La nostra vita ai tempi del Covid: troppa informazione nessuna informazione

di ANDREA FILLORAMO

Gli antichi greci crearono il concetto di “pharmakon”, riferito a una pianta curativa, cioè a una sostanza che può sia guarire che nuocere a seconda di come viene utilizzata: la giusta dose porta un beneficio, mentre l’eccesso può peggiorare la malattia. Da ciò, oggi, il cosiddetto “bugiardino” o “foglietto illustrativo” dei farmaci, che è un testo informativo, presente per legge in tutte le medicine in commercio che riporta le istruzioni necessarie per l’utilizzo del medicinale, che è, quindi, in sostanza, la carta d’identità del farmaco che ne garantisce un’assunzione corretta e sicura.

Ho pensato a lungo all’importanza del bugiardino mentre, leggevo, appunto, il foglietto delle indicazioni, di una medicina, prescrittami dal mio medico curante e subito mi è saltata in mente un’analogia con le indicazioni provenienti dal panorama mediatico delle varie televisioni italiane che, dalla mattina alla sera, ci informano della diffusione del Covid-19, la cui efficienza può dipendere anche dalla quantità. Mi sono subito ricordato di Umberto Eco che diceva: “troppa informazione nessuna informazione”. Non possiamo non condividere questa opinione di Eco, convinti che le informazioni sul Covid-19, come per qualunque altra cosa, se in quantità ragionevole e nella giusta dose, ci aiutano a decidere meglio e ci offrono un vantaggio, mentre troppe informazioni possono creare confusione e, alla fine, creano più problemi di quanti ne risolvano, come purtroppo possiamo osservare.

Ho pensato, inoltre, che tali indicazioni, la cui accettazione a differenza di quel che avviene per il farmaco di cui nel bugiardino, non sono ritenute sempre corrette e sicure, anzi contradittorie, perché provenienti da scienziati in disaccordo fra di loro e da fonti inquinate dalla politica o dagli interessi economici- finanziari, che evidenziano il divario sempre più ampio tra ciò che comprendiamo e ciò che pensiamo di dover capire. Da qui il più grande nemico della scienza, della filosofia e del buonsenso che è il cocktail del quale ci dobbiamo servire in questo momento non facile della nostra vita, cioè lo scetticismo, che è il buco nero tra i dati e la conoscenza, che succede quando le informazioni non ci dicono ciò che vogliamo o dobbiamo sapere.

Lo scetticismo è indubbiamente la tentazione in agguato che dobbiamo superare, in quanto ci fa rinunciare alla ricerca della verità, ci fa negare l’accessibilità della conoscenza, il cui inevitabile esito è l’equipollenza di ogni opinione e l’inconfrontabilità delle stesse. Viene, così raffermata la tesi classica dello scetticismo filosofico di ogni tempo, che così può essere riassunta: “La conoscenza del mondo reale ci è preclusa e tutto ciò cui possiamo aspirare è mera opinione”. Lo scetticismo si situa nella profondità del nostro animo e alimenta il ribellismo sociale, giustificato da quanti si sentono lesi nei loro diritti lavorativi con i provvedimenti obbliganti dei vari DPCM degli ultimi tempi e ci fa trascurare alcuni accorgimenti semplici e ormai ritenuti efficaci per il controllo del contagio che, se fossero osservati, con l’aiuto del governo, sarebbero superflui e inutili gli stessi DPCM. Ci chiediamo, intanto: in questa situazione “come vediamo il nostro futuro?”.

La risposta è una sola: mentre, in ogni caso, siamo attenti lettori scettici di grafici, ascoltatori di scienziati, mentre siamo dominati dal timore, dalla paura, dalla confusione, dall’incertezza, dobbiamo eticamente aderire con pienezza alle decisioni governative, che non devono e non possono essere disattese. Se la paura ha dominato le misure di contenimento, essa deve velocemente cedere il passo alla speranza. Ciò consentirà di sviluppare una nuova narrazione ottimistica di questa inattesa e brutta storia che stiamo vivendo, che vede nel sacrificio, nella costanza e nella ripartenza dell’Italia una piattaforma sulla quale costruire il nostro futuro e quello dei nostri nipoti.