Microprogetti Caritas, la rivoluzione dei piccoli passi

Malis Justin, 30, examines one of the okra plants in his vegetable patch in BidiBidi camp. In October Caritas distributed seeds and tools to Malis and others. With the money he made from selling the Okra, Malis was able to buy new sandals for his children, along with some fish to add protein to their diet.
 «L’umanità deve prendere coscienza della necessità di cambiamenti di stili di vita, di produzione e di consumo». Così afferma con forza papa Francesco nell’enciclica Laudato Si’, sulla “cura della casa comune”, datata 24 maggio 2015, solennità di Pentecoste. A distanza di tre anni Caritas Italiana pubblica il suo 37° Dossier con Dati e Testimonianze “La rivoluzione dei piccoli passi. Microprogetti di autosviluppo: il mondo in cammino” per spiegare l’importanza dei Microprogetti. In 50 anni Caritas ne ha realizzati 14.000 in ambito economico, sociale e sanitario, in oltre 150 Paesi per un importo complessivo di 40 milioni di euro.
Grazie al ponte che crea fra due comunità, in Italia e all’estero, il microprogetto permette nel piccolo di cogliere le interdipendenze tra i Paesi nel mondo, di mettere in discussione le politiche e gli stili di vita. L’efficacia pedagogica del microprogetto nasce dal collocare due realtà diverse in una relazione di solidarietà e giustizia, imparando a conoscere i bisogni di un territorio impoverito; e, al tempo stesso, unendo gli sforzi per trovare insieme una risposta di sviluppo e futuro.
In un mondo in cui l’1% più ricco continua a possedere più ricchezze di tutto il resto dell’umanità e l’82% della ricchezza globale prodotta va a beneficio dell’1% della popolazione mondiale (dati 2017), sono purtroppo ancora drammaticamente attuali tutti i temi trattati dall’Enciclica: dall’inquinamento causato da agenti venefici che «provocano milioni di morti premature»; alla povertà d’acqua pubblica in Africa, al disboscamento in America Latina, alla mancanza di cibo per milioni di persone; alla necessità di difendere il lavoro umano, che non deve essere sostituito con il progresso tecnologico, in quanto unico mezzo possibile per donare nuovamente una vita degna, ai tanti vecchi e nuovi, “poveri”.
Quei poveri per i quali sacrificò la sua vita Mons. Oscar Romero, arcivescovo di San Salvador che veniva beatificato proprio tre anni fa e che papa Francesco canonizzerà il 14 ottobre, insieme a Paolo VI.
“La Chiesa – diceva Mons. Romero – predica la sua liberazione […]. Una liberazione che mette, al di sopra di tutto, il rispetto alla dignità della persona, la salvezza del bene comune della gente e la trascendenza che guarda innanzitutto a Dio e solo da Dio ricava la sua speranza e la sua forza”. La liberazione, al centro della sua predicazione, è una parola forte; la liberazione collima con la libertà, con l’eliminazione di un’oppressione che affligge. La liberazione è una trasformazione, il venir meno di un vincolo penetrante, il dischiudersi di una possibilità diversa, di una vita nuova. Quest’ultima per essere tale, ha bisogno di essere ripensata, di essere guardata con occhi nuovi.
Ecco perché è più che mai necessario un cambio di passo, anzi una vera e propria rivoluzione che gridi giustizia, sia capace di mettere l’umanità di fronte alle proprie responsabilità e promuova  un autentico sviluppo integrale di ogni uomo. I microprogetti sono senza dubbio piccoli passi che però aiutano a compiere questa rivoluzione. La rivoluzione dei microprogetti è nel guardare il mondo con gli occhi della comunità locale che chiede aiuto, nel cambiare con piccoli gesti una realtà difficile e sofferente. Una comunità che a partire dall’osservazione delle proprie povertà diventi responsabile, quell’attitudine a rispondere che denota l’inclinazione di chi vuole fare la propria parte a beneficio di molti.