
di Andrea Filloramo
Rispondo a chi, fra l’altro, mi ha scritto: “Noto che, per Papa Leone XIV non sempre sarà facile gestire mediaticamente la sua figura, poiché lo renderanno un personaggio popolare e alimenteranno così il culto della personalità come è avvenuto per altri papi”.
………………………………………………………………………………………
Premetto che il cosiddetto “culto della personalità”, al quale fa accenno il mittente della email che mi pervenuta, è una forma di venerazione, di ammirazione, di idealizzazione o di esaltazione rivolta ad una figura ritenuta carismatica, quasi infallibile e superumana, con cui si tende a enfatizzare le sue qualità personali ben oltre a ciò che la sua funzione richiede.
Riferito ai papi, il culto di personalità è un fenomeno complesso che si è manifestato già nei primi secoli della Chiesa; si è ripetuto durante il Medioevo e il Rinascimento e nell’età moderna, quando alcuni papi erano ritenuti e amavano ritenersi quasi onnipotenti e sovrani assoluti, al pari o superiori anche agli altri monarchi, nei quali tutto il potere era concentrato nelle mani, che governavano senza vincoli, leggi condivise o organismi di controllo.
E’ vero che il culto di personalità è stato sicuramente quello che alcuni decenni fa, si è rivelato attorno al Papa Giovanni Paolo II, che è stato reso un’icona globale, con una forte risposta emotiva da parte dei fedeli, ma non ai suoi successori come Benedetto XVI, schiacciato dal “munus” pontificale che non è riuscito a portare, tant’è che si è dimesso o a Papa Francesco, che ha mostrato la sua umanità fatta di forza e di debolezza e che è stato percepito come un uomo spesso sopraffatto dai pensieri, dalle emozioni, dalla difficoltà nel prendere decisioni, perché osteggiato, tanto da essere da alcuni anche odiato.
Oggi, quindi, il culto di personalità non è facilmente applicabile, né “de facto” né “de jure”, al papa poiché lo consideriamo uomo con dei limiti e delle fragilità, le cui decisioni non sempre e in ogni caso, devono esser accettate.
Per tali motivi ritengo improbabile che emerga, come nel passato, un culto della personalità intorno a Papa Leone XIV, che, oltretutto, è descritto come «taciturno e umile», uno che rimane lontano dai riflettori, che prende le distanze da uno stile mediatico, scegliendo un pontificato più riservato.
Sappiamo che il nuovo Papa è stato scelto dal conclave come figura di mediazione per unire la Chiesa, che ha preso il nome di Leone XIV in omaggio a Leone XIII, che aveva promosso la “dottrina sociale della Chiesa”, segnalando continuità e non strappi.
Pur avendo egli tratti distintivi (è il primo Papa statunitense, missionario in Perù, agostiniano), non ha perso tempo in campagne simboliche o raffigurazioni grandiose.
La sua figura appare oggi come quella di un “pastore uno di noi”, non di un leader-carismatico, un vescovo che vuole apparire.
Il suo, quindi, sarà un pontificato sobrio, essenzialmente di continuità e dialogo, non incline a creazioni mediatiche di un culto personale e in lui, quindi, non è prevedibile alcuna operazione di autoreferenzialità o proiezione mitica.
Nella Chiesa cattolica – almeno è quello che auspichiamo – al centro dell’attenzione non ci sarà più il Papa, ma la Chiesa che, se si distacca dal Vangelo, perde la sua autenticità, diventa solo un’istituzione formale o burocratica, anziché una comunità vivente di fede e amore, perché senza la bussola del Vangelo, possono diffondersi interpretazioni errate o compromessi con il mondo, che confondono i fedeli.
La Chiesa rischia di perdere credibilità agli occhi del mondo se non vive coerentemente il messaggio di Gesù, diventando meno capace di attirare e trasformare le persone. I cristiani possono sentirsi smarriti o lontani dalla comunità, se questa non parla più con voce chiara e fedele al Vangelo.
Domandarsi se il nuovo Papa riuscirà a riportare la Chiesa più vicino al Vangelo è una domanda che molti si pongono, specialmente in tempi di grandi sfide sociali, culturali e spirituali.
Sappiamo che la Chiesa è una realtà complessa, fatta di tante persone, strutture, culture e dinamiche. Il Papa la può guidare, ma ha bisogno di collaborazione, soprattutto dai vescovi, dai sacerdoti e dai fedeli.
Ha bisogno della Curia Romana, giacché, come egli stesso disse: “i Papi passano ma la Curia rimane” e ha ribadito che “La Curia deve essere uno strumento di servizio, non un centro di potere» (Discorso alla Curia Romana).
Supererà sicuramente il Papa le resistenze che all’interno della Chiesa, ci sono. Sarà questa una sfida spirituale fondamentale per mantenere viva la fedeltà al Vangelo e la testimonianza cristiana nel mondo
La sua sarà una riforma silenziosa ma permanente, fatta di passi concreti e di sfide continue.
La riforma, che Papa Leone farà, sarà essenziale per evitare che la Chiesa si allontani dal suo centro spirituale, il Vangelo.
Come già aveva sottolineato Papa Francesco, «solo una Chiesa che serve può essere una Chiesa credibile e amata» e non una Chiesa che si presenta con la faccia di un Papa che può anche non piacere, che, oltretutto, prima o dopo sarà sostituito da un altro che ne mostrerà un’altra.