Papa Wojtyla, serve chiarezza per ripulire la Chiesa

Papa Wojtyla era un uomo di Dio capace di grande raccoglimento, un servitore zelante e fedele della Chiesa, una figura capace di trascinare le masse e soprattutto i giovani, che non si risparmiò mai, neanche dopo l’attentato; un uomo, insomma, capace di grandissima perseveranza.

 

di ANDREA FILLORAMO
“Papa Wojtyla era un uomo di Dio capace di grande raccoglimento, un servitore zelante e fedele della Chiesa, una figura capace di trascinare le masse e soprattutto i giovani, che non si risparmiò mai, neanche dopo l’attentato; un uomo, insomma, capace di grandissima perseveranza.

E’ stato uno dei Papi più amati e più popolari, un vero e proprio fenomeno mediatico, abile nell’uso dei moderni mezzi di comunicazione con un sostanziale rifiuto della modernità e non pochi passi indietro rispetto al Concilio Vaticano II, ma non è necessario farlo santo.

Basta la testimonianza storica della sua dedizione seria alla Chiesa e al servizio delle anime”. È stato questo, in sintesi, il senso della deposizione resa dal cardinale Carlo Maria Martini al processo di canonizzazione del papa polacco.
Tuttavia, al di là della testimonianza del Cardinale Martini, dopo che ai funerali del papa, si alzò il grido: “Santo subito!” la Chiesa in poco tempo l’ha canonizzato, anche se sono evidenti non pochi aspetti controversi del suo lungo pontificato.
Oggi, dopo che Papa Francesco ha messo mano alla grande riforma della Chiesa con il ritorno allo spirito conciliare degli anni ’60, precedentemente sopito, attirando su di sé accuse assurde, persino sfoghi carrieristici e dossier avvelenati come quello di Mons. Viganò ex nunzio apostolico, tendente soltanto a dividere e a predisporre le condizioni per una riproposizione dello status quo ecclesiastico, che alcuni auspicano che si realizzi nel prossimo pontificato, non possiamo più tacere di Wojtyla, la cui eredità pesa sulle spalle del suo successore.
E’ indubbio: il papa polacco ha contribuito in modo determinante col suo silenzio a rendere la Chiesa una “spelonca di ladri” (vedi gli scandali dello IOR) o un “verminaio” dove pullulano: pedofili, omosessuali insoddisfatti, predatori di adolescenti.
Se ci fermiamo ai casi di pedofilia, diciamo che durante il pontificato di Giovanni Paolo II, molti, sono stati i casi di omissioni volute dal papa.
Diciamolo con chiarezza: quella del silenzio era allora una pratica molto diffusa. Il Papa sapeva degli abusi sessuali, dei numerosi preti pedofili come dell’austriaco Hans Hermann Groër da lui fatto cardinale. Secondo un giornale austriaco il cardinale Groër avrebbe abusato più di 2000 bambini e ragazzi.
Che dire poi dello statunitense il cardinale Bernard Law, che, pur avendo partecipato attivamente alla copertura delle accuse di molestie sui minori da parte dei preti della sua arcidiocesi fu nominato dal papa Giovanni Paolo II arciprete di santa Maria Maggiore?
Lo stesso nel gennaio del 2000 venne coinvolto nel processo contro padre John Geoghan, un pedofilo seriale che venne poi ucciso in carcere da Joseph Lee Druce, un altro detenuto.
Mark Keane, una vittima di padre Geoghan, riteneva che il cardinale Law fosse direttamente a conoscenza che Geoghan dal 1962 al 1993, avesse molestato ripetutamente i bambini. Disse che l’arcivescovo non solo aveva permesso al sacerdote di continuare a lavorare, ma lo aveva ripetutamente spostato di parrocchia in parrocchia, dove aveva contatti quotidiani con molti bambini indifesi (uno dei quali era appunto Keane).
Nessuno oggi può tenere nascosto il caso di Marcial Maciel, il fondatore dei Legionari di Cristo, molto vicino al governo di Felipe Calderón in Messico. Anche se è dimostrato che il papa era informato delle ombre che accompagnavano Maciel, chiuse un occhio, di fronte alle due concubine del prete, ai vari figli che personalmente stuprò per anni, alle accuse di furto, malversazioni, appropriazioni indebite e altri crimini.

Solo dopo la morte di Wojtyla e di Maciel, avvenuta nel 2008, la chiesa cattolica smise di coprire le sue colpe.
Che dire, poi, dei comportamenti non propriamente lineari del papa polacco con dittature latino americane? Questo, però, è un altro capitolo che va oltre la pedofilia.
Nessuno, se ha una certa età, facilmente dimentica il viaggio del papa nel Cile di Pinochet. Esso resta uno dei momenti più controversi del suo pontificato.

Tutti erano a conoscenza delle crudeltà del regime ma Giovanni Paolo II non fece molto per evitare che il dittatore utilizzasse la visita per legittimarsi, soprattutto sul palcoscenico internazionale.
Quella stretta di mano rimase impressa nelle menti delle madri che dodici anni dopo, ancora afflitte dal dolore di figlie, figli e mariti che non avrebbero più rivisto (il dramma dei desaparecidos), di fronte agli inviti papali alla clemenza nei confronti di Pinochet, gli spedirono una lettera violentissima:
“Ci rivolgiamo a Lei come cittadino comune, perché sembra aberrante che dalla sua poltrona di Papa in Vaticano, senza conoscere, senza avere sofferto sulla sua pelle la tortura…abbia il coraggio di chiedere, in nome di Gesù Cristo, clemenza per l’assassino di Pinochet. Gesù è stato crocifisso e la sua carne è stata lacerata dai Giuda come Lei che oggi difende gli assassini”.
A tal proposito, ricordiamo la visita in Vaticano di Oscar Romero, l’arcivescovo salvadoregno che poi venne ucciso da un sicario di Roberto D’Aubuisson, leader del partito nazionalista, soprattutto uomo spietato che dirigeva gli squadroni della morte, che Papa Francesco vuole canonizzare.

In quell’occasione il Papa avrebbe invitato l’arcivescovo ad avere rapporti migliori con il governo.
Non possiamo non accennare ancora all’Opus Dei. Appena divenuto papa nel 1978 Wojtyla diede la prelatura personale a quella congrega occulta e, quindi, un’autonomia giuridica dentro la Chiesa.
Ricordiamo che l’Opus Dei detiene il controllo di una cospicua catena di banche e di un’infinità di aziende nel mondo.

Il fondatore dell’Opus Dei è stato José María Escrivá de Balaguer. Papa Wojtyla lo santificò durante il suo pontificato, dimenticandosi la vicinanza del prete alla dittatura franchista. Papa Francesco intanto, al di là di ciò che può dire o scrivere l’arcivescovo Viganò continua nel suo impegno di testimonianza in una Chiesa che “ha bisogno di guardare sempre avanti con l’ispirazione del passato” perché “le sfide non sono dietro, ma sono avanti”.