
Il 10 e l’11 luglio scorso a Roma si è svolta una Conferenza per ricostruire l’Ucraina, “Che cosa ha voluto significare questa Ukraine Recovery Conference svoltasi a Roma alla presenza di 70 nazioni e 40 organizzazioni internazionali, oltre a migliaia di aziende provenienti da tutto il mondo, per impostare la ricostruzione del Paese, straziato da tre anni e mezzo di guerra dopo l’invasione russa del febbraio 2022?” È una domanda a cui ha tentato di rispondere Marco Invernizzi, responsabile nazionale di Alleanza Cattolica, una realtà culturale che da decenni si occupa studiando anche di questioni geopolitiche, pertanto in grado di poter dare delle risposte autorevoli.
Fa male ascoltare o leggere commenti disfattisti sui social da parte di presunti “amici” che dovrebbero invece esprimere giudizi più equilibrati e realistici sulla guerra nel cuore dell’Europa. Invernizzi vuol far comprendere che una riunione di questa portata è un gesto rilevante e fondamentale, forse dopo tanto tempo, finalmente, l’Europa ritrova la forza anche per grande merito dell’Italia, della presidente del Consiglio, per dare una risposta unitaria a questa grave crisi politica europea. Certo ancora l’aggressione e l’occupazione militare della Federazione Russa nei confronti dell’Ucraina continua, i bombardamenti delle sue città pure. Cosa bisogna fare subito? Aiutare gli ucraini a difendersi con le armi e le sanzioni. “Il tema delle armi è decisivo per proteggere la popolazione da droni e missili che ogni notte l’esercito russo scaglia sulla popolazione. Senza i patriot, che colpiscono i droni russi prima che cadano sulle città ucraine, sarà difficile resistere […]” (Marco Invernizzi, Gloria all’Ucraina, 14.7.25, alleanzacattolica.org), sono molto importanti anche “le sanzioni contro la Russia, perché andrebbe a colpire un’economia di guerra che sostiene il conflitto e che potrebbe mutare soltanto di fronte a un atteggiamento netto da parte Usa, costringendo i russi al tavolo delle trattative”.
In questo clima caratterizzato dall’aumento dell’aggressività russa di fronte alle incertezze americane, finalmente l’Europa sembra avere dato un segnale di unità e di iniziativa politica. Infatti, come ha scritto Giovanni Orsina sul Giornale (7 luglio), il problema dell’Europa oggi è proprio l’assenza completa di una qualsiasi iniziativa politica, perché in Europa mancano i presupposti per la politica. E presupposti per la politica, fa notare Invernizzi, sono i riferimenti culturali e spirituali a cominciare dal legame con la grande opera di san Benedetto. Circa un quarto di secolo fa, san Giovanni Paolo II perse la battaglia per inserire nella Costituzione europea il richiamo alle radici ebraico-cristiane, confermate dal ruolo svolto da san Benedetto alla fine dell’epoca romana perché nascesse una nuova Europa. Le autorità europee hanno rifiutato quel richiamo ideale che certamente avrebbe favorito quell’auspicata unità, che ora manca. Un richiamo ideale che avrebbe spinto gli europei a chiedersi chi sono, da dove vengo, quali sono le radici che mi uniscono. Perché una comunità sta insieme soltanto se ci sono dei valori comuni, una storia che unisce, un’identità condivisa. Attualmente l’UE è diventata un enorme salvadanaio, e i 27 popoli che la compongono non si riconoscano in un comune sentire che li faccia essere un corpo con una identità da amare e difendere. E’ evidente che le radici ebraico-cristiane del Continente “non sono riconosciute e apprezzate da tutti i 27 Paesi e questo comporta l’assenza di un vero e proprio ideale per cui combattere e sacrificarsi. Ma senza un ideale non si dona la vita. L’interesse economico, che certamente spinge molti a impegnarsi per la ricostruzione, non costruisce una sufficiente unità di intenti. Per questo è miracoloso come un popolo come quello ucraino abbia saputo trovare la forza eroica per resistere e combattere per tre anni e mezzo”.
Certo, è un lavoro immane e faticoso unire l’Europa nei valori cristiani per dare una identità ai popoli europei. Non per questo dobbiamo rassegnarci, bisogna essere realisti, sapere ripartire dall’esistente, soprattutto assumere una mentalità missionaria e lavorare per un futuro anche molto lontano. La Conferenza sulla ricostruzione è stata un evento certamente importante, ma è solo un primo passo, anche perché di miliardi ne servono tanti. Ha fatto bene Giorgia Meloni a ricordare il Piano Marshall che ha ricostruito materialmente l’Italia dopo la Seconda guerra mondiale. Attenzione però, “la crescita economica non basta e l’Italia ne è stata la prova”, scrive Invernizzi. Serve anche una rinascita spirituale, quello che avevano intuito i vescovi italiani nella Lettera collettiva del 1960, denunciando il laicismo che penetrava nel profondo della società.
E così è stato. Il 1968 vide l’esplosione di qualcosa che era già penetrato profondamente negli anni successivi al trionfo elettorale (in realtà una scelta di civiltà) del 18 aprile 1948. “La crescita economica non è bastata a evitare alla nostra patria le tragedie degli Anni ‘60, il terrorismo, ma soprattutto la Rivoluzione antropologica, che ha cambiato i connotati di due generazioni. Sarebbe bene non accadesse anche in Ucraina. Meloni ha colto il problema nel suo intervento, quando ha detto che l’Italia si farà carico anche della ricostruzione culturale dell’Ucraina, a partire dalla città di Odessa e dalla cattedrale della Trasfigurazione: «per ricostruire una Nazione martoriata dalla guerra non bastano i soldi, gli ingegneri, gli architetti, gli operai. C’è bisogno di qualcosa di più e quel qualcosa di più è il sentimento che il popolo ucraino più di tutti ha dimostrato di conoscere, che è l’amore di patria, l’amore per la libertà, la volontà di garantire ai propri figli un futuro di prosperità, di benessere. Senza l’amore di patria tutto quello che noi facciamo perde di senso». Ed è bene ricordare che l’amore per la propria patria non è nazionalismo, non prevede odio contro le altre nazioni, non risolve le dispute internazionali con le armi e con le invasioni militari. Il sito di Alleanza Cattolica per sottolineare il profondo significato morale delle parole con cui Giorgia Meloni ha voluto inaugurare la Ukraine Recovery Conference a Roma, ha pubblicato integralmente il discorso della Presidente del Consiglio.
a cura di Domenico Bonvegna