L’INTERVENTO: LA FARSA DEI PREMI NOBEL PER LA PACE

Anche il Premio Nobel per la Pace ha fatto discutere, non so se fosse possibile darlo sia alla Machado che a Trump. Comunque sia, pare che l’attivista venezuelana abbia dedicato il premio a Trump, che si è a sua volta complimentato con la leader dell’opposizione a Maduro. Tuttavia, il riconoscimento “assegnato a María Corina Machado – scrive atlanticoquotidiano – è molto più di un riconoscimento personale: è un segnale politico e morale che attraversa i confini del Venezuela e restituisce dignità a un popolo oppresso da oltre vent’anni di regime. Un popolo senza kefiah né Flotilla, costretto all’esilio, alla povertà e alla sorveglianza costante”.

Non sempre il Comitato di Oslo è riuscito a darlo alle persone giuste, mi ricordo quello insignito per la letteratura al mediocre Dario Fo, o quello dato a Barack Obama, solo perché era nero. Ma c’è un altro riconoscimento fasullo, quello del 1992, il premio per la Pace alla guatemalteca Rigoberta Menchù. Fu una grande frode, ha scritto Guglielmo Piombini in un documentato servizio su Il Domenicale del 20 ottobre 2007 (Tutte le balle di Rigoberta Manciù) In pratica qui il giornalista mette in luce l’operazione propagandistica di allora della sinistra internazionale creando il mito di Rigoberta Menchù, l’indigena guatemalteca di etnia maya che ha vinto il Nobel a soli 33 anni. Piombini motiva questa scelta propagandistica.

Dopo il crollo del comunismo, la sinistra, si è convertita al multiculturalismo, non critica più le strutture economiche della società capitalistica, come prescrive il marxismo classico. Del resto, quasi nessuno oggi ha più il coraggio di chiedere l’abolizione della proprietà privata o la collettivizzazione dei mezzi di produzione. Oggi i sinistri prendono di mira le “sovrastrutture” culturali della società, secondo la lezione di Antonio Gramsci. Pertanto, dietro la facciata relativista, il multiculturalismo indigenista combatte tutto ciò che appartiene al passato storico dell’Europa. Odiano la nostra eredità religiosa e storica, e con un intenso sentimento di rivalsa, esaltano acriticamente tutte le culture estranee all’Occidente, comprese quelle più aberranti, con il desiderio abbastanza chiaro di ripopolare il Vecchio Continente europeo con immigrati extracomunitari anche quelli apertamente ostili alla nostra cultura.

L’ideologia multiculturalista sfocia per esempio, nelle manifestazioni del movimento Black Lives Matter (BLM) negli Usa contro i simboli dell’Occidente bianco e colonialista, attaccando non solo la nostra cultura e la nostra storia, ma anche edifici come le chiese, i monumenti. Tra le tante statue prese di mira dall’isteria iconoclasta “antirazzista” del cosiddetto movimento BLM, la più gettonata è quella di Cristoforo Colombo.

Tornando al mito della Menchù, la sua fama si deve al libro di memorie scritto nel 1983 dall’antropologa Elisabeth Burgos Delray, l’ex moglie del famoso rivoluzionario francese Regis Debray. In Italia il libro è stato pubblicato da Giunti. Il successo nelle università, nelle scuole (nelle scuole dove ho insegnato ce nera una copia, ma anche nei sussidiari per i bambini si esaltava la sua figura) fu immenso e si fece della Menchù il simbolo degl’indigeni dell’emisfero occidentale depredati e oppressi dai conquistatori europei. Come povera donna india, la Menchù era una un’icona perfetta del multiculturalismo, riassumeva tutte le caratteristiche più apprezzate dalle ideologie alla moda. Ma poi verso la metà degli anni Novanta iniziarono a sorgere dei dubbi. Come faceva una illetterata contadina a usare con tanta disinvoltura il tipico frasario marxista? Un antropologo americano nel 1999 ha smascherato tutto con accurate verifiche sul territorio del Guatemala.

Pubblicando le sue ricerche ben documentate. La vicenda patetica in Italia viene ripercorsa nei dettagli da Leonardo Facco, editore giornalista libertario bergamasco, esperto del mondo ibero-americano. La famiglia della Menchù non era povera, ma ricca di proprietà, suo padre rimase vittima di un incendio casuale e non dei militari. La Menchù ha frequentato il Collegio privato religioso. E in Guatemala non è famosa alle elezioni ha rimediato il misero 3,05% dei voti nel silenzio imbarazzato dai Media. La menzogna è sempre stata un portato della dottrina totalitaria e l’ideologia comunista ne ha fatto un’arte insuperabile.

DOMENICO BONVEGNA

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