Marisol e le altre: come combattere la schiavitù domestica e riprendersi il futuro

Marisol è nata sulle Ande peruviane, frutto di una violenza alla madre, in una piccola comunità isolata a qualche ora da Cusco. A 10 anni viene portata in città per lavorare come domestica, il suo unico stipendio era il poco cibo che i padroni di casa le lasciavano, e il permesso di frequentare la scuola serale.

 

Lì una professoressa ha capito la situazione e ha contattato il Centro Yanapanakusun che da oltre 20 anni accoglie bambine sfruttate nelle case come domestiche e che è sostenuto anche da Terre des Hommes Italia. Alla psicologa del centro Marisol è riuscita a raccontare i maltrattamenti che aveva subito, la violenza del patrigno, ma anche la sua voglia di studiare e guardare avanti.Era il 2012 e da allora Marisol ne ha fatta di strada. Grazie al progettoIndifesa di Terre des Hommes, che ha coperto le spese della sua permanenza al centro, è riuscita a elaborare i traumi della sua infanzia, a integrarsi con le compagne e sviluppare le sue capacità di leadership, tanto che è diventata la “sindaca” della sua scuola. Qualche mese fa, compiuti i 18 anni, ha lasciato il centro per entrare all’università, dopo aver vinto una borsa di studio per i suoi eccellenti risultati scolastici.Ha deciso di diventare ostetrica e dedicarsi all’assistenza delle donne più vulnerabili.

 

Secondo il nuovo rapportoWhat works for working children:Being effective when tackling child labour (Ciò che funziona con i bambini lavoratori: come essere efficaci nel combattere il lavoro minorile) della Federazione Internazionale Terre des Hommes, diffuso in occasione del 12 giugno, la partecipazione dei minori sta alla base di un approccio efficace nella lotta a questo fenomeno di dimensione mondiale. Infatti sono ancora 73 milioni i bambini costretti a fare lavori pericolosi, che minano il loro sviluppo, in forma di semischiavitù. Si stima che quasi 34 milioni di bambine dai 5 ai 14 anni svolgano lavori domestici per più di 21 ore alla settimana (fonte: ILO). In Perù si calcola che almeno 30.000 bambine siano lavoratrici domestiche, e la regione di Cusco è una di quelle dove c’è maggiore incidenza di questo fenomeno.

 

“La storia di Marisol, di cui siamo fieri, è solo un esempio di come sia possibile, con un approccio corretto, combattere il lavoro minorile e ridare un futuro alle bambine e ai bambini vittime di abusi e sfruttamento”, dichiara Mauro Morbello, delegato di Terre des Hommes in Perù. “Il Centro Yanapanakusun offre un supporto a 360°, da quello psicologico a quello medico ed educativo, alle bambine e alle ragazze accolte, puntando soprattutto sulla loro partecipazione alla definizione di un nuovo percorso di vita. Importante è anche la possibilità di riprendere i contatti con la famiglia in modo protetto, in modo che possano rielaborare il loro rapporto con i genitori e superare le conflittualità del passato. Ogni anno sono almeno 20 le bambine accolte nel centro e un centinaio quelle che frequentano le sue attività grazie a Indifesa, la campagna nata per favorire l’empowerment delle bambine nel mondo. Inoltre lavoriamo sulla consapevolezza dei genitori che l’affidare la propria figlia a una famiglia di città spesso significa esporla a maltrattamenti e negarle l’istruzione, il più delle volte”.

 

Nel nuovo report vengono indicati dieci punti che suggeriscono delle buone pratiche nel contrasto del lavoro minorile. Tra questi:

-rendere obbligatoria l’istruzione di base fino all’età in cui è permesso ai minori di lavorare

– coinvolgere in prima persona i bambini vittime di sfruttamento nei progetti di lotta al lavoro minorile

– creare opportunità alternative di lavoro, meno pesanti, per i minori che per ragioni familiari devono generare reddito

– offrire corsi di formazione professionale in accordo con le preferenze dei minori beneficiari

– informare sui rischi della migrazione e reclutamento in attività rischiose sia i genitori che i minori