Papa Francesco è un grande riformatore

Papa Francesco è un grande riformatore. “Il fronte delle sue riforme è molto ampio”, osserva il vaticanista Ignazio Ingrao, noto per aver scritto, sia su riviste italiane sia straniere, numerosi articoli di analisi e approfondimento sulle vicende della Santa Sede, in un intervento, dove ripercorre le scelte attuate da papa Bergoglio dai primi giorni della sua elezione, fino ai nostri giorni, rispondendo ad un mandato preciso datogli dal Conclave che l’ha scelto.

 

di ANDREA FILLORAMO

 

E’ indubbio: Papa Francesco è un grande Papa riformatore. “Il fronte delle sue riforme è molto ampio”, osserva il vaticanista Ignazio Ingrao, noto per aver scritto, sia su riviste italiane sia straniere, numerosi articoli di analisi e approfondimento sulle vicende della Santa Sede, in un intervento, dove ripercorre le scelte attuate da papa Bergoglio dai primi giorni della sua elezione, fino ai nostri giorni, rispondendo ad un mandato preciso datogli dal Conclave che l’ha scelto.

Ingrao cita, quindi, le prime Commissioni di studio per rivedere la struttura e il funzionamento degli organismi economici e finanziari della Santa Sede e della Città del Vaticano e la riforma dei media vaticani; l’aggiornamento del diritto penale; la “lotta alla pedofilia” clericale mai abbandonata anzi sempre di più incrementata, tanto da diventare il punto nodale del suo pontificato; il lavoro del “C9” per la riforma della Curia; il dialogo ecumenico e interreligioso; il profondo slancio pastorale rivolto al tema della famiglia e della vita, attuato con la convocazione dei Sinodi per i quali ha modificato le modalità di svolgimento; il  sondaggio rivolto al popolo di Dio affinché possa esprimersi sulle sfide, sulle difficoltà ma anche sui punti di forza e sul futuro della famiglia; la rivoluzione del linguaggio e degli stili di vita.

Per quest’ultimo punto, dobbiamo dire che le sue parole, i suoi discorsi, i gesti, il rapporto con il tempo, le telecamere e l’utilizzo delle nuove tecnologie, esprimono la sua strepitosa capacità di comunicare anche se in un’esposizione orale stentata e di farsi comprendere ed ammirare anche da molti non credenti tanto da farsi riconoscere come leader spirituale del mondo.

Possiamo aggiungere che Papa Francesco ha insistito in questi anni nel pretendere il diritto a casa, scuola, lavoro, salute per tutti gli esseri umani. I suoi incontri con i movimenti sociali hanno confermato un approccio sociale che dentro la chiesa è senza precedenti, se non intenzionalmente nella “Populorum Progressio” di Paolo VI.

Egli riafferma e non solo a parole gli articoli 1 e 2 della Dichiarazione Universale dei diritti umani e cioè: “Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza (articolo 1) e “Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciate nella presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione. Nessuna distinzione sarà inoltre stabilita sulla base dello statuto politico, giuridico o internazionale del paese o del territorio cui una persona appartiene, sia indipendente, o sottoposto ad amministrazione fiduciaria o non autonomo, o soggetto a qualsiasi limitazione di sovranità” (articolo 2).

In Francesco, inoltre, la radicalità della scelta della povertà e la determinazione della lotta alla plutocrazia curiale sono davvero sconvolgenti, ma proprio contro questi scogli, più ancora delle resistenze clericali contro le aperture misericordiose verso chi fino a ieri era bollato come peccatore mortale, dagli abortisti agli omosessuali, l’azione di Francesco trova un muro invalicabile.

Francesco è sgradito – lo sappiamo – a molti cardinali e ad una certa parte della Chiesa, che, semplificando, chiamiamo tradizionalista.

I tradizionalisti cattolici nei confronti di Papa Francesco che con parole semplici e concreti esempi di umiltà tocca il cuore dei popoli, chiama a raccolta e sospinge i fedeli, non tralasciano nessuna occasione per lanciare accuse e veleni.

