JIHAD E CROCIATA SONO PARAGONABILI?

Il grande pubblico e la maggioranza dei commentatori equipara jihad e crociata, come fossero espressioni speculari delle due religioni cui sono connessi. Ma è corretta questa visione? O è travisante? Con il piglio polemico, fondato su una rigorosa ricostruzione storica, Marco Meschini, nel libro, “Il Jihad & la crociata”, col sottotitolo: “Guerre sante asimmetriche”, pubblicato dalle Edizioni Ares (2007) fa chiarezza di questi temi tra storia e attualità.

Il libro di Meschini parte dalla lectio magistralis all’Università di Ratisbona di Papa Benedetto XVI, sul dialogo tra un dotto persiano e un imperatore bizantino del XV secolo, Manuele il Paleologo: “Mostrami pure ciò che Maometto ha portato di nuovo, e vi troverai soltanto cose cattive e disumane, come la sua direttiva di diffondere per mezzo della spada la fede che egli predicava”. Apriti cielo, queste parole hanno scatenato una ridda di proteste, minacce e violenze da un capo all’altro del mondo, e non solo negli ambienti musulmani, anche tra esponenti del mondo occidentale.

Allora il Jihad che cos’è , la guerra santa musulmana. Quando è sorto il Jihad, qual è il suo scopo? L’imperatore Manuele, argomenta ulteriormente: “Chi quindi vuole condurre alla fede ha bisogno della capacità di parlare bene e di ragionare correttamente, non della violenza e della minaccia[…] Per convincere un’anima ragionevole non è necessario disporre né del proprio braccio, né di strumenti per colpire né di qualunque altro mezzo con cui si possa minacciare una persona di morte”. Insomma Manuele il Paleologo, criticava l’espansionismo armato musulmano. Sono argomenti passati? Oppure vivi che meritano di essere approfonditi. Il testo di Meschini è suddiviso in due Parti, nella I si affronta il Jihad, nella II, La Crociata.

Che cos’è il Jihad, non c’è una risposta univoca, per Meschini se ne possono ricavare addirittura ben quattro di risposte, dove si parla di “sforzo, impegno, sostegno”, ma mai di “guerra”. Possono essere messe l’una accanto all’altra, come ha fatto il professore di Religione a Affari internazionali all’Università di Geogetown, John L. Esposito, uno dei massimi esperti di Islam a livello globale. Un punto fermo è che “qualunque cosa sia, il jihad è un elemento irrinunciabile della religione islamica, sia di ieri che di oggi”. Allora sbagliamo quando traduciamo jihad con “guerra santa”? Per rispondere a questa domanda per il professore Meschini è necessario risalire alle sorgenti dell’Islam, a cominciare da quello che ha fatto il profeta Muhammad, Maometto.

E’ proprio quello che fa Meschini, probabilmente delinea un tragitto a marce forzate, come lui stesso scrive a pagina 53. Nella descrizione di questo tragitto, ha dato la prevalenza alla dimensione totalizzante dell’islamismo (teologica, spirituale, etica, legale, sociale). Per poi successivamente occuparsi della dimensione militare.

Dunque la parola “jihad” per Meschini “rimanda a due concetti differenti ma non opposti: il primo di natura spirituale ed etica (ovviamente con risvolti sociali, politici ecc.), il secondo di natura squisitamente bellica”. Si tratta di due dimensioni accomunate dallo scopo di instaurare la Legge di Allah nel cuore e sulla terra, predicate dal profeta con risultati eccelsi. Tuttavia il doppio senso del Jihad è vero e difendibile sulla base del Corano. Il Jihad ha lo scopo di proteggere e rafforzare l’Islam e quindi i suoi fedeli. Può essere quindi difensivo e offensivo. Poi c’è la guerra, con la distinzione del territorio dell’Islam e il territorio della guerra. Tuttavia il jihad comprende idealmente al suo interno tutte le battaglie (qital) e tutte le guerre (hurub) musulmane.

Passando al tema della Crociata, Meschini racconta attraverso una documentazione adeguata, l’impegno della Chiesa di Roma a spingere il popolo cristiano alle spedizioni armate in Terrasanta. Urbano II e il monaco Pietro l’Eremita, entrambi di origine francese nel 1095 aprono un’epopea destinata a durare secoli, che avrebbe coinvolto milioni di uomini tra Europa d’Occidente e l’Oriente, Vicino e Medio Oriente, Nord Africa. Per Meschini si trattava di una vera e propria “rivoluzione mondiale”. Il professore ci tiene a precisare alcuni punti fermi a cominciare dell’obiettivo di Gerusalemme e quindi la Terrasanta che sono al primo posto per Urbano II. Come si evince dai documenti in possesso, il canone 2 del Concilio di Clermont afferma: “A chiunque abbia preso la via di Gerusalemme allo scopo di liberare la Chiesa di Dio, per spirito religioso e non per averne onore e denaro, il viaggio sarà riconosciuto come penitenza completa”. Poi Meschini fa riferimento a tre lettere del Papa che riprendono sempre questi concetti. A Gerusalemme non devono andare i monaci ma i milites. Dopo Clermont Urbano II fece una specie di tour propagandistico per lanciare e sostenere la crociata, incoraggiando il popolo e i loro sovrani. Sono quattro elementi elencati da Meschini, che caratterizzano la prima Crociata. Certamente lo scopo principale della crociata era di andare in soccorso dei cristiani orientali e il recupero manu militari della Terrasanta, che per certi versi escludeva un’offensiva contro l’Islam in quanto tale. Per Meschini è evidente che anche se può apparire assurdo per tanti nostri contemporanei, “Gerusalemme e la Cristianità orientale erano motivi sufficienti per imbracciare le armi e lasciare tutto […]”. Per il lungo e spericolato viaggio, altamente insicuro, definito “pazzesco” da qualcuno, tutto faceva pensare a rimanere nelle proprie case al sicuro.

