INTERVISTA AD ANDREA FILLORAMO: VI RACCONTO BENEDETTO XVI

Qualcuno ha notato che negli articoli che hai scritto nel IMGPress concernenti il pontificato di Benedetto XVI e, particolarmente su quello a commento della sua morte e dei suoi funerali, i tuoi giudizi sembrano abbastanza severi ma vengono soltanto accennati. Sarebbe opportuno fare degli approfondimenti. Ciò per non far pensare che quanto hai scritto sia frutto di una semplice antipatia nei suoi confronti.

Rispondo con una considerazione: per natura, come tutti, sono stato sempre curioso degli altri; essi anche per me non sono quasi mai degli accadimenti neutri, sono declinazioni emotive, che stabiliscono vicinanza o distanza.

Funziona anche in me, quindi, il meccanismo simpatia/ antipatia, ma, nel parlare e nel pensare degli altri, e, quindi nell’esprimere particolarmente per iscritto un giudizio su una persona, mi chiedo sempre se per caso non mi stia sbagliando. 

Magari lascio il giudizio sospeso, almeno finché non abbia una conferma inconfutabile. Alla fine – diciamolo pure – dopo aver fatto la mia sintesi, non mi chiedo quanto abbia pesato nel mio giudizio la simpatia o l’antipatia.  

Ciò sicuramente non avviene, però, quando si parla di un Papa, sul quale per esprimere un giudizio, se di giudizio si può parlare, data la sua complessità e la mia non sempre facile accessibilità alle fonti, ho cercato di evitare di inquinarlo con il sentimento della simpatia o, ancor più grave, con quello dell’antipatia.

Si tenga presente che per anni ho insegnato Storia ed ogni avvenimento così ogni personaggio che ha inciso nella storia l’ho sempre visto e considerato attraverso categorie storiche e, quindi, il più possibilmente oggettive.

Quel che ho scritto, quindi, di Benedetto XVI, un personaggio di grandissima importanza e non solo perché dopo nove anni del suo pontificato ha abbandonato il soglio di Pietro, è stato ben ponderato e non ho alcuna difficoltà a dare dei chiarimenti.

Andiamo alla domanda delle domande: “Perché Benedetto XVI, a tuo parere, ha rinunciato al papato”?

A questa domanda risponde il segretario personale del Papa emerito Benedetto XVI, monsignor Georg Gänswein, in un libro con le sue memorie al servizio del pontefice tedesco.« Nient’altro che la verità. La mia vita al fianco di Benedetto XVI» che siamo fortunati se lo troviamo in libreria.

Tutta la risposta è, però dentro la “Declaratio”, quel documento che Ratzinger ha comunicato ai cardinali la sua decisione,  precisamente in quell’espressione: “evanescente aetate”, che, se tradotto velocemente, vuol dire: a causa dell’età che avanza.

Certamente una traduzione del genere, però, apre il varco a molte altre domande.

Seguendo la strada filologica:“evanescens” in latino che è stata la lingua usata dal Papa emerito all’atto della sua rinuncia, vuol dire ciò che si sta affievolendo, ciò che a poco a poco svanisce, ciò che si sta svuotando, e che quindi sta perdendo consistenza.

Nella folata di vento, per esempio, si può odorare un profumo evanescente, l’acqua sulla pietra lascia un disegno evanescente.

Il motivo, quindi, per il quale Papa Benedetto ha mollato è stata, sì, l’età che avanzava che non incideva però, fino a quel momento, sulla sua salute fisica e mentale, tant’è che visse dopo la sua rinuncia per un decennio.

Nessun Papa prima di lui anche in età molto avanzata, aveva mollato, come, per esempio Leone XIII, Giovanni XXIII, Giovanni Paolo II e non che non avessero problemi.

Diciamolo pure, nel rispetto assoluto della sua scelta che non è stata facile: Papa Benedetto, dopo nove anni per raddrizzare le barre della barca di Pietro, è crollato sotto il peso delle sue responsabilità.