Uno stillicidio di attacchi che vanno dalla divulgazione dei dubbia cardinalizi nei confronti dell’esortazione apostolica “Amoris Laetitia”, alle accuse del filosofo Diego Fusaro e del giornalista Antonio Socci che addirittura nega che sia un papa legittimo.

Non è più un mistero per nessuno, e forse non lo è mai stato, che da quando è stato eletto al Soglio Pontificio, Papa Francesco ha iniziato a ricevere, un giorno sì e l’altro, una serie di accese critiche, che però hanno spesso mostrato tutte le loro contraddizioni.

Ci sono dei gruppi di credenti che non gli hanno mai perdonato, addirittura, quel “Buonasera” dalla loggia della Basilica vaticana, perché ritenuto troppo populista; che non si sposava per nulla con la ieraticità di un saluto pontificio come tradizione comanda.

Si sono lamentati perché ha iniziato a indossare scarpe ortopediche più adatte a un parroco di campagna a cui è permesso avere la tonaca sudicia perché appunto gira nei campi.

Sicuramente non ha mai giocato a suo favore l’essere “gesuita” – termine omnicomprensivo per definire, sempre in ambito “cattolico”, una sorta di relativismo, che afferma una cosa e il suo contrario pur di aggraziarsi i fedeli. Tantomeno, gli è stata perdonata la provenienza. È americano, ma non del Nord, del Sud, e poi è argentino. Figuriamoci!

Queste plateali esternazioni vengono trasmesse attraverso dispacci quasi quotidiani sulla rete, pubblicati in blog personali.

Ai nemici e ai “murmurantes”, che si trovano particolarmente nel clero, si oppone Bruno Forte, arcivescovo di Chieti che scrive: “la sincerità di questo Gesuita argentino, divenuto Vescovo della Chiesa ‘che presiede nell’amore’, è per alcuni addirittura spiazzante: le sue dichiarazioni spontanee su temi delicati che riguardano la morale personale e sociale o il bisogno di riforma della Chiesa, non sono certamente frutto di calcolo interessato e nemmeno di una strategia pastorale. Papa Francesco si mostra per quello che è e sempre è stato, senza star a misurare gli effetti di ciò che dice sul possibile ritorno d’immagine per sé o per la comunità cattolica. Non per questo, però, il suo agire e i suoi pronunciamenti possono considerarsi avventati: chi come lui si esercita da una vita nella disciplina spirituale e nella meditazione della Parola di Dio e dei testi dei grandi Maestri della fede, non dice mai cose che non siano state a lungo ‘ruminate’, anche se sul momento possono apparire di sorprendente novità. La sincerità di Francesco è come la punta di un ‘iceberg’, che affiora rimandando a una profondità tutta da scandagliare. Così, a esempio, la sua insistenza sullo sguardo di misericordia da avere verso tutti, anche e particolarmente verso chi è in situazioni problematiche rispetto alle norme canoniche o alla legge morale, non è che la traduzione del convincimento che lo sguardo di Dio si posa con tenerezza su queste persone e quello della Chiesa e dei suoi pastori non può né deve fare diversamente. Quel ‘Chi sono io per giudicare?’ detto ai giornalisti nel volo di ritorno dal Brasile il 29 Luglio 2013, non intende indebolire la legge morale, ma proporla nell’unica ottica secondo cui essa risulta vera, efficace e credibile alla luce del Vangelo: quella della compassione misericordiosa e umile. Proprio così, Papa Francesco ci interpella tutti sulla nostra sincerità, invitandoci a fidarci della promessa di Gesù, di cui lui tanto si fida: ‘La verità vi farà liberi’ (Gv 8,32). E questo bisogno di verità, a giudicare dall’attenzione che suscita questo Papa, è evidentemente ben più vasto di quanto possa apparire a molti” .