Carissimi,
nel tempo di Avvento la Chiesa ci presenta la figura di Giovanni Battista, precursore del Messia, colui che indica a tutti che la conversione è condizione necessaria per essere immersi nello Spirito Santo, Vita divina. Ultimo tra i profeti, il più grande fra i nati da donna, sarà precursore del Cristo anche nella morte, avvenuta nel carcere di Erode tramite decapitazione, perché voce scomoda del sistema.
Oggi, fortunatamente questo tipo cruento di eliminazione non viene più attuato, sebbene ogni giorno la società pratichi l’arte crudele della lapidazione non più con le pietre, ma tramite la parola.
Le cronache sono stracolme di narrazioni che puntualmente descrivono come e quante persone cadono in disgrazia, perché schizzate da getti pubblici di obbrobrio.
Nello specifico, le reti social e i mass media sono il terreno di scontro, luogo in cui la vendetta si abbatte sulle persone designate come “colpevoli” dal tribunale mobile dell’opinione pubblica.
Le notizie corrono svelte e rapide, incontrollate quelle piccanti e cattive, più lente e talvolta impacciate quelle buone.
La lapidazione di ieri è rimpiazzata oggi dal rumore, dalla calunnia, dal furore di un hashtag.
E tutto viene inghiottito dall’oscuramento. La tenebra non può mai legittimare la nostra pigrizia né nascondere i nostri difetti!
Sì, è facile rannicchiarsi nel nulla, nell’inganno, nella fuga anche virtuale, ma un faro rotto può essere sempre riparato e far luce su quanti si trovano smarriti nel mare aperto della notte.
Il popolo che abitava nelle tenebre, vide una grande luce (cfr. Mt 4,16).
Siamo tutti sotto lo stesso cielo, ma non tutti abbiamo il medesimo orizzonte!
Non si mira più al corpo, ma all’anima.
Quante penne intinte nel fiele, in pochi secondi stritolano la reputazione di una persona!
Quanti leoni da tastiera sbranano, comodamente seduti davanti al proprio PC, chi la pensa diversamente a livello politico, religioso, sociale, intellettuale!
Peccare di immediatezza! Chiudersi e restare dentro le logiche povere ed anguste, con prospettive limitate, violenti nell’emettere un giudizio.
Ai cristiani, che conoscono il Vangelo, torna alla memoria il racconto della donna adultera (Cfr. Gv 8, 3-11), trascinata davanti a Gesù dagli “osservanti della legge”: Ella ha peccato e la Legge sancisce che deve morire. Il Cristo, però, in un silenzio disarmante, non riprende la colpevole, ma gli accusatori: “Chi tra di voi è senza peccato, getti la prima pietra”.
Così, mediante una parola nuova e semplice, tace l’arroganza moralizzatrice che mette a nudo l’ipocrisia, la doppiezza e la falsità dei cuori.
Quanti nostri contemporanei, anche oggi, si schierano accanto agli accusatori che giudicano e si presentano a lanciare non una pietra, ma una valanga di sospetti, sarcasmi, invettive. Perché?
Viviamo in una società orfana di trascendenza. Laddove Dio viene censurato, la fiducia si sfalda. Basterebbe pensare per un solo attimo alle migliaia di persone che consultano e vivono secondo i pareri dei forum, abilmente animati e conditi di sospetti e diffidenza.
L’istantanea che si presenta è chiarissima: la perdita del legame col divino è sintomo di una società lontana dal “cielo”, ormai smarrita nelle ombre delle proprie paure.
Se guardiamo in profondità, scorgiamo di vivere in un contesto societario che genera violenza larvata, ma onnipresente, ove si attacca l’altro per non essere attaccati. Così ritornano alla mente i meccanismi fratricidi, con i quali Caino spia sempre fra le pieghe delle relazioni altrui.
Quanti tweet malevoli fanno sì che il presunto condannato non abbia più un nome, ma diventi “l’affare”. Sotto questo accanimento le persone diventano bersaglio degli strali che intaccano irreversibilmente la loro dignità. E la spirale di paurosa ostilità che monta, denota l’attuale tentazione di divenire nuovi “maestri della Legge”, pronti a scrutare le mancanze, a tranciare gli errori, a condannare senza appello.
Si ripresenta, con i dovuti aggiornamenti, la scena del Vangelo: i nuovi maestri non intendono ascoltare, interrogare, comprendere. Hanno già le armi mediatiche a portata di mano.
Non c’è un’alternativa all’annientamento di chi non è allineato e coperto?
Occorre riflettere e bene: nessuno di noi è esente. Tutti dobbiamo fare attenzione a non rifare gli errori di fondo degli esperti della Legge del tempo di Gesù.
Se loro gettavano fuori dal Tempio (pure oggi tanti vengono allontanati dalla chiesa!), ora corriamo il rischio di ridurre al silenzio chi vive diversamente. Così tanti sono i cristiani che diventano l’ombra di sé, incapaci di librarsi nel Sole della Vita.
Dicono di usare mitezza, ma le azioni quotidiane esprimono violenza e sopruso.
Dicono di aver cura delle relazioni con l’altro, ma di fatto testimoniano ostilità e doppiezza. Attenzione a non ingannare noi stessi!
Invito tutti non solo ad abbassare i toni di un linguaggio aggressivo, quanto a vedere nell’altro un simile, non una minaccia.
“Rivestitevi tutti di umiltà gli uni verso gli altri, perché Dio resiste ai superbi, ma dà grazia agli umili” (1 Pt 5,5)!
Facciamo sì che l’aria torni ad essere pienamente respirabile, attraverso la libertà e la fiducia, fondamenti di un’umanità veritiera. La vita chiama ad una nuova, inattesa fecondità e il cuore si fa accogliente, getta nuovamente le reti, prepara la culla, ricostruisce il bilancio del proprio esistere.
Vola alto. Trascina tutti.
Chi ama, vigila; e chi vigila, ama, perché chi vigila coglie i segreti dell’Amore, riposti nella Parola, quella Parola che si fa tenerezza, vicinanza, Alleanza nuova. Chiede silenzio e meditazione, capacità di saper ascoltare le lacrime perché solo un cuore che vigila, le sa raccogliere ed interpretare, divenendo conca che raccoglie insieme la pioggia della Parola che scende dal cielo, secondo il sentire di Isaia, e il pianto di chi è ferito nel profondo del suo essere uomo.
Sull’esempio di Gesù riscopriamo le parole che disarmano, rialzano e salvano.
A Natale contempliamo la Parola che si fa Carne (Gv 1,11): diamole, dunque, il necessario spazio perché le nostre relazioni incarnino almeno il desiderio e la capacità di dire, in un mondo pronto a imporre la legge del più forte: “Va’ in pace…neanch’io ti condanno”.
Auguri di un Natale dinamico, vero e amabile,
Ettore Sentimentale
