Nella Chiesa la tradizione non è mai solo un ritorno al passato: è capacità di far parlare il passato al presente

di Andrea Filloramo

  1. Agostino (354430), vescovo di Ippona, è considerato il maggiore rappresentante della Patristica. Quanto egli scrive concernente il male e il peccato, che nasce dal cattivo uso del libero arbitrio, la grazia e la Chiesa che egli considera come la “civitas Dei”, cioè la “ città di Dio”,  ha plasmato per secoli la dottrina cattolica, ha segnato profondamente l’Occidente, tuttavia spesso è stato letto in chiave parziale o polemica.

Papa Leone XIV, appartenente all’Ordine Agostiniano, di cui è stato anche Priore Generale, dal primo giorno della sua elezione, nei suoi vari interventi, ha mostrato di guardare a Sant’Agostino come a una bussola teologica. Molte, infatti, sono le Citazioni dalle “Confessioni” – che sono un’opera autobiografica, unanimemente ritenuta tra i massimi capolavori della letteratura cristiana – i richiami alla lotta interiore tra grazia e peccato. Il Vescovo d’Ippona con Leone XIV è tornato, così, al centro del magistero papale.

Da osservare, però, che per questi richiami, non mancano alcune riserve. Il rischio è che il ritorno ad Agostino si trasformi in un’operazione di “restauro”, più che di attualizzazione, in quanto le categorie agostiniane sono nate in un mondo tardoantico, segnato da polemiche contro eretici e scismi; non sempre esse parlano al contesto di oggi, dominato da pluralismo culturale, neuroscienze, nuove sensibilità etiche, nè possono coincidere con le sfide globali odierne come il pluralismo, la democrazia e la scienza. Non sempre, quindi, Il recupero di S. Agostino può essere letto come segnale di profondità spirituale ma può essere visto come una regressione anacronistica.

Il nodo più importante e più delicato che Papa Leone è chiamato a sciogliere è quello della visione agostiniana della sessualità, superata da tempo ma non all’interno della Chiesa, che ha portato a un cambiamento significativo nella percezione e nella pratica, allontanandosi da rigide norme tradizionali, verso una maggiore accettazione e diversità, verso l’accettazione del sesso prematrimoniale, l’omosessualità e altre forme alternative.

Su tali temi si sono scontrati, durante il pontificato di Papa Francesco i tradizionalisti e i progressisti. Ancora suona nei nostri orecchi la frase “Chi sono io per giudicare?” di Papa Francesco, pronunciata in risposta a una domanda su un sacerdote omosessuale durante un viaggio in Brasile nel 2013. La frase, diventata celebre, esprimeva, scandalizzando alcuni, la volontà di Papa Bergoglio di adottare un atteggiamento di apertura e accoglienza, concentrandosi sulla misericordia piuttosto che sul giudizio.

Se Leone XIV intendesse riproporre la visione agostiniana senza mediazioni – e credo che ciò non avverrà – l’accusa di anacronismo diventerebbe inevitabile. Sarebbe un ritorno a un modello che molti considerano superato.

Un altro nodo è l’uso difensivo della tradizione.  Se Agostino viene brandito come “autorità definitiva”, rischia di diventare un argine conservatore. La questione è tutta qui: il riferimento ad Agostino sarà per Leone XIV una radice viva o un freno?

Se il Papa saprà reinterpretare Agostino alla luce delle sfide odierne il richiamo non sarà un passo indietro, ma un modo per dare profondità a un rinnovamento necessario. Se invece Agostino diventerà il “sigillo” per bloccare aperture e riforme, allora il sospetto di anacronismo peserà sul suo pontificato.

Da osservare che sempre nella Chiesa, la tradizione non è mai solo un ritorno al passato: è capacità di far parlare il passato al presente; non è un mero concetto storico ma un dinamico processo; non è semplicemente un rievocare passivamente eventi o insegnamenti del passato, ma piuttosto una continua rilettura e applicazione di essi alla luce delle sfide e delle domande del mondo attuale. E’ proprio su questa capacità che Papa Leone XIV sarà giudicato.