Il Vangelo secondo Andrea Filloramo: l’istituto dei vescovi emeriti, previsti dal Diritto Canonico

di ANDREA FILLORAMO

 

Di Mons. Calogero La Piana SDB, che fu arcivescovo e archimandrita di Messina, Lipari e Santa Lucia del Mela, che ha lasciato una lunga scia di ricordi in quella che è stata per un decennio l’arcidiocesi in cui ha esercitato il suo ministero episcopale e dalla quale inopinatamente nel settembre 2015, si è dimesso, sono molti, incluso il mittente di un SMS inviatomi, quelli che desiderano avere delle notizie, che, però, è molto difficile averle, anche per la riservatezza, la discrezione e il controllo, che sono – da quando La Piana si è dimesso –  caratteristiche e qualità  abituali, che non possiamo non rispettare e apprezzare.

Per avere delle informazioni che non nascano dalla curiosità che può essere anche malsana, una strada possibile da seguire è quella di Internet, che è sempre la fonte inesauribile di conoscenze e di fatti che bisogna però attentamente vagliare e spesso filtrare.

Ciò, appunto, io ho fatto, per rispondere a delle richieste, fatte dal mittente di quella email citata, utili per una ricerca universitaria concernente l’istituto dei vescovi emeriti, previsti dal Diritto Canonico.

Ho navigato, quindi, sulla Rete e, senza indugiare molto su alcun video, immagine o scritto, ho ricavato molti appunti, fino a quando gli occhi mi sono caduti, su un post del “Notiziario dell’Ispettoria Salesiana Sicula” che, in data 25 settembre 2018, facendo riferimento a Mons. La Piana, dava sull’arcivescovo una notizia che, come ho potuto osservare, veniva ripresa da alcuni giornali.

Il Notiziario, rintracciato in Internet, informava, infatti, con spiegabile enfasi ma con assurdo trionfalismo, che l’arcivescovo emerito – di cui occorre per inciso dire che è orgogliosamente un Salesiano – prima di essere vescovo e Ispettore dei Salesiani della Sicilia, era stato nominato, a tre anni precisi dalle sue dimissioni (24/9/2015 – 25/9/2018) “in segno e dimostrazione della stima del Santo Padre nei suoi confronti, Canonico del Capitolo della Basilica Papale di San Pietro”.

Su tale notizia, pertanto, mi sono a lungo soffermato. Proprio allora mi sono rammentato di una frase di Primo Levi: “La facoltà umana di scavarsi una nicchia, di secernere un guscio, di erigersi intorno una tenue barriera di difesa, anche in circostanze apparentemente disperate, è stupefacente, e meriterebbe uno studio approfondito. Si tratta di un prezioso lavorio di adattamento, in parte passivo e inconscio, e in parte attivo”.

Chiedo venia ai figli di don Bosco verso i quali ho sicuramente il massimo rispetto se abuso ed eccedo, in virtù della mia innata vis polemica con questa citazione.

Leggendo, poi, i vari post e interventi, ho rilevato quanto numerosi fossero coloro che hanno seguito la vicenda umana dell’arcivescovo emerito e come a quella notizia, pubblicata su quel Notiziario, si fosse alzato un quasi “grido di giubilo”, da parte di preti e laici estimatori dell’arcivescovo, che vedevano erroneamente in quella nomina, a firma del Segretario di Stato: il Card. Parolin uno sguardo di attenzione del Papa nei confronti di un vescovo che ritenevano ingiustamente accusato da una certa stampa di aver mancato ai suoi compiti episcopali, riscattandolo così dalla gogna e a far tacere i “murmurantes”, che in ogni caso non mancano mai.

Il Notiziario, quindi e quelli che hanno condiviso la notizia sostenevano facendo propria l’idea che Mons. Calogero La Piana, fosse stato gratificato dopo alcuni anni dalle sue volontarie sofferte dimissioni dall’arcidiocesi peloritana, interpretate in varie maniere, con l’essere reso partecipe dal Papa o da chi per lui, di un gruppo ristretto di vescovi e preti (circa 30), appartenenti all’ antica e venerabile istituzione del Capitolo Vaticano, istituito nel lontano 1053 dal Papa Leone IX.

A questo punto, la mia domanda è stata d’obbligo: «Da che cosa è nata la convinzione o l’affermazione che la nomina a Canonico della Basilica di S. Pietro sia un “segno e la dimostrazione della stima del Santo Padre nei confronti dell’arcivescovo La Piana?”».

Si dica chiaramente che l’essere canonico della Basilica di San Pietro ed è bene scriverlo a caratteri cubitali, è un  beneficio  semplice, cioè “sine cura”, che, perciò, non comporta il peso della cura delle anime, fasullo, anacronistico come sono anacronistici e fasulli molti atri titoli esistenti nella Chiesa Cattolica, in quanto “vecchi residui di un ciarpame aristocratico in una Chiesa che per lungo tempo ha identificato le sue maggiori cariche con l’aristocrazia“ che adesso, con Papa Bergoglio non dovrebbe più esistere. Esso è un “titolo d’onore, che in un molto lontano tempo rappresentava un elemento di prestigio offerto in dono da signorotti e nobili per ingraziarsi personaggi potenti o per dimostrare riconoscenza a loro alleati” e oggi non ha motivo di esistere.

Quindi è assurdo pensare che il papa abbia voluto gratificare Mons. La Piana con un titolo del genere.

Ciò, però, che mi ha particolarmente colpito di questa ipocrita faccenda, è stato il fatto che l’arcivescovo emerito, persona intelligente e conoscitore della Storia della Chiesa, appaia, nelle foto relative all’investimento di questo titolo che vediamo in Internet, se non entusiasta, sicuramente contento o forse rassegnato di questa non si sa se attesa o inattesa nomina e, quindi, si dimostra, nelle foto, appagato nel fregiarsi di un titolo del genere.

Nell’accettazione del canonicato da parte di La Piana è certo che non ci sono motivi economici. Se infatti i titoli pontifici una volta erano legati a ricchi benefici oggi, per fortuna, a “emolumenti”, che tendono a diminuire sempre di più. Sarebbe questo un “suicidio morale” per La Piana, inaccettabile e quindi non pensabile.

Non a caso, per quanto concerne il Capitolo di S. Pietro, cito quanto scritto proprio in questi giorni dal Messaggero, in cui leggiamo: “A tutti i canonici di San Pietro sono stati tagliati i cosiddetti ‘emolumenti’ già a partire da questo mese. I canonici di S. Pietro – riferisce il Quotidiano – potranno beneficiare di una sorta di ammortizzatore sociale interno alla Chiesa, un fondo di solidarietà predisposto e foraggiato negli anni con accantonamenti che per l’appunto sarebbero stati utilizzati in periodi di magra”.

Se questo è vero, riferendoci non solo all’arcivescovo emerito La Piana ma a tutti i 34 canonici di S. Pietro, a conclusione, potremmo applicare loro quell’etichetta o quel detto tipico siciliano e meridionale, che per decenza non citiamo, riferibile a quanti dopo aver subito un torto sottostanno anche al dileggio.