PER UNA LETTURA CATTOLICA DELLA STORIA E DELL’ATTULITA’

Oggi secondo lo scrittore cattolico Vittorio Messori ai credenti sembra mancare una “lettura cattolica della Storia” e non solo, ma anche quella di saper leggere l’attualità. Messori con i suoi studi, i suoi articoli, e soprattutto con i suoi libri, da molto tempo aiuta i cattolici a saper discernere, a giudicare gli eventi. E’ così con “Le cose della vita”, pubblicato da Sugarcoedizioni (2009), il lettore trova delle “perle” interessantissime da conoscere. Comincio con la questione dell’ “effetto serra”. Una volta i vecchi scuotevano il capo e dicevano: “il tempo non è più quello di una volta”. Più che riferirsi alla realtà, significava una nostalgia per la giovinezza. Messori non ha molta simpatia per certa ideologia verde, il loro terrorismo psicologico non è disinteressato. Nel verdismo sono confluiti i vedovi del ‘68. “Sono bastati un paio di inverni miti e di estati calde per imbastire una gigantesca campagna internazionale su quello che hanno chiamato ‘effetto serra’. I veleni, cioè, accumulandosi nell’atmosfera, impedirebbero al calore di disperdersi, facendo implacabilmente aumentare la temperatura del pianeta. Decine di convegni, centinaia di articoli, slogan di propaganda elettorale, manifesti e cortei. E, soprattutto, il terrorismo ‘scientifico’: lo dicono gli esperti, è così, guai a discuterne! O volete forse insinuare che ‘scienza’ è un’opinione?”. Questi stessi esperti ambientalisti negli anni ‘70, parlarono di “nuova glaciazione”, a causa di una serie di estate fresche e di inverni rigidi. Anche allora si dava la colpa al sistema, alle “Multinazionali” di aver rovinato il tempo. Attenzione avverte Messori, “l’ecologia è cosa troppo seria per lasciarla agli ecologisti”, con lo stesso messianismo prima ci afflissero con l’ideologia rossa, ora con quella verde.

E restiamo nell’ideologia rossa o verde. Messori ci offre delle interessanti informazioni su una figura carismatica, il socialista Pietro Nenni. Al ritorno dalla Cina nel 197, intervistato da Oriana Fallaci emette un giudizio sul timoniere comunista Mao Tze Tung: è un uomo vivo, ed io mi trovo bene con gli uomini vivi. Bisognerebbe vedere i milioni di cinesi, “non più vivi” a causa delle stragi comuniste, se sono d’accordo. Anche sui Kolkoz sovietici esprime un giudizio positivo. Nenni fu tra quelli che spinsero l’Italia a partecipare alla Prima Guerra mondiale, che ci è costata oltre 650 mila morti.

Sempre su Nenni è quello che nel 1948, rifiuta il Piano Marshall, perché americano, auspicando di accettare quello sovietico e soprattutto di non aderire al blocco occidentale. E scommettendo che i Paesi del blocco orientale avrebbero superato quelli dell’Occidente aiutati dagli americani.

Pensierini sulle donne con l’elmetto. Nell’esercito americano ormai superano il 10 per cento, ma le femministe dicono che non basta. Il loro ideale sarebbe metà maschi e metà femmine sotto le armi. “Anzi, il movimento di liberazione della donna protesta perchè, pur presenti in prima linea, le soldatesse non sono però ai comandi degli aerei da combattimento”. Allora il coinvolgimento delle donne nella guerra, al pari di altri mali, è una novità portata dalla Rivoluzione francese. “E’ il concetto giacobino della guerra ‘totale’, perché coinvolge la totalità della nazione. Non più dunque, come sempre era stato, una guerra il più possibile limitata, tra professionisti. I giacobini volevano che la guerra divenisse un affare di tutti, una mobilitazione generale, per la distruzione totale dell’avversario”. Così tutti i regimi totalitari moderni finirono con l’avere eserciti femminili; pure le democrazie come gli Stati Uniti. Pertanto la donna ormai non è più una persona di pace o di speranza, di aiuto, è quella che sta dietro una mitragliatrice che cerca di falciarti. “Siamo sicuri di averci guadagnato, maschi o femmine che siamo? E il femminismo, esigendo il fucile anche per le donne, è davvero certo di averne migliorato l’immagine, di averle ‘liberate’, di averle aiutate a ‘realizzarsi’”.

