Papa Leone XIV ha ereditato una Chiesa divisa. Da agostiniano sarà impegnato a evitare in tutti i modi la confusione dottrinale e l’ambiguità pastorale

Per chi concepisce la Chiesa come una macchina dottrinale ben oliata, con ruoli chiari e autorità indiscutibili, un papa che parla di misericordia più che di norme, che privilegia l’ascolto rispetto al giudizio e che affida valore alla coscienza più che al controllo, è veramente destabilizzante.  Il pontificato di Francesco ha rivelato una frattura interna alla Chiesa: tra chi vive il ministero come servizio e chi lo vive come posizione; tra chi accetta di camminare con il popolo di Dio e chi preferisce camminare davanti, con distacco e superiorità. Francesco non ha diviso: ha fatto emergere ciò che era già presente, che non era stato prima di lui detto o confessato. Il nostro esperto di politica vaticana, Andrea Filloramo, ha spesso trattato questi argomenti. Adesso è arrivato il momento di guardare oltre e capire cosa bisogna attendersi da Papa Leone XIV.

Dopo la stagione aperta e conflittuale di Papa Francesco, che ha visto all’interno della Chiesa la lotta fra cosiddetti tradizionalisti e progressisti, a tuo parere, riuscirà il nuovo pontefice a ristabilire una pace istituzionale e dottrinale. La sua sarà una vera comunione o solo un equilibrio apparente?  

A un mese dall’insediamento al soglio pontificio di Papa Leone XIV è difficile rispondere a questa domanda. Possiamo soltanto osservare alcuni segni che sicuramente non sono neutri ma interpretabili in vario modo a seconda delle aspettative che ciascuno ha. A esempio, il fatto che egli sia tornato a indossare la stola papale, di abitare non a Santa Marta ma nel Palazzo Apostolico, di recarsi a Castel Gandolfo e, infine, di scegliere nei suoi discorsi, un linguaggio sobrio, diretto, meno inclusivo ma definito, da alcuni possono essere interpretati come segni, non di “restaurazione” ma di una ritrovata stabilità e  di riappropriazione dell’identità papale; da altri, invece, sono il preludio di un irrigidimento ecclesiale e di una visione verticalista, che predilige l’identità all’inclusività, la forma alla tensione. 

Papa Leone XIV ha ereditato una Chiesa divisa: ritieni che egli intenda mediare fra i tradizionalisti e i progressisti, come in vari momenti ha fatto Papa Francesco o sceglierà la via di una pace autoritaria e, quindi, ricostruirà l’unità senza però troppe voci fuori dal coro? 

Secondo chi lo conosce da tempo, la linea del nuovo pontefice è chiara: da agostiniano egli sarà impegnato ad evitare in tutti i modi la confusione dottrinale e l’ambiguità pastorale. Sicuramente non è chiuso verso il mondo progressista, ma ne vorrà probabilmente ridefinire gli spazi. Le questioni aperte da Papa Francesco — come l’omosessualità, i divorziati risposati, il diaconato femminile — le conosce perfettamente, non le mai negato come problemi affrontabili dalla Chiesa, ma, per quanto gli è possibile, per un certo periodo di tempo, le escluderà dalla sua agenda per farle   decantare, ma il suo silenzio non è neutro. È un silenzio che chiude una stagione di domande aperte. Prima o dopo, però, le affronterà e le soluzioni, a mio giudizio, non saranno diverse da quelle date da Papa Francesco. 

Da quel che appare, quindi, dopo anni di tensioni tra progressisti e conservatori durante il pontificato di Francesco, Papa Leone sembra voler cambiare tono. È davvero la fine della guerra intestina nella Chiesa? 

Dipende da cosa intendiamo con “fine”. Se parliamo di conflitto visibile, acceso, allora sì: Papa Leone XIV evidentemente cercherà una tregua, una pacificazione strutturale. Ma se intendiamo la fine delle divergenze di visione ecclesiale, teologica, pastorale — no, quelle restano. La vera questione è come le divergenze si devono gestire. Francesco ha scelto di farle emergere, Leone probabilmente le conterrà. Non sappiamo, però, se riuscirà. 

