Pregate perché non fugga per paura davanti ai lupi

Pregate perché non fugga per paura davanti ai lupi. Non se può più dei dubbi e delle incertezze che il tradizionalismo cattolico semina su Papa Francesco. Cerchiamo, quindi, di essere il più possibilmente chiari. Questo è almeno il mio intento. Dopo l’esplosione dello scandalo della fuoruscita di notizie e documenti riservati al Papa dal Vaticano (Vatileaks) Benedetto XVI nominò una Commissione composta da tre cardinali…

 

di ANDREA FILLORAMO

 

Non se può più dei dubbi e delle incertezze che il tradizionalismo cattolico semina su Papa Francesco. Cerchiamo, quindi, di essere il più possibilmente chiari. Questo è almeno il mio intento. Dopo l’esplosione dello scandalo della fuoruscita di notizie e documenti riservati al Papa dal Vaticano (Vatileaks) Benedetto XVI nominò una Commissione composta da tre cardinali: lo spagnolo Juliàn Herranz, lo slovacco Josef Tomko e l’italiano Salvatore De Giorgi, con l’incarico di indagare e di riferire ai cardinali elettori. Essi hanno consegnato al Pontefice due mesi prima delle sue dimissioni un dossier che Joseph Ratzinger ha trasmesso direttamente e brevi manu al suo successore Papa Francesco non appena egli è stato eletto.

In tale dossier probabilmente non si parlava di scandali sessuali che coinvolgevano personalità vaticane in quanto essi non avevano a che vedere con il Vatileaks ma ciò non significa che nella valutazione complessiva di quanto avveniva nella Chiesa la Commissione e i cardinali elettori non dovessero tenere conto. È indubbio che il contenuto del dossier, sconosciuto ai più, abbia definitivamente indotto il Papa esausto di quanto gli accadeva intorno alle sue dimissioni, che erano motivate anche dagli attacchi concentrici che gli arrivavano da ogni parte, dalle controverse che lo ferivano continuamente. Lo sapeva chiaramente il papa tedesco, già da quando era stato eletto quanti nemici si portava appresso anche perché precedentemente era stato il braccio destro di Giovanni Paolo II.

Difficile dimenticare il famoso «pregate perché non fugga per paura davanti ai lupi», della sua Messa di insediamento. Si illudeva Ratzinger che divenuto Papa potesse incidere con il suo presunto programma di pulizia e di risanamento della Chiesa e che la casta dei curiali, alla quale per molti anni anche lui era appartenuto lo appoggiasse nella sua ipotetica e irreale impresa. Non si era reso conto delle difficoltà o dell’impossibilità di smontare un sistema al quale lui stesso aveva contribuito in modo determinante a implementare e che, quindi, la preghiera che aveva chiesto era insufficiente… perché “Dio operasse un miracolo”. 

E poi gli era mancato quel fiuto politico necessario a chi esercita qualunque tipo di potere nella scelta dei suoi collaboratori. Sarebbe veramente lunga la lista degli arrampicatori curiali, promossi dal papa tedesco e fra questi il cardinale Tarcisio Bertone fatto Segretario di Stato, che egli volle vicino fino alle sue dimissioni, che è stato poi giubilato da Papa Francesco, celebre per la nuova residenza avuta nel Vaticano, una volta che è andato in pensione, diventata il simbolo di una casta, quella dei cardinali, amanti del lusso, della bella vita. Ricordiamo che la nuova residenza è stata al centro di feroci polemiche non solo per il costo astronomico della ristrutturazione ma per l’ampia metratura, un super attico di quasi 500 metri quadrati, frutto dell’accorpamento di due appartamenti cardinalizi situati in uno dei palazzi ottocenteschi vicini all’ingresso del Perugino, praticamente a cinquanta metri dalla casa di Bergoglio, il pensionato di santa Marta. Quando hanno mostrato a Papa Francesco l’ubicazione dell’appartamento di Bertone, si racconta che sorridendo abbia fatto capire che in fondo andava bene così, che non si sarebbe opposto, e che quel passaggio sarebbe servito per allontanarlo convenientemente dal Palazzo Apostolico. Il cardinale Parolin potrà finalmente trasferirsi nell’appartamento in dotazione al Segretario di Stato, nel Palazzo Apostolico. Fino ad allora aveva vissuto a Santa Marta in attesa che Bertone liberasse l’alloggio.

