
Il Padova Jazz Festival 2025 è una kermesse che racconta molte storie: quelle della black music portata ai massimi livelli del virtuosismo fusion (Stanley Clarke), della tradizione che si rinnova (Cécile McLorin Salvant), dell’impegno sociale tradotto in futurismo sonoro (Camilla George); quelle della musica cubana, coi migliori esponenti della sua scuola pianistica (Roberto Fonseca e Alfredo Rodriguez); quelle del jazz italiano, in un caleidoscopio di idiomi stilistici e commistioni internazionali (Roberto Gatto, Max Ionata, Matteo Paggi…); quelle della più creativa scena statunitense (Uri Caine).
Storie che si ascolteranno dal vivo dal 6 al 23 novembre sugli innumerevoli palcoscenici del festival: location di importanza storica e architettonica come il Teatro Verdi, la Sala dei Giganti al Liviano, il Caffè Pedrocchi, il Centro Culturale Altinate/San Gaetano e la Nuova Sant’Agnese (Fondazione Peruzzo) oltre alle aule dell’Università degli Studi di Padova.
Il Padova Jazz Festival è organizzato dall’Associazione Culturale Miles presieduta da Gabriella Piccolo Casiraghi, con il contributo dell’Assessorato alla Cultura e al Turismo del Comune di Padova e con il sostegno del Ministero della Cultura.
Black Music Matters
Per le tre serate al Teatro Verdi, il palcoscenico più prestigioso del Padova Jazz Festival, sono attesi tre artisti capaci di coniugare in maniere personali il vocabolario musicale afro-americano.
Con Stanley Clarke (20 novembre) la black music è pura joie de vivre: l’inarrestabile progressione cinetica e i virtuosismi da bass hero hanno fatto di Clarke la prima super star jazzistica del basso elettrico, il primo solista di questo strumento a raggiungere vendite da disco d’oro. Tutto ciò a partire dagli anni euforici della fusion jazz-rock, genere del quale è stato uno dei pionieri oltre che delle figure più idolatrate. Genere che è ancora oggi il fondamento del suo fare musica.
La sassofonista Camilla George (21 novembre) è una innovatrice visionaria: la sua musica è una miscela ipnotizzante di afrofuturismo e jazz, un veicolo per messaggi culturalmente impegnati. Camilla esibisce con fermezza, determinazione e chiarezza la sua identità nigeriana, usando la musica per riflettere sulla storia e la cultura africane.
Cécile McLorin Salvant (22 novembre) è una delle punte di diamante della nuova generazione di eroine del canto jazz profondamente legate alla matrice afroamericana. Nella sua personale visione della black music, jazz, vaudeville, blues e folk sono strettamente interconnessi. I temi affrontati nelle canzoni, spesso ripescate da repertori dimenticati, sono ‘forti’ e permettono alla sua voce di esibire tutta la sua intensità interpretativa.
Cuba a Padova
La settimana centrale del Padova Jazz Festival 2025 sarà fortemente caratterizzata dal tono dei due concerti ospitati nella monumentale Sala dei Giganti. In rapida successione si ascolteranno due pianisti cubani che hanno portato il latin jazz a livelli interpretativi e tecnici inimmaginabili. Senza mezzi termini e giri di parole, sono i pianisti di maggior rilievo della loro generazione per quanto riguarda il latin jazz.
A fargli da mentore è stato addirittura Quincy Jones. E chi lo ha ascoltato non lesina complimenti: trascinante, carismatico, funambolico. Parliamo di Alfredo Rodriguez, che tra esibizioni in trio e collaborazioni con superstar jazzistiche ha messo in chiaro il suo portentoso stile pianistico: un’intensa fusione di spirito e tecnica sia cubana che jazz. Sarà a Padova il 13 novembre, in trio.
Roberto Fonseca ha fatto ‘palestra’ nel Buena Vista Social Club, dove era la forza giovane alle spalle dei titanici senior della musica cubana. Nelle sue produzioni da leader gioca a sovrapporre ritmi afro-cubani, jazz e suoni delle metropoli occidentali. A Padova si esibirà in quartetto, il 14 novembre.
Cambio di scenario e anche di musica il 15: nell’Aula Rostagni del Dipartimento di Fisica e Astronomia dell’Università degli Studi di Padova si esibirà il giovanissimo trombonista Matteo Paggi, in quintetto. Matteo è l’emblema del nuovo jazz italiano: quest’anno ha vinto il premio Top Jazz come miglior “Nuovo Talento”, brillando contemporaneamente anche di luce riflessa, dato che è solista al fianco di Enrico Rava nei Fearless Five, premiati sia come miglior “Formazione dell’anno” che per il miglior “Disco dell’anno”. Con la sua band crea una cornice jazz che accoglie influenze dal rock e la musica melodica, producendo risultati di notevole drammaturgia sonora e ritmica.
Tradizione & modernità
La prima settimana del Padova Jazz Festival 2025 si svolgerà sul palco dell’Auditorium Centro Culturale Altinate / San Gaetano, dove transiteranno gruppi nella cui musica scorre il fervore della più solida tradizione jazzistica e contemporaneamente brillano lampi di modernità.
