L’ARCIPELAGO GULAG DEI BAMBINI UCRAINI

E’ evidente che c’è indifferenza per la resistenza degli ucraini, per la guerra che stanno combattendo, non si vedono manifestazioni a loro sostegno. Forse non si è compreso neanche il tipo di guerra che si sta combattendo. Ormai si parla di guerra ibrida, che non è la guerra convenzionale che si è combattuta nel passato, una guerra diversa che passa dalla diffusione di notizie false, una guerra psicologica che cerca di entrare nei cervelli della gente per fargli credere che sta combattendo una guerra sbagliata. Non ci sono più le guerre di una volta, come ha ben spiegato il ministro Crosetto.

Non ci sono più le antiche certezze di un tempo, “Ma oggi l’evoluzione della tecnologia militare (la cyber war, la guerra informatica) scuote le antiche certezze”, scrive Panebianco (L’Europa e le nuove guerre, 5.12.25, Corriere della sera) Putin ha scatenato ormai da tempo una guerra informatica senza esclusione di colpi contro l’Europa e le sue infrastrutture. Ma se qualche europeo si azzarda a dire che l’Europa deve difendersi, allora Putin può sostenere, senza nemmeno mettersi a ridere, che è l’Europa a minacciare la guerra alla Russia”. Inoltre, “il bello o il brutto (sta qui la tragicommedia) è che dalle nostre parti può trovare un bel po’ di persone pronte a dargli ragione e a deprecare l’aggressività europea, gli istinti (niente meno) guerrafondai dell’Europa”. E’ un capovolgimento della verità. Reso possibile dalla cyber war, una guerra che resta invisibile ai più, della quale l’opinione pubblica rimane ignara.

E’ la guerra ibrida e tutto diventa sfumato, anche il confine fra chi vuole difendersi in qualche modo dal nemico e chi tifa per il nemico diventa difficile da definire. La guerra ibrida suscita una nebbia che rende impossibile stabilire il confine. Un’altra palese indifferenza si registra per la deportazione dei bambini ucraini in Russia, Bielorussia e Corea del nord. Il tema è affrontato su Il Foglio, Micol Flammini, (Gli orrori di Putin e dei suoi alleati, 5.12.25, Il Foglio) ma quello che desta più ripugnanza è il voto all’Assemblea generale delle Nazioni Unite su una risoluzione per chiedere il ritorno dei bambi ni ucraini rapiti da Mosca nei territori occupati, novantuno paesi hanno votato a favore, dodici contro e cinquantasette si sono astenuti.

Scrive Flammini, “La risoluzione è passata, ma il numero delle astensioni colpisce: in tutto sono sessantanove i paesi all’Onu che non ritengono di dover chiedere la restituzione di minori portati via con la forza, introdotti in orfanotrofi o in famiglie russe, soggetti a russificazione forzata, violenza fisica e psicologica, senza sapere cosa ne sia stato delle loro famiglie di origine”. Le vittime dei rapimenti di Mosca sono 19.546, secondo l’associazione Bring kids back, che tiene conto dei bambini di cui si conosce la storia, di cui si sanno nomi e cognomi. A questi bisogna aggiungere gli incerti, bambini scomparsi, inghiottiti nel nulla, rimasti sen za famiglia e se vengono aggiunti questi puntini incerti, allora il numero dei bambini deportati, secondo fonti aperte, potrebbe superare i 700.000. Flammini ci informa che esiste un sito del governo ucraino dedicato ai bambini vittime della guerra, e qui vengono aggiornati i dati degli scomparsi, dei rapiti, degli uccisi, delle vittime di violenza sessuale. Compare anche il numero di chi fa ritorno: troppo pochi, soltanto 1.890 sono stati rimandati dalla Russia in Ucraina.

Peraltro, esiste un’inchiesta presentata al Congresso americano dall’esperta legale del Centro regionale ucraino per i diritti umani Kateryna Rashevska, dove svela come l’asse per rifornire l’esercito russo, rimpinguarlo di armi e soldati, funziona anche per torturare i bambini ucraini. Il Centro regionale per i diritti umani ha documentato l’esistenza di centosessantacinque campi di rieducazione in cui i minorenni vengono militarizzati e russificati. La scoperta è nell’estensione di questo arcipelago gulag popolato da bambini ucraini, ma anche nel fatto che questo gulag non si trova soltanto sul territorio russo o nelle zone che Mosca occupa, ma si estende anche in Bielorussia e in Corea del nord, due paesi che partecipano alla guerra del Cremlino contro gli ucraini. Nelle pagine del Rapporto si legge che ci sono inviati nel campo di Songdowon in Corea del nord, a novemila chilometri da casa. Qui viene insegnato ai bambini alcune tecniche militari come distruggere militari giapponesi, americani o coreani del sud.

Il Rapporto del Centro regionale per i diritti umani è ricco di dettagli sono importanti. Viene descritto come a diciassette anni, ai ragazzi venga imposto l’arruolamento nell’esercito russo, oppure, se si rifiutano, vengono etichettati come estremisti, terroristi o “portatori di ideologia distruttiva”. Nel 2024 solo nella regione di Luhansk, ottantasette bambini sono stati mandati in “centri di riabilitazione sociali”, e settantasei in “istituti psichiatrici per trattamenti forzati”. La giornalista de Il Foglio fa emergere come la Bielorussia, la Corea del nord non aiutano il Cremlino soltanto nella guerra ma sono disposti a portare avanti “anche la sua idea di cancellazione dell’identità ucraina tramite la deportazione dei bambini mostra come l’asse che Mosca ha costruito in questi anni va ben oltre l’economia, supera anche la collaborazione militare, ma è la costruzione di un sistema ideologico la cui potenza e vastità non sono ancora state riconosciute”.

Tra l’altro, pare che i funzionari del Cremlino parlino apertamente del trattamento riservato ai bambini ucraini. E’ raccapricciante quello che racconta la commissaria russa per i diritti dell’infanzia, Maria Lvova Belova. Recentemente ha raccontato in un’intervista della sua esperienza con l’adozione di un bambino ucraino che proprio non voleva togliersi dalla testa la sua provenienza. Parlava soddisfatta dei risultati ottenuti: ora il bambino parla russo, non menziona il suo passato, è proprio come lo vuole il regime.

a cura di Domenico Bonvegna