Disastrosa è stata quindi l’eredità, così come descritta dal dossier della Commissione pontificia che i cardinali elettori hanno consegnato a chi – fra tanti – sarebbe stato il successore di Pietro: Bergoglio (papa Francesco)che non solo con le sue parole ma attraverso la sua vita e la concretezza dei suoi atti vuole non tanto una Chiesa per i poveri, ma anche una Chiesa povera, ricca della povertà di Cristo, ovvero una Chiesa che metta al centro l’essere più che l’avere, e che sposi la povertà come dimensione costitutiva dell’essere cristiani nel mondo di oggi secondo lo spirito delle beatitudini. Papa Francesco ha sicuramente tanti amici, ma soprattutto molti e accaniti nemici. Gli oppositori sono arrivati subito, a poche settimane dalla sua elezione, quando l’ormai ex arcivescovo di Buenos Aires,  ha rifiutato i segni della regalità pontificia: croce d’oro, mozzetta e scarpe rosse, rocchetto ricamato di pizzo e il trono per ricevere l’atto di obbedienza dei cardinali elettori. Soprattutto perché il pontificato di Benedetto XVI, aveva rispolverato dal museo i paramenti di Pio IX e il trono di Pio XII. Nemici che in questi ultimi anni si sono decisamente moltiplicati, soprattutto all’interno della Curia romana dove ci sono cardinali che non nascondono che se tornassero sotto le volte della Cappella Sistina non darebbero più il loro voto a Bergoglio. Desacralizzante, comunista, marxista, peronista, eretico, scismatico e populista: le accuse non sono mancate e sono diventate pesantissime. Alimentando il sogno “sedevacantista” di archiviare questo pontificato e di poter tornare presto ai fasti anacronistici del papato risorgimentale. I nemici Francesco li ha avuti fin da subito nel collegio cardinalizio: da Raymond Leo Burke che ha più volte manifestato la sua volontà di “resistere alle decisioni papali”; a Carlo Caffarra, Walter Brandmüller e Joachim Meisner che insieme a Burke si sono opposti alle aperture ai divorziati risposati; a Gerhard Ludwig Müller reo di aver ostacolato l’opera di tolleranza zero nel contrasto alla pedofilia del clero; fino ad Angelo Bagnasco che ha incarnato una CEI che non ha saputo per nulla sintonizzarsi sulla rivoluzione chiesta da Francesco di una “Chiesa in uscita, accidentata, sporca e ferita”. Oppositori dichiarati come l’arcivescovo ciellino Luigi Negri che non ha mai risparmiato violentissimi attacchi contro Bergoglio e le sue aperture ai divorziati risposati. Oggi il cammino che conduce al rinnovamento della Chiesa non può fare a meno della testimonianza di Bergoglio, un argentino che anche quando tace fa sentire molto forte il grido assordante della sua coscienza che lotta perché ritiene insopportabile che i cristiani vivano come se Cristo non ci fosse mai stato.

La sua rivoluzione appare lenta, talvolta anche incerta, solo abbozzata, trasmessa con un linguaggio inusitato, e forse lo è anche perché ci sono preti, vescovi e cardinali che sono di ostacolo alla sua realizzazione pur professando ipocritamente un cristianesimo che non ha nulla di cristiano.

Essa   è destinata a continuare anche durante i prossimi pontificati, quando il messaggio cristiano finalmente si libererà dai miti, dalle favole, da un’esegesi biblica e dei Vangeli che non tiene conto delle particolari tipologie con cui Primo e Nuovo Testamento sono stati scritti. Continuerà quando non ci sarà più il devozionismo, il miracolismo. Tutto ciò forse in virtù di un nuovo Concilio, il “Concilio Vaticano terzo”, che sancirà la fine del tradizionalismo che oggi semina dubbi ed incertezze su Papa Francesco.