno 1977, Wojtyla esorta a “difendere la nostra Nazione contro l’ateizzazione forzata, in qualsiasi sede essa si compia, nella scuola o negli uffici o nell’esercito. Lo stato non ha il diritto di ateizzare, perché il potere gli viene dalla Nazione. Dobbiamo difenderci di fronte alle varie forme di questa forzata laicizzazione”. Dopo aver letto questi discorsi di Karol Wojtyla prima di diventare Papa, mi sembrano abbastanza fondate le preoccupazioni dei capi comunisti al Cremlino. Sarei tentato di continuare visto la grande profondità delle parole del futuro Giovanni Paolo II, mi fermo, il testo pubblicato dal CSEO affronta la terza sezione, dei discorsi nelle feste dei Santi e nel cammino della Chiesa. Si comincia con Santo Stefano.

DOMENICO BONVEGNA

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