Nessuno pensa che le sue sventure possano essere attribuite a una sua pochezza

“Poiché nessuno pensa che le sue sventure possano essere attribuite a una sua pochezza, ecco che dovrà individuare un colpevole”. Così si esprime Umberto Eco in “Il cimitero di Praga”.

La citazione mi sembra un buon paradigma per coniugare tanti atteggiamenti che coinvolgono trasversalmente responsabili nell’ambito della politica, della società, dell’amministrazione, della religione…

A me interessa soprattutto l’ultimo àmbito, mentre lascio a più esperti analisti di me argomentare la citazione adattandola negli altri settori della vita.

La citazione di Umberto Eco risente, in un certo modo, della mens evangelica: “Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello, e non t’accorgi della trave che è nel tuo? […] Ipocrita!” (Lc 6,41). A dire il vero si può fare riferimento alla iscrizione nel Tempio di Apollo a Delfi: “Conosci te stesso”.

Nell’àmbito della religione, il mondo che conosco meglio è quello dei preti, “brutta razza” secondo qualcuno. Ebbene, senza denigrare nessuno, i preti (che appartengono/apparteniamo alla categoria degli umani) non sono/siamo esenti da quanto dice il Vangelo e il grande semiologo Umberto Eco.

Ognuno, chiaramente, avrà le sue personali motivazioni, tuttavia penso che vi sia un substrato “comune” perché tutti vengono (veniamo) più o meno formati alla stessa scuola, ma tanti una volta fuori diventano (diventiamo) bravi maestri solo degli altri.

Come si fa a capire quando questo disturbo attacca i preti?

Semplice, quando in tutti i modi rivendicano/rivendichiamo posizioni e fatti personali, senza mai allargare le proprie battaglie per il bene degli altri…

C’è un altro criterio, forse più preciso del precedente, per cogliere queste sfumature. Se in quello che si scrive trasuda unicamente rabbia, invidia, gelosia, egocentrismo, intolleranza…allora senza alcun dubbio si naviga nel mare magnum della colpevolizzazione altrui (quasi sempre i superiori).

In tal caso, potrebbe risultare utile regalare, alle persone invischiate in tale pantano, uno specchio o almeno fare di tutto per farle guardare.

Se proprio tutto ciò non dovesse risultare facilmente reperibile, allora si potranno invitare gli interessati al cinema a vedere “Senti chi parla”, ma il titolo originale rende meglio “Look Who’s Talking” (“Guarda chi parla”).

Perché nonostante i continui richiami e le prese di distanza da parte di amici e conoscenti, tanti preti continuano/continuiamo a “colpevolizzare gli altri e non se stessi/noi stessi”?

Mi sono dato una mia personale spiegazione…hanno/abbiamo bisogno di essere persuasi che le cose stanno proprio in quel modo!

Qui si entra nel campo della psichiatria e della psicologia…perché se la persuasione non ha alcuna certezza oggettiva (basandosi solo sulla soggettività) c’è il rischio che tali manifestazioni diventino patologie, che il vocabolario popolare chiama “fissazioni”.

E si sa… la fissazione è peggiore della pazzia!

Ettore Sentimentale