In libreria “Il pane di Gadda” di Dario Malini, la Grande Guerra nelle memorie del tenente Sobrero

di Carolina Morisetti

Esce in libreria in questi giorni, per l’editore Lavinia Dickinson di Pesaro, il saggio storico di Dario Malini Il pane di Gadda. La grande guerra del tenente Sobrero sulle Dolomiti, sul Piave, nei lager di Rastatt ed Ellwangen. L’autore di questo libro, impegnato da anni in un utile lavoro di recupero delle memorie figurative e letterarie disperse della Grande Guerra, ricostruisce in questo corposo volume la vicenda dimenticata di Felice Sobrero, caporale all’inizio della sua avventura, nel 1915, tenente nel 1917. Rampollo di una nota famiglia di industriali torinesi che (citiamo dal testo Incontri reali e anche meno del figlio Ettore), «come i Buddenbrook di Lubecca narrati da Thomas Mann, avevano tutti, chi più chi meno, inclinazioni artistiche», Felice, oltre a essere un discreto violinista, dipingeva, mentre il padre praticava la pittura e la madre suonava il pianoforte. 

 

Il presente, imponente lavoro di ricostruzione, è stato reso possibile dal fortuito rinvenimento, compiuto dall’autore, del voluminoso epistolario del militare, caleidoscopico contenitore di episodi toccanti, fatti curiosi, notazioni originali, puntuali narrazioni di battaglie, cronache di lunghi e sfibranti momenti di stasi e, soprattutto, lucide riflessioni sui paradossali meccanismi interni della prima guerra globale. Si tratta, nell’insieme, di circa 500 lettere, la parte più corposa delle quali riguarda il fronte dolomitico (dal maggio 1915 al maggio 1917), capaci di delineare una persuasiva fenomenologia del combattente d’alta montagna. Le restanti missive hanno origine, invece, nel fronte dell’Isonzo, dove il giovane fu spostato a partire dal maggio 1917, quando dovette partecipare alla X, XI e XII battaglia dell’Isonzo, raccontandole in presa diretta, giorno dopo giorno, sino al quel fatale 30 ottobre 1917 in cui, nel corso della capitale battaglia di Caporetto, cadde infine prigioniero degli austriaci.

 

Di qui in poi la ricostruzione può proseguire grazie a un ulteriore ritrovamento di Malini, consistente nel pregnante diario di prigionia di Sobrero, corredato da molti interessanti disegni all’acquarello. Scorrendo questo prezioso libricino, il lettore può seguire l’estenuante viaggio di trasferimento del prigioniero verso la Germania e quindi la sua lunga detenzione, prima nel Russenlager di Rastatt (dove era rinchiuso anche il sottotenente degli alpini Carlo Emilio Gadda) e poi nel campo definitivo di Ellwangen. In questa seconda parte del volume, dedicata alla prigionia, è possibile osservare (anche letteralmente, attraverso i disegni di Sobrero, sovente caratterizzati da notevole humor, si vedano ad esempio le figg. 1 e 2) la drammatica esperienza di reclusione dei “vinti di Caporetto”, segnata dalla fame, dal freddo e dalla malinconia.

 

Malini è un consumato narratore, capace di condurre passo passo il lettore all’interno del mondo mentale del protagonista di questa vicenda, fino a fargliene percepire i pensieri, le reazioni emotive più riposte, le illuminazioni, le modalità con cui affrontava le difficoltà immani che quotidianamente si trovava davanti. Così, attraversando questa singolare esperienza di guerra e prigionia, il lettore comprenderà di avere incontrato in Sobrero un uomo di raro valore, capace – valendosi delle notevoli risorse del carattere – di trascendere l’orrore del mondo irragionevole in cui era stato gettato, dominato dall’annientamento e dalla dissoluzione della carne e della memoria.

 

È rilevante constatare come, riguardo alla durissima esperienza del lager, gli scritti di Sobrero, anche quelli riferiti ai momenti più amari, raramente contengano toni analoghi a quelli delle drammatiche e spesso disperate testimonianze coeve di altri detenuti, stemperati da una vena peculiare che sembra permettergli di guardare alla pur angosciosa situazione della prigionia con un pizzico di ironico distacco, in un atteggiamento sommamente resiliente, che gli rendeva possibile superare il dolore, la paura, l’alienazione, la terribile stagnazione indotta dalla cattività, e di alimentare, nonostante tutto, la vita dello spirito.