A proposito di Savonarola, che viene visto come il campione della lotta al papato, uno dei padri della Riforma italiana o di quella chiesa nazionale sull’esempio del Protestantesimo. Anche in questo caso secondo Messori ci troviamo davanti a una mistificazione. “Sia nella dottrina che nella vita, Savonarola non volle mai essere altro che un rigoroso cattolico. Allontanarsi dalla Chiesa romana è allontanarsi da Cristo”, ripeteva nelle prediche infiammate, che erano sempre non tanto contro il papato, ma contro quel papa. Messori insiste: “non c’è assolutamente nulla, in Savonarola, che lo distacchi dal dogma cattolico, che faccia di lui un precursore del protestantesimo”. Anzi voleva far ritornare la Chiesa agli anni luminosi del Medio Evo, del “suo” san Tommaso d’Aquino.

Continuando il discorso Messori mette in guardia da coloro che vogliono “fare del mondo intero un chiostro”, quello che voleva fare Savonarola della sua Firenze, la “Città di Dio”. Imporre a tutti che si comportassero come dei monaci penitenti, dove la polizia vegliava sui costumi a suon di multe, prigione. Savonarola, “cercava di imporre a tutti un ascetismo che, nella prospettiva cattolica, è solo dei ‘vocati’. Dalla teocrazia di Savonarola, c’è una lezione: “voler trasformare il mondo in un convento significa porsi nel rischio di trasformarlo in una caserma e poi in una prigione”.

Nella scheda (49) il testo di Messori propone una riflessione sul principio della  Sussidiarietà, uno dei fondamenti della Dottrina Sociale della Chiesa, che guarda al reale e non come fanno le ideologie con le “ingegnerie sociali” con le loro pericolose utopie. La Dottrina sociale non propone una società “clericale”, “dove si perda la salutare distinzione evangelica tra ciò che è di Dio e ciò che è di Cesare”. Non si tratta di imporre a tutti uno “schema” sociale teorico, una gabbia che abbia poi bisogno della costrizione poliziesca. Messori ricorda i tre principi ordinatori della Dottrina sociale della Chiesa: 1 la solidarietà; 2 il bene comune; 3 la sussidiarietà.

Passo a segnalare la scheda numero 62 sugli Animalisti. Messori parte da una vignetta abbastanza buffa, apparsa negli anni Trenta su un giornale nazista. C’è Hermann Goring, il creatore della Luftwaffe, con camicia bruna e svastica, sfila col braccio levato, il “saluto ariano”, davanti al gerarca sono schierati cani, gatti, conigli, ratti, tutti impettiti sulle zampe posteriori e con la zampa anteriore destra levata nel saluto. Sullo sfondo, un manifesto con le parole: la vivisezione è proibita, sotto la firma di Goring.

Con questo disegno il partito mostrava la “gratitudine” degli animali a colui che, da appassionato zoofilo, aveva ottenuto una legge di tutela straordinaria per le bestie, compreso di impiegare animali come cavie per la sperimentazione di nuovi farmaci. Alcuni storici sostengono che il nazismo poteva essere considerato un movimento ecologico, con una ecologia assai più coerente di quella attuale. “il cosiddetto ‘razzismo’ nazista non è, a ben guardare, che ‘ecologismo’ applicato pure alla specie umana: come ci sono acque pure e acque inquinate, così, per Hitler e soci, avviene per il sangue, la specie, la razza.I lager per gli ebrei, zingari, omosessuali, non erano altro che ‘depuratori’ per isolare il materiale umano ‘tossico’ da quello ‘pulito’”.

La soppressione dei neonati malformati e per l’eutanasia dei malati mentali, paralitici, inguaribili in genere, per Messori, rispondevano a una logica ‘ecologista’ portata alle sue conseguenze naturali. Non solo ecologismo nazista, ma anche animalismo, pertanto a Norimberga Goering, avrebbe dovuto essere proclamato patrono dei “bestilisti”. Anche Hitler era attento alla salute degli animali, non sopportava che gli animali potessero essere uccisi. Lanciava insulti virulenti contro gli spagnoli, che amavano la corrida, dove venivano sacrificati i tori. Anche l’impero britannico si distingue per la protezione degli animali, accompagnato spesso con il disprezzo degli indigeni. Comunque Messori precisa che lui non disprezza affatto gli animali, soltanto mette in guardia dal pericolo di ogni “ismo”. Attenzione a non sovvertire l’ordine voluto dal Creatore, con certe fanatiche e intolleranti ossessioni di “bestialismo”. Alla base di questo radicalismo animalista, si nega la differenza “ontologica” di natura, tra l’uomo e ogni essere vivente. La “democrazia ecologica”, assicura la parità di diritti tra una persona umana e un animale, spesso viene negato il concetto stesso di “persona”.

