A Messina è tempo di una nuova politica, più coraggiosa ed etica

di ANDREA FILLORAMO

Penso sempre alla mia città, che ho lasciato da molti anni, e in cui spesso torno con nostalgia e constato con grande sofferenza il suo progressivo degrado. Non posso non riflettere sul fatto che, nel passato, Messina sia stata una città che ha suscitato l’interesse di scrittori italiani e stranieri.

Si pensi, a esempio, alla novella del Decameron “Lisabetta da Messina” di Giovanni Boccaccio; a “Molto rumore per nulla” di William Shakespeare, che fa pensare veramente, come qualcuno ha tentato di sostenere, che il drammaturgo sia messinese; alla tragedia “La sposa di Messina” di Friedrich Schiller; ai libri di viaggio di Andersen, Goethe, Dumas padre fino ad arrivare a Giovanni Pascoli e a Nietzsche. Non sono da sottacere ancora “i Calligrammi” di Apollinaire in cui il poeta francese menziona la città dello Stretto nell’ode “All’Italia”, scritta nei giorni più difficili della Grande Guerra e di molti altri ancora.

A nessuno è sfuggito, quindi, o sfugge il fatto che Messina sia una città, ricca di storia che sia situata in un sito bellissimo con il suo Stretto, il suo mare, i suoi monti Peloritani, che attualmente sia la tredicesima città d’Italia, con 240mila abitanti, che sia rinata dopo il terribile terremoto del 1908 e dopo la distruzione dell’ultima guerra mondiale.

Purtroppo, oggi, però – ed è facile constatarlo – Messina è diventata un grosso “paesotto di provincia” con tante carenze nei servizi, nelle infrastrutture, con la  viabilità inadeguata, con l’immondizia, gettata in ogni angolo delle strade,  con la speculazione edilizia che ha distrutto l’ambiente, con lo spazio per il gioco dei bimbi insoddisfacente se non assente, con l’organizzazione scolastica modesta, con le baraccopoli, risalenti al dopo terremoto del 1908, grande vergogna che si trascina da varie generazioni, le cui immagini, attraverso le televisioni, cadono sotto gli occhi di tutto il mondo e, infine, con la maleducazione nella guida e nei parcheggi.

Che tristezza sapere, inoltre, che da questa accogliente città per il suo clima e per i suoi abitanti, scappano via migliaia di giovani in cerca di lavoro e di luoghi dove potersi liberare da un costume atavico, dal quale, stando “in loco” sarebbe stato estremamente difficile liberarsi, legato al sistema delle “raccomandazioni”, per avere un posto di lavoro anche precario.

Conosci qualcuno?”. Non vive a Messina, infatti, chi non lo ha mai sentito dire e non perché a Messina si voglia a tutti i costi conoscere qualcuno per ottenere ciò che non ti spetta, ma perché in questa città come del resto in buona parte del Sud, troppo spesso o sempre si deve conoscere qualcuno per ottenere ciò che ti spetta.

Diciamolo con chiarezza: in questa città la precarietà e il senso di insicurezza assoggettano la gente, alimentano la domanda di raccomandazione, controllano il voto che serve per occupare centri di potere e responsabilità.

Se si chiede di chi è la colpa di questa situazione, i più scaricano ogni possibile colpa sulle istituzioni. E’ indubbio che molte sono le colpe del governo centrale e locale ma, in un sistema democratico, occorre rammentare che i governi vengono eletti dai cittadini, che sono spesso pronti a lamentarsi, a condannare ma non ad osservare patti, rispettare regole che consentono il vivere insieme con gli altri, avere la coscienza dei propri doveri, dettata dal riconoscimento e dal rispetto dei diritti degli altri, tutelare e aver cura degli spazi e dei beni comuni, di pubblica proprietà e di pubblica utilità, al pari degli spazi e dei beni privati.

Diceva Tucidide, vissuto tra il 460 e il 404 prima di Cristo, uno dei principali esponenti della letteratura greca: “Quei cittadini che si sottraggono al dovere civico di interessarsi dei pubblici affari per occuparsi esclusivamente degli affari propri, non sono soltanto degli egoisti, ma molto peggio: sono dei cittadini inutili”.

Bisogna rilanciare, quindi, nell’interesse dei cittadini, quell’umanizzazione che può evitare il totale declino.

Messina può diventare una città delle opportunità, una calamita attrattiva che può richiamare ogni giorno migliaia di studenti, di lavoratori, di persone perché sa offrire oltre che il sole, il mare, i bellissimi panorami visti dalle terrazze dei Monti Peloritani, il meglio con il lavoro, l’università, i servizi, la ricerca, la buona sanità, la cultura della responsabilità e della partecipazione civica.