 

Nel suo diario, ad esempio, per alludere alle privazioni della fame, il giovane si avvalse delle apprezzabili capacità artistiche di cui disponeva, adottando un procedimento comunicativo alquanto moderno, consistente nel raffigurare alcuni oggetti-simbolo, decontestualizzati e associati a titoli provocatori quali il Salamino pallido (fig. 3), E… la sbobba (fig. 4) e, particolarmente significativa, La razione di pane in 5 (fig. 5), raffigurazione che Dario Malini definisce efficacemente “il pane di Gadda”. Oggetto di contrastata passione e ardente desiderio, il pane viene infatti spesso evocato nel gaddiano Giornale di guerra e di prigionia: «Trangugiai a morsi rabbiosi e voluttuosi il pane, distribuito verso le 18, il solito quinto di pagnotta nera, impastata di segale e patate. Questo quinto risulta da un’accurata divisione della pagnotta: le porzioni si misurano al millimetro e al grammo, poi si sorteggiano col tratto delle dita».

 

È dunque ragguardevole che venga mostrato qui al lettore, citiamo dalla prefazione a questo volume di Antonio Gibelli, «l’immagine stessa del pane diviso in cinque parti di cui parla lo scrittore lombardo, sia pure nella versione sdrammatizzante di Felice Sobrero». Il disegno intitolato La razione di pane in 5 di Sobrero gioca infatti argutamente sul contrasto tra la natura dimessa dell’oggetto e la risibile solennità con cui è nominata in didascalia, vergata in pomposi caratteri gotici. Ed è sorprendente osservare, in un prigioniero, una tale leggerezza di modi, espressione della sua caratteristica vis comica.

In definitiva, Il pane di Gadda è un libro importante, che (come ci dice l’autore nell’introduzione) ridà voce a una categoria di combattenti numericamente considerevole, ma che trova pochissimo spazio negli studi dedicati al primo conflitto mondiale (come nella memoria collettiva): quella degli ufficiali di complemento che non volevano la guerra.

 

La vicenda recuperata dall’oblio di Felice Sobrero consegna dunque un tassello rilevante alla nostra conoscenza di ciò che fu davvero la Grande Guerra, configurandosi come un attualissimo, tortuoso, drammatico, illuminante, e in parte anche esemplare, percorso di salvazione dalla disumanità e dall’abbrutimento che ogni guerra inevitabilmente induce.

 

Scheda dell’opera

 

Autore: Dario Malini

Titolo: Il pane di Gadda. La grande guerra del tenente Sobrero sulle Dolomiti, sul Piave, nei lager di Rastatt ed Ellwangen

Prefazione di Antonio Gibelli

Lavinia Dickinson edizioni, Pesaro 2022

  1. 460 (49 illustrazioni)

ISBN 9788894528855, € 18,90.

Nota biografica dell’autore

 

Dario Malini è nato a Milano. Da molti anni si occupa di storia della Prima guerra mondiale, cercando di decodificare ciò che il primo conflitto dell’età moderna rappresentò davvero per gli uomini e le donne che lo vissero. Il suo modo di raccontare quei giorni parte sempre dalla viva voce dei soldati, prediligendo le documentazioni che fanno leva su una chiave di lettura peculiare e rivelatrice: quella dell’arte. A tale scopo, nel 2010, ha fondato l’associazione Arte Grande Guerra, tramite la quale ha salvato dall’oblio, e valorizzato, un numero considerevole si opere figurative e letterarie disperse degli artisti-soldato che operarono in quegli anni funesti e rivelatori. È autore dei testi Il pane di Gadda. La grande guerra del tenente Sobrero sulle Dolomiti, sul Piave, nei lager di Rastatt ed Ellwangen, pubblicato con Lavinia Dikinson nel 2022, Taccuino di un nemico e Il sorriso dell’obice, usciti per Mursia rispettivamente nel 2013 e 2011. Con Arte Grande Guerra edizioni ha pubblicato Quella cosa grande (o fetente) che è la guerra, diario di guerra di un ragazzo del ’99 (2016) e il saggio letterario La Grande Guerra di Italo Svevo. La scoperta di una fonte letteraria ignota de «La coscienza di Zeno» (2018) e, assieme alla storica dell’arte Carol Morganti, i seguenti cataloghi, editi in occasioni di eventi espositivi riguardanti opere recuperate dall’associazione: Henri Desbarbieux: Verdun 1916 (2018); Zona di guerra: il “locus terribilis” della modernità (2015); 1914-2014 La guerra invisibile (2014) e 1914-1918 L’arte dispersa (2011).