Il Vangelo secondo Andrea Filloramo: il business dei matrimoni

di ANDREA FILLORAMO

Ho ricevuto un’email di un tale che si firma dott. R.D. che fra l’altro mi scrive:Mia figlia divorziata presto si risposerà civilmente… Un prete si è offerto di benedire le nozze, anche se la Chiesa lo proibisce …Che cosa ne pensi tu?”.

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Rispondo a questa email, che mi dà l’occasione di chiarire la mia posizione di fronte a un fenomeno poco conosciuto, del “business dei matrimoni”, al quale, come mi risulta da diverse fonti, prendono parte attiva ma ovviamente occulta, in forme e dimensioni diverse, anche dei sacerdoti.

Su questo argomento ho già scritto un articolo su IMGPRESS, che vorrei riprendere per chiarire degli aspetti che sono stati forse messi in ombra e che sono stati da qualcuno incompresi o mal compresi, specialmente se la sua lettura è stata frettolosa o superficiale.

Racconto, in breve, perciò, i fatti così come sono avvenuti che mi hanno indotto a scrivere quell’articolo che aveva il fine di mettere sull’avviso coloro che, per avere quanto desiderano avere dalla Chiesa che la Chiesa, però, non dà o non può dare, si affidano ai “venditori di fumo”, che oltretutto vengono sempre pagati.

Ho partecipato, infatti, ad un ricevimento di matrimonio civile, di una coppia, di cui la parte femminile era divorziata, che si è tenuta in una meravigliosa “location” (di queste ce ne sono tante in Italia), in cui c’era davvero tanto da vedere e da ammirare, con un servizio eccellente e dove un sacerdote, ha celebrato pubblicamente per i due novelli sposi, il rito cattolico del matrimonio, rito negato, come si dovrebbe sapere, dalla Chiesa ai divorziati.

Sono rimasto colpito da quell’ inaspettato “spettacolo”, tuttavia sono riuscito a non manifestare la mia meraviglia, per non turbare il proseguimento della festa, che si è svolta in modo eccellente con la piena soddisfazione di tutti.

Ciò, fino a quando una dipendente della stessa location, con la quale mi sono fermato elogiando l’organizzazione della struttura, fra le altre cose mi ha riferito che non era la prima volta che quel il prete, celebrava il matrimonio dei divorziati. Alla mia domanda se il prete fosse remunerato quando celebrava quei matrimoni, lei rispondeva che quello del sacerdote era un servizio previsto e come tutti i servizi erano sempre pagati.

Ovviamente non ho potuto verificare queste informazioni, ma tutto mi faceva pensare che quella signora non mi avesse raccontata una “balla” e che non ne avesse il motivo.

Nessun commento da parte mia, ma non mi è stato difficile pensare fra me e me che quello del prete fosse un ipotetico caso di simonia che non poteva passare inosservato, fatta salva ovviamente la possibile buona fede o l’estraneità degli sposi.

Da evidenziare che conosco perfettamente, come i lettori sanno, l’ambiente dei preti e so che quello o altri casi simili, sono per fortuna rari ma possibili.

Da qui il motivo e la causa di quel mio articolo da considerare all’interno del contesto di altri molti articoli pubblicati sempre su IMGPRESS sui comportamenti “fuori le righe” dei preti e sulla corruzione di alcuni di loro. Il farli conoscere l’ho sempre ritenuto un dovere quasi professionale, seguendo la linea di condotta introdotta da Papa Francesco.

Probabilmente, da quel che mi è stato segnalato (la segnalazione è di qualche giorno fa), l’articolo ha dato fastidio o ha irritato, ma non ne comprendo i motivi, la coppia in questione o i loro genitori, che sicuramente, hanno preso una cantonata interpretativa nel leggere l’articolo e forse nel commentarlo, essendo probabilmente ignari del Codice di diritto canonico che regola il matrimonio religioso.

