LA GUERRA DEGLI ABORTISTI AMERICANI

Da qualche mese negli Usa i movimenti abortisti hanno letteralmente dichiarato guerra al mondo cattolico pro-vita, dopo che è trapelata sulla stampa una bozza della Corte Suprema americana che deve decidere in merito se restringere la legge sull’aborto.

“Sono giorni di grave preoccupazione. Lunedì 13 giugno gli stessi terroristi avevano bloccato le vie d’accesso alla Corte Suprema, dopo averlo ampiamente annunciato; solo per la solerzia della polizia, non sono passati all’assalto dei giudici. La decisione della Corte sull’aborto dovrebbe essere presa entro le prossime due settimane, ma il clima di tensione, le minacce e i complici silenzi di abortisti, istituzioni, grandi interessi finanziari e mass media proseguono senza sosta. Il reporter di Townhall, Julio Rosas, ha seguito la protesta del 13 giugno: i manifestanti pro aborto hanno bloccato diverse strade e tentato di ‘sequestrare’ la Corte, come anticipato dal gruppo pro aborto “Shut Down D.C.” la settimana precedente; alla marcia di qualche migliaio di persone si innalzava lo striscione: “La nostra casa è in fiamme”. Il peggio non è avvenuto, alcuni degli attivisti abortisti che hanno fatto dichiarazioni alla marcia avevano addirittura 14 anni, con loro un’insegnante che aveva trascinato con sé i propri studenti di terza media”. (Luca Volontè, La guerra degli abortisti, 17.6.22, lanuovbq.it)

Nei giorni scorsi questi gruppi violenti abortisti  hanno incendiato diversi centri pro life in Wisconsin, Alaska, Washington, Oregon e New York e vandalizzato più di una dozzina di chiese e centri di gravidanza.

I vescovi cattolici americani hanno nuovamente chiesto, con una dichiarazione ufficiale, la fine della violenza, dopo i continui attacchi alle chiese e ai centri di gravidanza pro life. In particolare, il cardinale Timothy M. Dolan, arcivescovo di New York (responsabile per la libertà religiosa), e William E. Lori, arcivescovo di Baltimora (responsabile per le politiche pro life), a nome di tutti i vescovi, hanno lamentato come questi atti siano chiaramente in “opposizione agli insegnamenti della Chiesa sulla vita nel grembo materno”. Inoltre c’è  un chiaro richiamo al colpevole silenzio del presidente Biden.

Dopo il tentato omicidio plurimo ai danni del giudice Brett Kavanaugh e della sua famiglia, e dopo le minacce sempre più violente contro i figli e le chiese frequentate da Amy C. Barrett e Samuel Alito, nonché contro questi stessi giudici, Biden non ha ancora espresso una sola parola di condanna verso questi terroristi interni e, addirittura, 27 deputati del Partito Democratico hanno votato contro l’approvazione finale della legge che dovrebbe rafforzare la sicurezza di giudici e funzionari della Corte Suprema. Peraltro al momento nessuna nuova misura di sicurezza è stata presa per la tutela dei giudici.

“Siamo di fronte a un fiancheggiamento e finanche a un sostegno, chiaro e gravissimo, alle violenze. I mass media “il-liberal” non hanno dato alcuno spazio, a sette giorni dagli avvenimenti, nemmeno al tentato omicidio del giudice Kavanaugh; in nessuna delle trasmissioni televisive dei grandi network di informazione americana – ABC, CBS, NBC e CNN – si è sfiorato il tema dell’incidente che poteva costare la vita al giudice e alla sua famiglia. Inutile chiedersi cosa avrebbero fatto i politici Dem e la grande stampa nazionale se ad essere minacciate fossero state le vite e le famiglie dei giudici liberal”. (Ibidem)

I violenti vandali abortisti, in primis il gruppo Jane’s Revenge, hanno invitato mercoledì 15 giugno tutti i loro adepti ad iniziare, anzi, a proseguire la guerra contro chiese, giudici e centri pro vita del Paese. Lo hanno fatto con un comunicato a cui, al momento, non è seguita alcuna reazione ufficiale della Casa Bianca. Anzi, Joe Biden e il suo governo pensa a un ordine esecutivo per contrastare le leggi pro life dei tanti Stati governati dai Repubblicani.

A questo riguardo sono preoccupanti le dichiarazioni dei giorni scorsi della vicepresidente Kamala Harris, che invece di gettare acqua sul fuoco, infiamma il dibattito. La Harris presume che “se passa la linea della Corte Suprema, non solo il supposto diritto di abortire andrà in soffitta, ma verranno cancellati anche molti altri “diritti” come il “diritto” alla contraccezione e ai “matrimoni” gay. I giudici della Corte Suprema si aspettavano questa mossa e nella bozza hanno scritto nero su bianco che la loro decisione invece riguarda solo l’accesso all’aborto. La Harris lo sa bene, ma vuole creare panico, cercare qualsiasi pretesto per incendiare ancor più gli animi e tenta di pescare suoi alleati anche tra le fila dei gay o tra le donne che usano la pillola”. (Tommaso Scandroglio, Aborto, la strategia di Kamala per incendiare gli animi, 24.5.22, lanuovabq.it). In pratica secondo il giornalista de Lanuovbq.it,

“La Harris esplicitamente afferma che uccidere il proprio figlio è espressione del diritto all’autodeterminazione, diritto che deve essere tutelato dalle intromissioni statali. Ecco perché la Harris lega il “diritto” all’aborto al diritto alla privacy, che garantisce appunto che il singolo viva la vita che vuole, non influenzato da eventuali condizionamenti statali”.

Naturalmente la Harris manifesta il pensiero liberista estremo, dove lo Stato deve tutelare il più possibile lo spazio di libertà del singolo prevedendo come unico limite la libertà degli altri singoli. Ma tale ultima libertà non è predicabile per alcuni soggetti e in relazione ad alcune attività o scelte. “Così ad esempio non esiste la libertà del nascituro di venire alla luce, non esiste la libertà di chiunque di criticare l’omosessualità e la transessualità, di affermare che maschio e femmina, pur avendo identica dignità, sono diversi, etc. Insomma la libertà e il diritto alla privacy valgono solo per alcune categorie di persone e per certe condotte. Per le altre categorie lo Stato può dunque intromettersi pesantemente nelle esistenze altrui vietando e sanzionando fino alla reclusione”.

DOMENICO BONVEGNA

dbonvegna1@gmail.com