Infatti, a questo punto il testo di Meschini risponda al grande quesito di quei tempi, visto il grande valore che si attribuiva alla Città Santa nel Medioevo, occorre capire il motivo “Perché uomini del tempo accettavano di combattere e morire in suo nome?”. Qual’era il reale significato delle sacre pietre gerosolimitane per i popoli di allora. E’ evidente che per i cristiani la Gerusalemme terrena rappresenta la Gerusalemme celeste. Il testo di Meschini descrive gli eventi che portarono poi alla conquista della città e quindi alle varie fasi che porteranno alla sua perdita.

L’ultima parte del libro si occupa dei protagonisti delle crociate: gli imperatori, re, i cavalieri e i fanti, arcieri, lavandaie, prostitute, cuochi, mercanti, naviganti, preti e monaci, santi e peccatori. Tutto un mondo che si identificava nella Cristianità. Per Horst Fuhrmann, la Cristianità fu “la comunità di tutti i cristiani, laici o ecclesiastici d’Europa, con una forte caratterizzazione religiosa e un accentramento progressivo del potere spirituale nelle mani del papato […]”. Pertanto, la Crociata era uno “specchio” della civiltà cristiana, della Christianitas, che assegnò alle crociate il compito di recuperare la Terrasanta.

A questo punto Meschini diventa critico nei confronti di certa pseudo storia, che ha visto nelle crociate una specie di colonizzazione di quei popoli del Medio Oriente. di contraltare a questo pregiudizio, c’è la favola che “le popolazioni cristiane sottomesse a regimi islamici nel Medioevo godessero di un trattamento nettamente migliore rispetto a quanto sarebbe occorso in ambito cristiano nei confronti delle minoranze di altre religioni”. In genere si porta il caso della “tollerante” al-Andalus, la Spagna musulmana, spazzata via dalla brutale azione di una Reconquista cristiana, considerata anch’essa come crociata e pertanto così come per le spedizioni in Terrasanta anche questa è stata fatta per motivi di basso interesse poltico-economico. Per Meschini, “si tratta di immagini falsate, tenuto conto delle oppressioni strutturali e delle persecuzioni ricorrenti patite dai cristiani sotto i regimi islamici quasi a qualunque latitudine […]”.

Meschini critica fortemente la tesi che il colonialismo moderno sia il padre di ogni colpa occidentale in quanto seminatore di sperequazione, come se le crociate abbiano gettato il seme del colonialismo moderno.

Un altro aspetto trascurato delle crociate per Meschini è quello della diplomazia. Per esempio Papa Innocenzo III per due volte nel 1213 e nel 1216, chiede umilmente in via “diplomatica” al sultano d’Egitto la restituzione di Gerusalemme al fine di evitare ulteriore spargimento di sangue. Ma anche a livello laico, ci fu una trattativa tra il re Riccardo I e il Saladino. Il re inglese aveva intenzione di far sposare una sua sorella con il fratello del Saladino, ma la donna non accettò di “concedere il proprio sesso a un musulmano”.

L’epoca classica delle crociate si chiuse nel 1291, anche se l’idea, si sarebbe conservata a lungo, non sbagliano alcuni storici quando qualificano come “crociate” anche altre imprese militari di stampo cristiano in epoca moderna, come la vittoria a Lepanto (1571) o a Vienna (1683).

L’ultima parte del volumetto si occupa del significato di “Militia Christi”, “Milizia di Cristo”, che è il fondamento del Cristianesimo, “essa indica l’adesione incondizionata alla Parola di Dio, ovvero a Cristo stesso”. Questa concezione è presente in Paolo di Tarso, il quale spesso utilizza termini militari per descrivere la condizione cristiana.

Meschini precisa come la Cristianità medievale produsse un nuovo modo di concepire “la militia Christi: accanto a quella ormai tradizionale dell’esperienza monastica, la militia della vita militare e in specie la cavalleria – appunto chiamata militia – fu nobilitata al punto da essere chiamata militia christiana se orientata al servizio del fratelli e alla difesa dell’’eredità di Cristo’, ovvero i Luoghi Santi e la Terrasanta”. A questo proposito non si dimentichi l’esperienza degli ordini religioso-militari per la protezione dei pellegrini in Terrasanta, i templari, gli ospedalieri, i cavalieri teutonici. Comunque in conclusione Meschini insiste sulla questione Jihad e Crociata. Il jihad è coessenziale all’Islam, mentre la Crociata non lo è. “Togliere il jihad dal volto dell’Islam è impossibile, a meno di deturparlo in una sua parte non irrilevante né secondaria”. Mentre per quanto riguarda la Crociata, scrive Meschini: “è espungibili dalla tradizione cristiana e, ancora più, non risiede nel suo essere intrinseco di religione storica e rivelata”.

DOMENICO BONVEGNA

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