
“Potevo finire da un’altra parte. Invece sono qui, studio, ho un lavoro. A sedici anni sogno un futuro diverso da quello della strada”. Il racconto di Michele, come quello dell’amico Salvatore, giunti con don Pasquale Incoronato da Ercolano (Napoli), ha scosso gli animi di quanti hanno partecipato al convegno “Legalità: itinerari educativi e partecipazione” organizzato dal Comune di Rho insieme con le Parrocchie della città nella settimana in cui ricorre, il 23 maggio, la Giornata nazionale della legalità. Alla serata moderata dalla giornalista Angela Grassi e diffusa in diretta su Radio Missione erano presenti il Sindaco Andrea Orlandi, il vicesindaco Maria Rita Vergani, l’assessore alla Legalità Nicola Violante, la presidente della Commissione legalità e antimafia Clelia La Palomenta, il prevosto don Gianluigi Frova, il consigliere regionale Carlo Borghetti.
Nell’intento di creare cultura e informazione per contrastare le logiche della criminalità organizzata, si è sottolineato che nella formazione civile hanno uno ruolo le Amministrazioni comunali, e il Comune di Rho fa la sua parte, e ha un ruolo anche la Chiesa, che mette in campo l’esperienza di tanti sacerdoti e religiose impegnati contro le mafie.
“La Locanda di Emmaus è nata negli anni Novanta – ha raccontato don Pasquale Incoronato, il suo fondatore – In quello che era un bar della camorra, abbiamo iniziato mettendo alla stessa tavola 70/80 ragazzi, con mia madre che cucinava per tutti: il Vangelo dice che a Emmaus Gesù venne riconosciuto mentre spezzava il pane. A poco a poco i ragazzi si sono avvicinati, vedendo adulti che donavano il loro tempo gratuitamente. Abbiamo avuto il sostegno di Giancarlo Caselli, Rita Borsellino, don Luigi Ciotti. Siamo diventati onlus nel 1999 cercando di togliere le persone dalla strada. Con il Pcto (Percorsi per le Competenze Trasversali e l’Orientamento) accogliamo 300 giovani all’anno e la Provvidenza ci aiuta, oltre al 5 per mille (per chi volesse dare una mano il codice è 94187360634). Abbiamo attivato le Adozioni a vicinanza, chiedendo alla gente di Ercolano e della zona di supportarci. La strada è una maestra cattiva, avere una casa come punto di riferimento è diverso. Cerchiamo di applicare il volersi bene gli uni gli altri, mettendo insieme i figli dell’agio e quelli del disagio. E questo ha fatto risorgere vite spezzate. Non sono mancati quelli che se ne sono andati, ma questo è normale, è una Locanda, un luogo di passaggio. Accogliamo 48 ragazzini tutto l’anno per mangiare insieme, per garantire cure mediche, per portarli tutti in vacanza”.
Don Incoronato ha citato Miriam Zirpoli e il suo libro sul disagio giovanile “Pittori di noi stessi”: “E’ la figlia di un latitante finito al 41bis, oggi studia psicologia. Il riscatto è possibile. Cerchiamo di dare nuovi modelli, rispetto agli adulti disfunzionali con cui i ragazzi si trovano alle prese. La camorra ci conosce, ha provato a ostacolarci, ma il 14 settembre 2003 tutti i parroci hanno chiamato a raccolta diecimila persone e alla fine sono i boss stessi che ci affidano i loro figli perché non crescano come loro”.
Questa la testimonianza di Michele, 16 anni: “Ragazzi della mia età o sono in carcere o sono morti, per scelte sbagliate. Io grazie a padre Pasquale, che è davvero un padre per me, adesso sono qui. Sono complicato, ho tante difficoltà, sono impulsivo, ma crescendo nella Locanda con altri come me e con lui ho capito che non sei tu a essere sbagliato. Più cresci più le cose si fanno difficili, ma con un aiuto è diverso. Per strada la vita ti mette davanti tante cose brutte. I dolori te lo porti appresso e hai sempre bisogno di aiuto. Mia mamma ha cresciuto da sola me e mio fratello, anche lui ha visto cose molto brutte per avere solo 5 anni. Alla Locanda abbiamo trovato prospettive sane e spensieratezza. L’atmosfera è di confronto, di serenità. Noi ci andavamo tutti i pomeriggi dalle 15 alle 18, facevamo arte e musica oltre a giocare a pallone. Pensavo di starci fino alla terza media, ora sono in terza superiore”.
Salvatore frequenta la Locanda dal 2022 , ci è arrivato grazie ai percorsi del Pcto: “Anche io sono di Ercolano. Allora avevo 17 anni e non conoscevo né oratorio né Padre Pasquale. Lui venne in classe a parlarcene e me ne sono innamorato. Lì tutti hanno una cosa in comune: vogliono imparare cosa sia l’amore. Non c’è posto migliore per impararlo. Io ho iniziato a fare volontariato, lavoro perché mio padre è mancato durante il Covid, studio all’Università. Padre Pasquale è padre non perché prete ma perché è la figura maschile che tanti non abbiamo e che ci infonde speranza, per avere una prospettiva futura che sia diversa dal lavorare per strada. Se, per esempio, scopri di essere bravo a disegnare perché un esperto ti ha insegnato, beh ti si possono aprire tante opportunità”.
Elena Comignani, ausiliaria diocesana lombarda, da tre anni attiva nella zona di Scampia, ha raccontato la vita nel quartiere dormitorio di Napoli Nord dove la camorra interferisce sulla ricerca di casa e lavoro: “Intimidisce, crea problemi, genera depressione in adulti e giovani. Ti mette in difficoltà se non mantieni le promesse. La gente torna da scuola e dal lavoro e si chiude in casa, per non incontrare nessuno che la minacci. E’ difficile creare aggregazione. Quella poi è la più grande piazza di spaccio in Europa. La Parrocchia del Buon Rimedio è nata tra mille difficoltà: nel 2009 è stata posta la prima pietra e nel 2010 c’è stato un attentato al cantiere, hanno fatto saltare le impalcature, ma don Alessandro, il parroco, ha detto “io non mi arrendo al male”. La chiesa è stata inaugurata solo il 10 aprile di quest’anno, con grande dispendio di soldi e di fiducia della gente. Ma l’oratorio lavora sui talenti di ciascuno: banda, musica, radio, etc. Crea vicinanza e relazioni umane. Si preparano i bambini alla prima Comunione, poi la Cresima non si fa in una età precisa. Fuori le tensioni sono troppo forti, l’Oratorio rafforza i legami e offre la possibilità di scegliere. Non si guarda alla massa ma al singolo, con cura e attenzione”.
Il Sindaco Andrea Orlandi ha evidenziato al termine la necessità di supportare quanti devono decidere della propria vita in contesti carichi di condizionamenti ed espresso la fatica delle istituzioni nell’intervenire su questi fronti, valorizzando la presenza dei “corpi intermedi” della società civile e della Chiesa, che garantiscono aiuti concreti.
Nella foto Salvatore, don Pasquale, Michele ed Elena Comignani a Villa Burba