Quella di Papa Leone XIV sarà, perciò, una svolta autoritaria? 

Parlare di svolta autoritaria è una semplificazione, che, però non è totalmente priva di fondamento. Leone non è un nostalgico dell’infallibilismo ottocentesco. Vede il papa come il garante della comunione e non come animatore del dibattito. Per lui, la pluralità non è un valore in sé, ma un rischio da governare. È un pontefice che preferisce la coesione alla creatività e che pensa che nella confusione dottrinale si perda più di quanto si guadagni. 

In questo senso, quindi, i tradizionalisti sembrano rassicurati e  i progressisti sono delusi? 

Un certo mondo conservatore accoglie in questo momento Leone con entusiasmo: per loro, dopo anni di smarrimento, è il ritorno della “normalità”. Ma Leone non si è schierato né mai si schiererà con una parte. Vuole una Chiesa che cammini compatta dietro Pietro, non una Chiesa che lo trascina in battaglie ideologiche. I progressisti, invece, stanno vivendo un tempo di sospensione. Alcuni sono delusi, altri e sono i più, aspettano.  

Sicuramente il destino di questo pontificato sarà il modo come considererà la sinodalità voluta da Papa Francesco. 

Sicuramente la sinodalità sarà dal nuovo Papa ridefinita. Se con Papa Francesco si è passati dal modello “verticale” a un ascolto orizzontale, anche se con molti limiti. Leone, pur non cancellando il processo, sembra voler ridargli una cornice più rigida: il sinodo come consultazione, non come laboratorio. Il rischio è che la sinodalità si svuoti di coraggio e si riduca a strumento gestionale. Vedremo cosa accadrà. 

Leone continuerà la lotta contro la pedofilia clericale? 

Non c’è alcun segno di marcia indietro. Anzi, su questo tema Leone sarà probabilmente anche più severo: meno compassionevole nei toni, più rigoroso nelle norme. È un papa che crede nella purificazione della Chiesa, ma secondo criteri di giustizia più che di ascolto. Non ci sarà indulgenza per chi ha coperto o minimizzato.  

Continuerà la riforma della Curia? 

Sicuramente! ma la macchina vaticana sotto Leone sarà molto diversa. Sarà meno orientata al decentramento, più funzionale al magistero del papa. Sceglierà collaboratori più affidabili, figure capaci di garantire stabilità e fedeltà.  

In sintesi: a quale Chiesa pensa Papa Leone XIV? 

Credo che il Papa voglia una Chiesa più compatta, più definita, forse per molti più rassicurante e più rigida e meno “in uscita”. L’interrogativo, però, sarà il seguente: reggerà nel tempo una pace se sarà costruita sull’obbedienza e non sul dialogo? La vera comunione non nasce solo dall’autorità, ma dalla fiducia condivisa, dal confronto sincero. Questa sfida è ancora tutta aperta. 

Papa Francesco diceva che il clericalismo è “una malattia”, che porta a “vivere l’autorità nelle varie forme del potere, senza più accorgerci delle doppiezze, senza umiltà ma con atteggiamenti distaccati e altezzosi”.  

Il clericalismo non è una malattia facilmente curabile nella Chiesa. E’ sul suo superamento che si gioca il suo destino. Di controversa interpretazione può apparire quanto Papa Leone sul clericalismo dice: “Vorrei spezzare una lancia per il clero. Condanniamo il clericalismo, ma rispettiamo e onoriamo il clero. Troppe volte confondiamo l’uno con l’altro, riducendo il sacerdozio a un mestiere, collegato a potere e privilegi di pochi, e di un tempo lontano. Troppa propaganda, troppa ideologia, anche tra i cattolici, e abbiamo disimparato a distinguere il grano dal loglio, appuntandoci ora sulla vanità, ora la supponenza, ora la fragilità, o le vere colpe di tanti preti. Tutto vero, per carità: parliamo di uomini. I dodici apostoli – e chissà poi i 72 discepoli inviati a due a due – non erano perfetti, né i migliori. Abbiamo dimenticato però che ai preti bisogna essere grati e voler bene”.