
di Andrea Filloramo
Chissà quanti nel giorno dell’elezione di Papa Leone XIV si sono chiesti: “Chi è questo cardinale dal nome poco noto, scelto per guidare la Chiesa”? Nessuno o pochi fino ad allora avevano notizie di lui, né si pensava che quel cardinale fosse papabile. Oggi conosciamo la sua biografia, la sua genealogia, quello che ha fatto e detto prima di essere papa e ciò non poteva non accadere. Conoscere, infatti, il passato di un papa fornisce un contesto per comprendere le sue azioni, le decisioni e quel che forse sarà il suo pontificato. Le esperienze, le influenze culturali e le relazioni personali di un papa possono plasmare la sua prospettiva e il suo approccio al ruolo di leader spirituale della Chiesa Cattolica.
Oggi, a distanza di due mesi dalla sua elezione, con curiosità frammista a speranza per una Chiesa da rinnovare, cerchiamo di leggere nei suoi gesti e nelle sue parole qualcosa che ci dia delle indicazioni su quel che egli farà e quale, quindi, sarà il programma del suo pontificato.
Una cosa, però, ci appare chiara: guardando al suo modo di presentarsi in piazza San Pietro nel giorno della sua elezione, ascoltando i vari discorsi fatti ai cardinali, ai vescovi e ai preti che devono condividere con lui il ministero, di come interagisce con i fedeli, di come impartisce le benedizioni e di come celebra le liturgie, cogliamo alcuni aspetti della sua personalità.
Scopriamo, così, che Papa Prevost si presenta come un pastore deciso e mite, pronto sempre ad entrare in scena senza clamore ma con il passo molto leggero di chi sa ascoltare prima di agire.
Ci viene immediatamente da pensare che, dopo Papa Francesco che in ogni occasione faceva sentire la propria voce”, esprimeva le sue idee in modo assertivo, le caratteristiche psicologiche del nuovo Pontefice siano più che mai necessarie per gestire i conflitti che particolarmente negli ultimi anni del pontificato precedente ci sono state all’interno della Chiesa.
Rimaniamo colpiti dal fatto che i suoi discorsi siano ben strutturati, preparati con cura, per lo più in lingua italiana parlata perfettamente e comprensibili da tutti.
Ascoltandoli notiamo che il Papa gira attorno ad un’idea da lui espressa più volte con le seguenti parole: “La Chiesa non deve spaventare ma deve scaldare il cuore.”
Con questo invito egli riprende quanto sosteneva già Papa Francesco quando asseriva che la Chiesa è «bloccata», «parcheggiata dentro una religione convenzionale, esteriore, formale, che non scalda più il cuore e non cambia la vita».
Temi che Papa Prevost sicuramente e al più presto sa di dover affrontare in modo serio saranno quelli dell’amore e alla sessualità, su cui si è molto discusso all’interno della stessa gerarchia, giungendo a posizioni diverse o opposte.
Ci sarà un cambiamento di dottrina? Non lo sappiamo. Certamente il cambiamento riguarderà il tono con il quale il Papa tratterà queste tematiche delicate. Trarrà le conclusioni da quanto egli stesso ha detto quando ha affermato: “La Chiesa ha parlato tanto del peccato ma poco della bellezza dell’amore umano”? In questa prospettiva – come si può osservare – anche il corpo non deve essere visto come ostacolo alla santità, ma come via di comunione.
Abolirà il celibato sacerdotale? Sappiamo che il Papa ha definito il celibato “un tesoro prezioso, ma non un assoluto”.
Supererà le barriere poste dal secolare clericalismo, la vera “ peste” della Chiesa?
Concludendo: Leone XIV ha conquistato molti con la sua semplicità. Sicuramente ricorderà Papa Francesco per la cura dei poveri, Giovanni Paolo II per la forza comunicativa, Benedetto XVI per la lucidità teologica. Non sarà, però, una copia ma una sintesi originale e umile.
In fondo, Leone XIV non propone una Chiesa diversa dai suoi predecessori ma più fedele al Vangelo; una Chiesa che non pretende perfezione, ma offre compagnia; che non semina paura, ma speranza; che non giudica dall’esterno, ma si lascia toccare dalla storia concreta delle persone.
Come ha detto a sorpresa, al termine di una Messa feriale a Santa Marta: “La Chiesa non deve somigliare a una fortezza. Deve essere come un vecchio portico: aperto, semplice, pieno di luce”.