Più di un editore italiano di libri su quattro è stato contattato dalle aziende che sviluppano sistemi di Intelligenza Artificiale per dare in licenza i contenuti pubblicati, ma meno del 4% di questi ha siglato un’intesa

Più di un editore italiano di libri su quattro, il 27,7%, è stato contattato per dare in licenza i contenuti delle opere pubblicate alle aziende che sviluppano Large Language Models, ovvero i sistemi di Intelligenza Artificiale in grado di comprendere e rispondere in linguaggio naturale, come ChatGpt, Gemini o Claude. Tuttavia in questa fase prevale la prudenza: solo il 3,7% di questi ha concluso uno o più contratti di licenza. Il 37% ha già escluso di concedere la licenza, il 59,3% sta valutando il da farsi. 
Il dato è contenuto nella prima ricerca sistematica realizzata in Italia sull’uso di strumenti di Intelligenza Artificiale (IA) nelle case editrice e che è stata presentata oggi a Più libri più liberi, la Fiera nazionale della piccola e media editoria organizzata dall’Associazione Italiana Editori (AIE) dal 4 all’8 dicembre alla Nuvola dell’EUR, durante l’incontro L’Intelligenza Artificiale in casa editrice: per fare cosa? Sono intervenuti, dopo i saluti del presidente di AIE Innocenzo Cipolletta, Andrea Angiolini (delegato AIE all’innovazione), Cristina Mussinelli (responsabile AIE per il digitale) e Nicola Cavalli (Ledizioni).

“Con questa ricerca confermiamo il nostro impegno per l’innovazione – ha commentato Innocenzo Cipolletta –. Lo sviluppo delle IA ci vede impegnati prima di tutto accanto ai nostri partner europei per ottenere una legislazione chiara ed efficace a tutela del diritto d’autore, ma al contempo monitoriamo l’adozione di strumenti di IA da parte delle imprese per sostenerle in questo processo. Il gap a sfavore degli editori più piccoli ci conferma che sono necessarie politiche industriali pubbliche che permettano a tutti di cogliere le opportunità delle nuove tecnologie, anche a chi ha risorse economiche limitate”.

“Gli strumenti di IA sono entrati diffusamente nei flussi di lavoro delle case editrici a più livelli – spiega Andrea Angiolini –. Come Associazione supportiamo tutti gli editori in questo momento di forte innovazione, fornendo innanzitutto la formazione necessaria per cogliere le opportunità delle nuove tecnologie evitando allo stesso tempo i rischi collegati a un’adozione acritica”.

Per le case editrici italiane l’IA è uno strumento, o una serie di strumenti, che già oggi sono utilizzati nei flussi di lavoro, ma allo stesso tempo questa tecnologia alimenta preoccupazioni sul versante del rispetto del diritto d’autore e dell’affidabilità nelle risposte che fornisce. All’indagine hanno partecipato 97 editori, per un totale di 184 marchi editoriali coinvolti.