Papa Francesco vuol costruire ponti con chi non crede

Giovinazzo -Bari Raffaele Sollecito. photo by Daniele La Monaca

di ANDREA FILLORAMO

Se esaminiamo con una certa attenzione gli scritti, i discorsi e lo stesso operato di Papa Francesco, scopriremo che egli, pur essendo un grande innovatore della Chiesa, mai si pone, al di là di quello che sostengono i neo tradizionalisti, contro la tradizione cattolica,  di cui cerca in tutti i modi, soltanto, di eliminare quelle incrostazioni secolari che soffocano la vitalità e nascondono la vera natura della Chiesa,  che possono renderla o farla apparire inconciliabile con il Vangelo, che il Papa presenta sempre come l’unico punto di riferimento per chi vuol vivere e operare cristianamente.  

Fedele, quindi, al credo cattolico, egli cerca di “costruire ponti” con chi non crede ed è sempre con la mano tesa”.

 “Si tratta – ha riconosciuto il Pontefice – di una grazia da invocare dal Signore”, al quale chiediamo la capacità di «inculturare» con delicatezza il messaggio della fede, ponendo su quanti sono nell’ignoranza di Cristo, uno sguardo contemplativo, mosso da un amore che scaldi anche i cuori più induriti”.

È questo, a grandi linee, il programma di Papa Francesco, che non prevede fughe in avanti né tanto meno ritorni all’indietro, ad un passato pieno di storia, le cui pagine occorre saper leggere ed interpretare, guardando sempre al messaggio cristiano il cui linguaggio deve essere necessariamente considerato alla luce di un’ermeneutica capace di leggervi i segni dei tempi.

Ma, al di là di quella che potrebbe essere vista come espressione di una retorica celebrativa del pontificato di Papa Bergoglio, cerchiamo di trasferirci nel mondo del concreto, portando soltanto qualche esempio.

A tal proposito, fra i tanti temi sui quali, già da tempo il Papa spesso si è soffermato vi è quello del ruolo delle donne all’interno della Chiesa, tema che egli tratta con grande delicatezza.

Bergoglio, diciamolo subito, non accetta quel femminismo laicista che finisce per muoversi all’interno di un falso ordine precostituito.

Nel trattare questo argomento, il Papa introduce una cultura dell’amore.

Secondo Bergoglio, non bisogna limitarsi ad auspicare che le donne diventino libere come oggi lo sono già gli uomini, ma   proporre un modello diverso di libertà che sia anche reciproca responsabilità.

Si potrà obiettare che, mentre la Chiesa predica bene, di fatto razzola molto male, restando spesso, nella sua mentalità, nel suo clero e nei suoi stili interni, fortemente maschilista.

Non è necessario essere laicisti per considerare questa critica più che fondata. Lo testimonia il fatto che proprio papa Francesco l’ha condivisa, cercando – con esiti alterni – di vincere le innumerevoli resistenze clericaliste, al di dentro e fuori della Chiesa, che si oppongono a una sua reale trasformazione.

Nel marzo 2018, infatti, in una lettera, ha scritto: «Mi preoccupa il persistere nelle società di una certa mentalità maschilista, mi preoccupa che nella stessa Chiesa il servizio a cui ciascuno è chiamato, per le donne, si trasformi a volte in servitù».

In particolare il papa ha avuto il coraggio di affrontare il tema delicatissimo del ruolo delle suore, a volte adibite a compiti di mera manovalanza all’interno di case di ritiri o di centri di spiritualità, oppure negli episcopi, al servizio di vescovi e cardinali.

Con l’immediatezza che lo caratterizza, nel maggio 2016, parlando all’Unione Internazionale Superiore Generali, ha chiesto loro di avere il coraggio di dire “no” quando viene chiesta «una cosa che è più di servitù che di servizio».

«Quando si vuole che una consacrata faccia un lavoro di servitù» – aveva insistito con forza – «si svaluta la vita e la dignità di quella donna. La sua vocazione è il servizio: servizio alla Chiesa, ovunque sia. Ma non servitù».

Questo certamente non è un punto d’arrivo, ma è una dimostrazione della coerenza e della serietà con cui questo pontefice si rivolge oggi al mondo per avvertire che il cristianesimo, malgrado tutti i tentativi di imprigionarlo negli schemi della conservazione, è rivoluzionario.

Certamente, quindi, il Papa non gradisce l’ondata del femminismo cattolico che si è fatto sentire nella chiesa della Maddalena a Parigi, quando alcune donne osarono candidarsi a posizioni di rilievo nella gerarchia cattolica, ma la considera soltanto e forse lo è, una protesta fine a se stessa, di una decina di donne francesi contro la chiusura della Chiesa alla presenza femminile nel clero.

Fra queste donne Anne Soupa, presidente del “Comité de la jupe”: “Comitato della gonna”, che si è candidata in modo provocatorio al posto di arcivescovo di Lione.

“Serve una riforma profonda”, diceva la Signora Soupa, “non si può andare avanti così. Le nostre candidature fotografano questa esigenza. La chiesa cattolica non ha profittato dell’ondata di emancipazione degli anni Cinquanta e Sessanta, e oggi si trova in difficoltà, tanto più che il papato di Giovanni Paolo II è stato profondamente conservatore verso le donne”.

Un’altra donna Hélène Pinchon, cofondatrice del collettivo “Siamo tutti apostoli” si è candidata alla nunziatura apostolica e ha ribadito: “Ci sono donne rabbino e anche donne imam in Francia. Ma nel mondo cattolico, niente”. “Pensiamo che sia il momento giusto. Ovunque nella società laica ci sono donne capo di Stato, capofamiglia, dirigenti d’azienda. Non è più possibile che nelle chiese, nelle moschee, nelle sinagoghe e nei templi le donne non abbiano accesso alla leadership”.

Occorre necessariamente dire che, secondo Papa Bergoglio, la missione della donna nella Chiesa non può essere ridotta a qualche attività funzionale esteriore appartenente alle attività concesse o a quelle rivendicate ma deve essere qualitativamente significativa, che non vuol dire necessariamente rivendicare o aspirare al sacerdozio o all’episcopato.

Voler progredire riducendosi a qualche attività o ruolo o funzione vuol dire abdicare al proprio specifico femminile e svolgere modelli maschili con l’ansia di dimostrare che si è capaci e anche migliori, finendo in una lotta di potere incomponibile con il Vangelo.

Per Papa Francesco, quindi, non c’è nessun’altra strada per andare avanti e progredire.

“Per il cristiano – ha puntualizzato il pontefice – andare avanti, progredire significa abbassarsi. Progredire per il cristiano vuol dire essere sempre in servizio e nella Chiesa il più grande è quello che più serve, che più è al servizio degli altri. Questa è la regola”.