Il Vangelo secondo Andrea Filloramo: chi mette in pratica la verità viene alla luce

di ANDREA FILLORAMO

 

“Si moltiplicano i casi denunciati dalla stampa, dalle televisioni e dalla Rete, di abusi sessuali sui minori di preti e vescovi, sui quali nel passato la Chiesa Cattolica ha opposto un silenzio omertoso”.

Lo sappiamo: l’omertà è tra gli atteggiamenti umani il più odioso. Fare finta di non vedere, non sentire, infatti, significa tradire se stessi prima che i nostri simili. Chi tace, chi fa finta di non vedere e sentire, rinnega la propria coscienza e la coscienza collettiva. Turarsi il naso dinnanzi al puzzolente letame che aggredisce un’intera categoria di preti, obbliga la maggioranza che è quella fatta di persone che si tengono ben lontane da questo antico e odioso crimine, ad alzare alta la voce, anche davanti al loro vescovo se invita all’omertà. Da affermare con forza che il male può essere combattuto anzitutto portandolo alla luce, riconoscerlo, senza mai occultarlo.

Non si deve aspettare che siano le circostanze esterne a spingere in questa direzione: è lo spirito del Vangelo che lo insegna: “Non c’è nulla di nascosto che non debba essere manifestato, nulla di segreto che non debba essere messo in luce” (Mc 4,22); “Perché chiunque fa cose malvagie odia la luce e non viene alla luce, affinché le sue opere non siano scoperte; ma chi mette in pratica la verità viene alla luce” (Gv 3,20-21).

A tal proposito la Chiesa francese e quella svizzera hanno indetto delle confessioni pubbliche per chiedere perdono per il male commesso nei confronti dei piccoli da parte dei suoi membri.

Occorre che in ogni diocesi si raccolgano e si facilitino le denunce. In questa stessa direzione potrebbe essere un segno utile l’istituzione di uno “sportello”, in ogni Chiesa locale, che accolga le denunce, faccia un primo discernimento e permetta di prendere in esame le situazioni sospette. Il messaggio che ne verrebbe è che non si vuole tenere nascosto nulla, ma favorire un discernimento. Con una precisazione: è questo un compito che spetta alla Chiesa nel suo interno, ma anche un necessario riferimento alle istituzioni preposte a fare i necessari accertamenti, nonché un diritto dei preti “onesti” a non essere “infangati” da una parte di loro che dovrebbero essere allontanati dal ministero presbiterale.

Altre possono essere le procedure per affrontare i casi di scandali di natura sessuale e i casi di pedofilia in particolare. È un segno di responsabilità non da poco. Forse potrebbe essere utile renderle accessibili a tutti, perché questo sarebbe sia un segno di trasparenza, sia uno stimolo che permette di perfezionare una prassi che non è mai perfetta e chiede continue precisazioni.

È assurdo che ci siano mamme, nonne e sorelle che vietano ai loro bimbi la frequenza del catechismo perché temono che il prete della parrocchia, anche per la “tempesta” mediatica, sia un pedofilo.

Ciò in conseguenza dell’ “ipergeneralizzazione”, che è un fenomeno psicologico, che induce una persona a considerare un solo evento (o un comportamento o un’esperienza) negativo e ne ricava una regola generale senza verificarne la validità.