Migranti: una questione di responsabilità

Up to 3,000 refugees were stranded in the border between Serbia and Croatia on October 19. Hundreds had spent the night on the Serbian transit area of Babska-Sid, with no shelter. Rain and low temperatures were affecting the health conditions of the refugees.

Il dramma vissuto dai migranti a bordo della nave Diciotti, non autorizzati a lasciare l’imbarcazione, rimanda agli sbarchi che sono avvenuti sulle nostre coste negli ultimi anni con sempre maggiore frequenza. Le circostanze politiche sono ultimamente cambiate e le forze attualmente al governo, sul fronte migrazione, spingono sulle paure dei cittadini mancando di elaborare una vera ed efficace politica di accoglienza e integrazione.

 

Chiaramente tutte le questioni non governate correttamente sono questioni che prima o poi detonano creando conseguenze ben più peggiori di quelle che si intende evitare. Sul fronte migrazione governare un fenomeno significa puntare su accoglienza, educazione e integrazione: laddove questi fattori vengono messi in pratica i cambiamenti sono evidenti e a beneficiarne sono intere comunità. Alcuni di questi cambiamenti sono stati testimoniati al Meeting di Rimini durante il seminario: “Un anno di incontri. Nelle nuove generazioni una speranza per l’Italia” al quale hanno partecipato alcuni ragazzi migranti di seconda generazione.

Tra le storie raccontate una riguarda la città di Messina ed ha per protagonista Dialla Zaia Diarra, un giovane del Mali, arrivato in Italia tre anni fa, che al Meeting deve molto perché è grazie a una mostra esposta durante l’edizione del 2016 (Migranti: la sfida dell’incontro), e riproposta a Messina dall’Associazione “Hic et Nunc”, che Dialla ha incontrato la famiglia che lo ha adottato accogliendolo in casa propria.

Dopo i primi periodi di scoraggiamento e di nostalgia, dove Dialla ha chiesto più volte a Dio perché lo avesse lasciato vivere a differenza dei suoi fratelli morti durante il viaggio per l’Italia, è accaduto l’avvenimento della mostra. Dialla vi ha partecipato come guida, perché per lui in quel momento rappresentava una opportunità d’integrazione, e di certo non poteva immaginare cosa, attraverso quella disponibilità, era in serbo per lui.

Oggi Dialla ha trovato una famiglia, due fratelli e una comunità – gli amici dei genitori che lo supportano – ed è anche uno studente con un buon profitto dell’Istituto Antonello. Sbarcando in Italia, Dialla ha molto ricevuto, ma sta anche dando molto alla comunità e alla città che lo ha adottato perché oggi aiuta, attraverso gesti di carità e impegnandosi in percorsi di alfabetizzazione, molti ragazzi con i quali condivide la condizione di migrante.

Soprattutto Dialla è testimonianza visibile, per i molti ragazzi che sbarcano nei nostri porti, che integrarsi è possibile e che si può vivere una vita utile per sé e per gli altri vincendo qualsiasi pregiudizio. Qual è allora la vera sfida che l’immigrazione pone a tutti noi?

I giovani come Dialla che giungono nelle nostre città non hanno solo bisogno di incontrare persone che li accolgono, hanno anzitutto la necessità di incontrare quello stesso tesoro che ha reso le nostre esistenze piene di senso, gusto e significato del vivere.

È un tesoro che godiamo da duemila anni che oggi abbiamo la responsabilità di condividere se vogliamo continuare a vivere in una società giusta che offre a tutti le stesse opportunità.

Nicola Currò