L’inaugurazione del festival sarà affidata, il 6 novembre, al trio del pianista Uri Caine, figura di massimo rilievo della musica creativa statunitense. Ma Caine si è fatto ascoltare anche in situazioni in the tradition e il trio con Mark Helias e Ben Perowsky lo vede appunto a cavallo tra queste tendenze, con la sua propulsione jazz solidamente ancorata alla lezione post-bop eppure caratterizzata da uno slancio ritmico e un’impronta sonora che rivelano il maestro del modernismo.
Arriveranno poi due eroi del jazz italiano. Il 7 toccherà a Roberto Gatto, le cui indiscutibili doti tecniche lo hanno reso l’esempio più rappresentativo della batteria jazz nazionale. Con il suo New Quartet, Gatto mette perfettamente a fuoco una visione elastica e aperta del jazz, rispettosa delle radici e contemporaneamente attenta all’innovazione.
L’8 si ascolterà Max Ionata, sassofonista di riferimento della scena jazz italiana, tenorista dalla voce ‘grossa’, potente e fluida, saldamente incorniciata nella tradizione afroamericana e comunque ben ambientata nella contemporaneità jazzistica. Sostenuta dall’impeto ritmico degli Hammond Groovers, la musica si allaccia saldamente alle storiche e seducenti sonorità dell’hard bop con organo, proponendo soluzioni estetiche che coniugano freschezza e tradizione.
Matinée domenicali
Ognuna delle tre settimane del Padova Jazz Festival culmina nel live della domenica mattina, sempre alla Sala Rossini del Caffè Pedrocchi. Concerti che usano il jazz come trampolino per tuffarsi altrove.
Il 9 novembre si ascolterà un duo acustico dalla strumentazione particolarmente popolare (chitarra, fisarmonica e voci): Roberto Taufic e Fausto Beccalossi restituiscono, con forza, personalità e con il piglio elegante del jazz, le vibrazioni delle culture musicali dei loro luoghi di origine: Brasile e Italia.
Il 16 novembre la cantante italo-francese Sara Longo e il contrabbassista e polistrumentista Alvise Seggi proporranno un intimistico omaggio alla musica dei Beatles, con incursioni anche nei repertori di Carla Bley, Mercedes Sosa e Count Basie: una sorprendente alternanza stilistica, tra blues del Mississippi e swing mediterraneo.
Il trio Accordi Disaccordi (23 novembre) affonda le sue radici nel manouche senza farsi imbrigliare dalla filologia radicale. I chitarristi imbracciano anche strumenti elettrici e fa capolino anche il sintetizzatore: il gipsy jazz si fonde con melodie mediterranee, ritmi latini e l’energia trascinante del rock. Il jazz che fu di Django Reinhardt irrompe così nella modernità, pur conservando chiaramente riconoscibili tutti i suoi tratti originari.
Pomeriggi per orecchie curiose
L’ultimo fine settimana del festival, i grandi live serali al Teatro Verdi saranno preceduti da concerti pomeridiani di notevole varietà stilistica che si terranno nella Nuova Sant’Agnese (Fondazione Peruzzo).
Si inizia il 20 novembre con la cantante Mafalda Minnozzi, che assieme al chitarrista Paul Ricci intonerà un omaggio alla città di Rio de Janeiro. Nelle canzoni di Minnozzi l’eclettico virtuosismo del jazz trova un sapiente equilibrio con la sensibilità cosmopolita della world music e si integra con il melodramma italiano, il cabaret francese e la bossa nova brasiliana.
Il 21 si ascolterà un crossover jazz della più creativa e solida fattura: i Pericopes mescolano sonorità post-rock, prog ed elettronica, lavorando accuratamente sulla scrittura ma anche abbandonandosi a corpo libero all’improvvisazione, nella quale si rivela la provenienza jazzistica dei membri di questo trio. Il loro “Good Morning Tour” sembra un romanzo di fantascienza tradotto in suoni, un’odissea musicale futurista.
“Quietly” è il è il più recente progetto del trio formato dal pianista Antonio Zambrini con il contrabbassista Jesper Bodilsen e il batterista Martin Maretti Andersen. In esso il trio italo-danese crea un suono unico, traboccante di malinconia e nostalgia, dimostrando un senso di unitarietà impressionante (22 novembre).
Jazz anche da vedere
Come sempre, il Padova Jazz Festival è molto attento all’incontro tra il jazz e le altre forme di espressione artistica, soprattutto quelle visive. Al programma concertistico si affiancheranno appuntamenti in cui il jazz si potrà gustare con gli occhi.
L’elemento visivo sarà di particolare rilievo nel concerto multimediale che vedrà coinvolti il pianista Emanuele Sartoris e il fotografo Roberto Cifarelli (12 novembre, Nuova Sant’Agnese – Fondazione Peruzzo).
Le Scuderie di Palazzo Moroni dal 30 ottobre al 30 novembre ospiteranno “Live Jazz”, una mostra antologica del fotografo Michele Giotto, con scatti che coprono ben cinquant’anni di dedizione all’iconografia jazzistica (1975-2025). Una seconda esposizione fotografica sarà allestita nella Sala Verde del Caffè Pedrocchi dal 21 ottobre al 23 novembre, con gli scatti di Giuseppe Cardoni.
Anna Piratti creerà per il festival un happening di arte partecipativa: “Toys?” (dal 5 al 9 novembre, Nuova Sant’Agnese – Fondazione Peruzzo).