Cerchiamo di riflettere: il Papa emerito, un uomo riluttante al governo, ad un certo punto, si è reso consapevole di non essere più capace di fare il Papa di una Chiesa al centro di una fase di disordine sistemico che non aveva precedenti dall’inizio del Cinquecento e che nel 2013 aveva visto solo l’inizio della tempesta, che lui stesso con il suo predecessore aveva contribuito a renderla tale e, per questo coraggiosamente, tempestivamente e con grande lucidità ha rinunciato al papato, pur garantendosi col suo divenire emerito la protezione da parte del suo successore, che gli assicurava non solo un monastero protettivo all’interno dei giardini vaticani ma anche la non esclusione totale dalla partecipazione alla vita della Chiesa.

Nei dieci anni, poi, del suo post papato ha creato, senza bisogno di regole e norme, una prassi perfetta per l’ex-papa: si è consegnato in una forma quasi di arresto volontario nei domini temporali del successore, s’è imposto un silenzio a cui non era tenuto, non ha scritto se non cose brevissime e sostanzialmente ripetitive di quanto aveva già detto, non ostacolò mai il suo successore pur essendo di temperamento e culturalmente diverso.

La domanda è d’obbligo: Benedetto XVI, ovverossia il Cardinale Ratzinger conosceva bene la situazione della Chiesa Cattolica prima del 6 gennaio 2005, data della sua elezione e sicuramente conosceva i suoi limiti, perché ha accettato il papato?

Che Benedetto XVI avesse voluto fare il Papa e avesse conosciuto i problemi della Chiesa cattolica nessuno può dubitare. Era già chiara a tutti la sua candidatura durante le esequie di Papa Giovanni Paolo II.

Egli, però, ha avuto la convinzione che i mali della chiesa e del mondo venissero dall’anno 1968 quando da giovane professore di teologia spaventato dal riformismo radicale dei teologi innovatori, e anche sotto lo shock dell’estremismo studentesco nonché da certe derive del Concilio ha fondato insieme al famoso teologo de Lubac, la rivista Communio, contraltare alla rivista dei riformatori Concilium.

Ratzinger non accettava e mai ha accettato da vescovo, da cardinale e anche da Papa che i mali della Chiesa fossero sistemici.

 Aveva, inoltre, perfetta coscienza, quindi, dei processi degenerativi cresciuti particolarmente nel periodo wojtyliano.

Eletto dal blocco conservatore nel conclave pensava di vincere contro le turpitudini, il malaffare, le miserie morali del clero, dell’episcopato, dei movimenti, della curia, ma il suo piano di risanamento come voluto dai conservatori ( se c’è stato) è fallito.

Stretto dalla morsa fra la sua riluttanza al governo e il disdoro di cui la sua cultura conservatrice non vedeva l’uscita, Benedetto XVI aveva così deciso di rinunciare al ministero petrino.

 Quindi quando tu affermi che Benedetto XVI conoscesse anche i suoi limiti, cosa vuoi dire?

Una risposta a questa domanda Ratzinger la dà nel libro-intervista con Peter Seewald “Ultime conversazioni”, uscito nel settembre 2016, in cui egli dice: «Il governo pratico non è il mio forte   è certo questa una debolezza Ma non riesco a vedermi come un fallito».

Da osservare che qui si tratta non di un fallimento personale ma del fallimento di una visione della Chiesa, come già detto, alla quale è stato sempre fedele, ritenuta anacronistica che ha condizionato il suo impegno papale e su questa visione probabilmente il successore di Papa Francesco si dovrà confrontare.

A nessuno sfugge il fatto che non è solo estetico che Benedetto XVI è stato considerato un Papa da museo.

Negli otto anni del suo pontificato, infatti, dal 19 aprile 2005, giorno della sua elezione, al 28 febbraio 2013, quando alle 20 rese effettive le sue dimissioni, Ratzinger ha rispolverato dall’armadio papale abiti che i suoi immediati predecessori avevano fatto cadere in disuso.

Perfino paramenti indossati dal beato Pio IX, l’ultimo Papa re dello Stato Pontificio. Immagini apparse ancora più anacronistiche alla luce del guardaroba estremamente semplice del suo successore, Papa Francesco, che la sera della sua elezione, il 13 marzo 2013, si presentò al mondo indossando soltanto la talare bianca.

