IL VANGELO SECONDO ANDREA FILLORAMO: la Chiesa Cattolica non è un partito che cambia linea con il cambio del leader

di Andrea Filloramo 

Alcuni osservatori, nei media e nei circoli ecclesiastici, hanno cercato di contrapporre Robert Prevost a Papa Bergoglio e non hanno pensato che la Chiesa Cattolica non è un partito che cambia linea con il cambio del leader, ma è un corpo vivente che cresce nella fedeltà creativa al Vangelo. 

Non hanno neppure osservato che Robert Prevost, prima di diventare Papa,   è stato, da fedele agostiniano, non un uomo di rottura ma un moderato, e che, divenuto Pontefice, già nelle sue prime dichiarazioni e decisioni, ha   subito mostrato, in continuità con Papa Francesco, lo stesso orientamento alla pastorale inclusiva.  

È non solo, quindi, auspicabile ma pensabile che Egli porterà avanti, magari con stile personale e con un’enfasi particolare sul discernimento culturale e pragmatico e sull’unità della Chiesa, un’agenda di riforme, senza fare strappi col pontificato precedente. 

Durante il suo pontificato, non vedremo, quindi, delle grandi rivoluzioni improvvise, ma processi lenti, maturati sempre nel dialogo e nel discernimento comunitario e assisteremo, pertanto, ad un   pontificato gradualista e riformista.  

Leone XIV seguirà sicuramente la linea indicata da papa Francesco nella “Evangelii Gaudium” e nella “Amoris Laetitia”, dove la pastorale si basa sull’accompagnamento e sul rispetto dei tempi delle persone e delle comunità.  

Siamo certi che Egli romperà definitivamente l’immobilismo che si era consolidato nella Chiesa, soprattutto durante il pontificato molto istituzionale e dottrinale di  Benedetto XVI, impegnato, da grande teologo come era, a  mantenere una linea di forte rigore dottrinale e istituzionale, salvaguardare la fede cattolica dalle derive moderne, consolidare la struttura e l’identità della Chiesa e affrontare le sfide culturali con fermezza, che Papa Bergoglio, per obiettivi problemi  interni e per le spinte anticonciliari, era riuscito solo in parte a spezzare. 

Ridimensionerà ma difficilmente sconfiggerà il secolare clericalismo, considerato da Papa Francesco la “peste”, che si è radicato nella cultura tanto da essere considerato normale, anzi parte integrante del modo di pensare e vivere della società. 

Papa Leone riorganizzerà la Curia romana, che il suo predecessore ha  voluto snellire e semplificare, aprendo concretamente ai laici — incluse le donne – concedendo a loro di guidare dicasteri, dando impulso a un maggiore controllo e trasparenza finanziaria, a misure contro la corruzione e riforme dell’IOR e della Segreteria per l’Economia. 

Sappiamo tutti che Papa Francesco, nonostante i suoi sforzi nell’organizzazione della Curia, ha incontrato difficoltà significative, come le resistenze ai cambiamenti che hanno rallentato e hanno indebolito l’attuazione pratica delle riforme, le tenzioni e i conflitti personali tra prelati, con alcune nomine considerate controverse.  

Conseguentemente la transizione risulta incompleta; la riforma anche se è stata strutturata, richiede forse maggiore tempo per essere pienamente implementata e assimilata. 

In sintesi: Papa Francesco non si è limitato a parlare di riforma — l’ha incarnata.  

Ha aperto processi che non si sono conclusi con lui, ma che   Leone XIV dovrà accompagnare e discernere con gradualità, senza tornare indietro ma forse con un passo più riflessivo e ordinato. 

Prevost, venuto dopo Papa Francesco, non sarà e non può essere, quindi,  un papa conservatore o statico, ma un papa aperto al cambiamento, soprattutto in ambiti come: la sinodalità, ovvero una Chiesa più partecipativa e meno centralizzata, il dialogo interreligioso e culturale, la promozione del ruolo dei laici, comprese le donne, una maggiore attenzione alle periferie geografiche ed esistenziali. 

Questa doppia cifra — gradualismo e riformismo — farà sicuramente di Leone XIV un papa di continuità con Francesco, ma con uno stile proprio, forse più riflessivo e sistematico, come si addice alla sua formazione accademica e teologica. 

Con Papa Leone o con i suoi successori si ritornerà dopo tanti secoli a una Chiesa sinodale, che non avrà più una forma piramidale, fortemente clericale o per meglio dire afflitta dal clericalismo, la malattia che rende il clero il proprietario della Chiesa.  

Si affermerà e non soltanto a parole che solo Cristo è il capo della Chiesa, (cf. Efesini 1,22-23; Colossesi 1,18); che il clero (vescovi, sacerdoti, diaconi) ha il compito di servire e non di possedere; che il popolo di Dio comprende tutti i battezzati, che la Chiesa è comunione, non proprietà privata. 

A tal proposito è veramente interessante e cristianamente coinvolgente il fatto che Papa Leone XIV, durante l’omelia con cui ha avviato il suo pontificato, abbia detto con la solennità che quel momento richiedeva: 

Se la pietra è Cristo, Pietro deve pascere il gregge senza cedere mai alla tentazione di essere un condottiero solitario o un capo posto al di sopra degli altri, facendosi padrone delle persone a lui affidate (cfr 1Pt 5,3); al contrario, a lui è richiesto di servire la fede dei fratelli, camminando insieme a loro: tutti, infatti, siamo costituiti «pietre vive»  chiamati col nostro Battesimo a costruire l’edificio di Dio nella comunione fraterna, nell’armonia dello Spirito, nella convivenza delle diversità. Come afferma Sant’Agostino: “ La Chiesa consta di tutti coloro che sono in concordia con i fratelli e che amano il prossimo”.