Essi, oltretutto,  non hanno tenuto conto che in quell’articolo e durante la cerimonia: – Non ho espresso alcuna mia disapprovazione nei confronti degli sposi partecipanti a quel rito –  Ho rispettato, nell’articolo, la loro privacy  –  Non ho partecipato, allora, per nulla ai mormorii a dir poco meravigliati di più di uno degli invitati o parenti, che, chiedevano, ma non hanno avuto risposta se non un “ non lo so”, se la Chiesa avesse cambiato le sue leggi concernenti il matrimonio – Non ho partecipato agli  altri  il mio dissenso a quel prete – Ho riconosciuto con il mio silenzio il pieno diritto degli sposi a godere di un “beneficio” apparente, che gli altri preti avrebbero  loro negato – Ho festeggiato, infine,  con loro l’affermazione del loro amore, che vale più di ogni altra cosa, ricordando quel che scrive Georg Sand: “ C’è solo una felicità nella vita: amare ed essere amati”.

Ho condannato allora, come sempre ho fatto attraverso articoli e pagine dei miei libri, la corruzione e gli scandali di quei preti, vescovi e cardinali che per denaro tradiscono la loro missione e credo che tutti, inclusi i due sposi e i loro genitori, condividano questa mia condanna. Ciò in piena consonanza con Papa Francesco, che ha esclamato: “Ci vergogniamo dei tanti scandali della Chiesa che io non voglio menzionare singolarmente, ma tutti ne sappiamo. Sappiamo dove sono! Scandali, alcuni che hanno fatto pagare tanti soldi: sta bene! La vergogna della Chiesa! Ma ci siamo vergognati di quegli scandali, di quelle sconfitte di preti, di vescovi, di laici?”.

Data la non presunta ignoranza di molti cattolici delle norme che regolano l’amministrazione del sacramento del matrimonio nella Chiesa Cattolica, da cui nasce probabilmente l’incomprensione del significato di quel mio articolo, colgo l’occasione per fare, in molta sintesi, alcune annotazioni, partendo magari da tempi molto lontani per giungere, però, ad alcune considerazioni riguardanti il presente.

Solo nel 1184, con il Concilio di Verona si trova il matrimonio elencato tra i sacramenti della Chiesa, la cui amministrazione era regolamentata dalle leggi ecclesiastiche: come già nel diritto romano, esso era piuttosto un patto privato, un contratto stipulato tra gli interessati e le rispettive famiglie, che poi in un secondo momento poteva essere benedetto da un sacerdote, tanto che si hanno prove documentate fino al IX secolo che il matrimonio era ancora molto simile a quello contratto nell’antica Roma.

Nel 1215, nel corso del Concilio Lateranense IV,  la Chiesa cattolica regolamentò la liturgia per il matrimonio e gli aspetti giuridici relativi a esso.

Questi aspetti, dei quali sarebbe lungo parlare, rimangono ancora e rendono per la Chiesa valida un’unione matrimoniale, in cui gli sposi si assumono l’impegno davanti a Dio e all’intera comunità della fedeltà per tutta la vita.

Ma lo sappiamo: oggi la reciproca fedeltà “finché morte non ci separi” non esercita più il fascino d’un tempo, per cui anche i cattolici optano per prolungate coabitazioni, o, celebrato il matrimonio ricorrono alla separazione, al divorzio e, quindi poi al matrimonio civile ma non possono, secondo la legge cattolica, purtroppo, celebrare altri matrimoni religiosi.

Questa situazione obbliga ad un impegno pastorale per i divorziati risposati che vivono stabilmente questa situazione in modo uxorio o si sono uniti in matrimonio civile e si sentono e sono, a tutti gli effetti figli della Chiesa che hanno bisogno di quell’attenzione nella verità e nella carità che non illuda e non deluda.

A questa operazione si è molto dedicato e continua a dedicarsi Papa Francesco, che cosi dice rivolgendosi ai preti: “i presbiteri hanno il compito di accompagnare le persone interessate sulla via del discernimento secondo l’insegnamento della Chiesa e gli orientamenti del Vescovo”.