Un vestiario, quello utilizzato da Benedetto XVI, che non lo ha per nulla aiutato a bucare lo schermo televisivo, contribuendo a offrire al grande pubblico l’immagine di un Papa conservatore che amava indossare le vesti sacre del Pontefice che si dichiarò prigioniero del neonato Regno d’Italia dopo la breccia di Porta Pia, il 20 settembre 1870.

Molte sono ancora le accuse che vengono fatte a Papa Benedetto.

Di molte i suoi nemici l’accusano

Di essi mi limito a fare un elenco senza entrare nel merito delle accuse mossegli:

1.Il suo silenzio per anni sul noto prete pedofilo Padre Maciel, che era così intimo di Papa Giovanni Paolo II da essere spesso invitato sull’aereo papale – e che abusò sessualmente di decine di seminaristi – aveva due mogli al suo fianco e abusò sessualmente dei suoi stessi figli. Padre Maciel non fu pienamente indagato fino al 2005 sebbene un vescovo di New York avesse denunciato le sue azioni all’ufficio di Ratzinger nel 1995.

  1. I suoi attacchi quando era a capo della Congregazione per la Dottrina della Fede (ex “Ufficio della Santa Inquisizione”) a teologi e responsabili pastorali di tutto il mondo
  2. Il suo (e del suo predecessore) riportare indietro l’Inquisizione e il banalizzare la Chiesa, riducendo la teologia a: un catechismo, un accordo con i dictat del Papa e della sua curia.
  3. I suoi attacchi implacabili alle comunità di base e alla Teologia della Liberazione.
  4. La sua (e del precedente Papa) promozione di “nuovi ordini religiosi”, inclusa l’Opus Dei, che è adesso invischiata in luoghi di grande potere tra cui la sede finanziaria dell’UE, la Corte Suprema degli Stati Uniti, la CIA l’FBI e i principali media statunitensi
  5. Il sostegno suo e del precedente papa ai gruppi di estrema destra, dalla Legione di Cristo di Maciel a Comunione e Liberazione, all’Opus Dei (130-144). Membri dell’Opus Dei sono stati posti come vescovi e cardinali in America Latina e ora in Nord America
  6. La sua distruzione dell’integrità del processo di canonizzazione, eliminando il ruolo dell’”avvocato del diavolo” nel sottolineare i lati oscuri del candidato. Tolto quest’ostacolo di mezzo, Ratzinger spinse per la canonizzazione del fondatore dell’Opus Dei, Padre Escrivà che ha elogiato Hitler – più velocemente di qualsiasi santo nella storia (106-125).
  7. L’aver coperto lo scandalo del clero pedofilo e l’aver messo l’immagine della Chiesa Cattolica al di sopra dei diritti dei bambini negli Stati Uniti, in Irlanda e ovunque.
  8. La sua mancanza di rispetto in pubblico per le altre fedi e il disconoscimento dell’ecumenismo religioso. Ratzinger come Papa è riuscito ad insultare l’Islam, l’Ebraismo, tutte le chiese protestanti (dicendo che non sono chiese) e la disciplina mente-corpo-spirito dello Yoga.
  9. La sua riaffermazione assoluta di una “moralità” del sessismo
  10. Le sue diatribe anti-cristiane contro le persone omosessuali, sostenute non in uno ma in due documenti: il suo ignorare la ricerca scientifica sull’omosessualità ha creato un’altra fase-Galileo nella storia della Chiesa.
  11. Le sue posizioni irresponsabili sul preservativo persino in un’epoca di AIDS e contro il controllo delle nascite in un momento di popolazione umana eccessiva su un pianeta affollato. Le sue posizioni sulla sessualità sono tutte basate sull’etica antiquata di Sant’Agostino e su nulla che Gesù abbia mai insegnato.
  12. La sua ingerenza nelle elezioni presidenziali del 2004, in cui Ratzinger ha istruito i vescovi americani che qualsiasi “politico cattolico” (vedi Kerry) che non avessero denunciato i gay e l’aborto non avrebbero dovuto ricevere la comunione. Ne risultò che in ben tre stati si ebbero degli insoliti voti ai Repubblicani da parte dei cattolici – se solo uno di loro avesse avuto un voto cattolico più normale, Kerry – e non Bush – sarebbe diventato presidente.