Interessanti le riflessioni di Messori su Mario Scelba, ministro degli Interni democristiano, tanto vituperato dal culturame sinistrorso, definito il “manganellatore”, il “boia”, lo “sbirro”. Al di là dei limiti del personaggio, la sua figura andrebbe approfondita. Scelba fece la sua resistenza, corse i suoi rischi senza farne correre agli altri, come fecero i partigiani comunisti Rosa Capponi e Rosario Bentivegna a Roma, in via Rasella, prima provocarono la strage dei tedeschi altoatesini e poi si rifiutarono di presentarsi alla intimazione tedesca. Tornando al cattolico Scelba, dopo aver combattuto il fascismo, combatté a viso aperto l’altra faccia del totalitarismo, il partito comunista italiano. Lo combattè non per instaurare qualche altro regime, magari “clericale”, ma per difendere la democrazia.

A proposito di politica, affrontando il tema su come governare gli uomini, Messori ricorda che il pensiero cattolico non ha “assolutizzato mai alcuna forma politica”. Pertanto sbagliano certi cattolici quando sono sedotti da certi sistemi democratici. “Il pensiero cattolico ha sempre saputo che qualunque regime – anche il più perfetto sulla carta, il più nobile in teoria – è poi incarnato concretamente da uomini che il peccato originale ha reso un impasto di coraggio e di viltà, di altruismo e di egoismo, di grandezza e di miseria.  Ecco perché la Chiesa ha puntato sempre non tanto sul perfezionamento delle strutture, ma su quello degli uomini. “Più che mirare astrattamente a un ‘buon governo’, si è tentato di contribuire a fare dei ‘buoni governanti’”. Insiste Messori, “la migliore struttura socio-politica distillata dalla teoria può diventare un incubo, se gestita da uomini indegni”. Non basta riformare il sistema, servono gli uomini “riformati”. E’ quello che hanno fatto, sforzandosi i gesuiti, barnabiti, scolopi e tanti altri, per assicurare una formazione cattolica alla classe dirigente. E non bisogna scandalizzarsi come fanno certi vetero-contestatori che accusano questi religiosi di essersi occupati solo dei “ricchi”, dei potenti, di coloro che “contano” e di aver abbandonato la povera gente. Non è così, Messori puntualizza che accanto ai “collegi dei nobili” di gesuitica o barnabita memoria, sorsero collegi o oratori per i derelitti.

A quello che si scandalizza, Messori ricorda che la priorità non è quella di lottare “per cambiare il sistema astratto di governo; sempre relativo, imperfetto, insoddisfacente, perché il meglio assoluto non esiste in queste materie e il massimo che la politica spesso può fare è limitare i danni”. La priorità è quella di riempire il più possibile le strutture di governo con buoni governanti. Ecco perché si badava a “formare al dovere, al senso di solidarietà e di giustizia, alla mitezza,, il rampollo di nobile famiglia destinato a gestire il potere pubblico”, in pratica era il modo più “efficace per occuparsi anche della sorte del contadino, dell’operaio, dell’artigiano, che avrebbero poi subito gli effetti concreti di quel potere”.

Chiudo con la pagina della Vandea. Un nome che evoca genocidio, terrore, ma anche un popolo resistente guidato da eroi e martiri. Lo storico Reynald Secher, con le sue rigorose ricerche ben documentate, riesce dopo duecento anni a scrivere la vera storia della repressione del popolo vandeano durante la Rivoluzione francese. La casa editrice Effedieffe, pubblica nel 1990 due importanti libri sul genocidio vandeano, un programma di sterminio attuato dagli eserciti rivoluzionari giacobini. Il popolo cattolico prese le armi e costrinse i nobili recalcitranti a mettersi al loro comando per reagire alla violenza rivoluzionaria. Tante volte mi sono occupato di questa entusiasmante pagina di storia, non posso dilungarmi oltre, vi rinvio ai miei interventi di qualche anno fa.

DOMENICO BONVEGNA

dbonvegna@gmail.com